Elezioni primarie: dalle origini statunitensi alle modalità italiane

Amedeo Tesauro

In principio fu il desiderio di allargare la partecipazione del popolo all’attività di gestione pubblica, oggi meno idealmente le associamo alla serrata lotta mediatica che scatenano. Elezioni primarie dunque, una novità nel nostro paese che segna finalmente un passo avanti nella direzione di una democrazia maggiormente efficace e partecipativa, sebbene a forzare il processo sia l’attuale situazione politica contraddistinta dalla sfiducia nei governanti e l’avanzare dell’anti-politica. Ciò che da noi è innovazione si configura come meccanismo consolidato negli Stati Uniti dove le origini risalgono al finire dell’XIX, quando dopo la Guerra Civile negli stati un tempo appartenenti alla Confederazione il Partito Repubblicano era scomparso dalla scena politica lasciando il comando ai democratici: dovendo rappresentare interessi molteplici, la selezione interna attraverso le primarie sembrò una modalità valida. Agli inizi del 1900 il metodo raccolse consensi, circa una ventina di stati si dotarono delle primarie, ma successivamente vari dietro front abbassarono il numero, cosicché sul finire degli anni sessanta solo un 1/3 del totale degli stati le condivideva. In assenza di votazioni dirette le cariche venivano scelte attraverso complesse mediazioni interne nei caucus (dal termine indiano che indica le riunioni intorno al fuoco), lasciando potere ai partiti. Fu solo nel 1972, sull’onda delle rivolte sociali e le richieste di democrazia e libertà, e memori di quanto accaduto alla convention democratica del 1968 dove contro la volontà popolare era stato nominato un sostenitore della guerra nel Vietnam, quando per legge la maggioranza degli stati riconobbe le primarie come metodo di scelta dei candidati alle cariche istituzionali. Da allora la corsa al seggio pone al centro il candidato, chiamato a uno sforzo comunicativo quasi più impegnativo di quello politico, in una gara dai costi folli ma necessari in una società che massimizza l’esperienza dei mass media. In Europa sono stati per primi i partiti dell’aria di centro-sinistra a accogliere il sistema delle primarie, Italia compresa dove le prime elezioni su scala nazionale sono avvenute all’interno del Partito Democratico nel 2005 con nomina di Romano Prodi. Ciò che differisce è la natura giuridica di tali elezioni: negli U.S.A. sono sancite dalla legge, in Italia sono scelta del partito. Il PD ha operato in anticipo su tutti con l’intento di qualificarsi come coalizione moderna pronta a dare ascolto maggiore al proprio elettorato, un tentativo lodevole che è oggi motivo di discussione per gli altri partiti. Proprio in queste ore si rincorrono le voci sulle primarie del PDL, oltre una decina di candidati con in testa Angelino Alfano e Giorgia Meloni, mentre invece proseguono le polemiche sulla democrazia interna dell’IDV e del Movimento 5 Stelle (che pur ha previsto primarie, rigorosamente online). In materia di comunicazione, però, i pionieri del PD hanno catalizzato l’attenzione sia perché dall’esisto di tale votazione potrebbe con buonissime possibilità, stando ai sondaggi, uscire il prossimo Presidente del Consiglio, sia perché la lotta interna ha mosso un altro passo verso un modello americano caratterizzato dalla messinscena spettacolare. Naturalmente il riferimento è al confronto ospitato da SKY, meno formale dei precedenti visti in RAI in tempi passati, meno incisivo però nei contenuti e più orientato a cogliere l’aspetto telegenico dei cinque protagonisti (sotto tale profilo la vittoria va a Renzi, Bersani è stato accolto però come maggiormente solido nel suo argomentare). Rispetto agli Stati Uniti, però, le primarie italiane su scala nazionale fino a ora sono stare una conferma per il candidato già selezionato precedentemente piuttosto che una vera ricerca del leader, in tal senso le imminenti elezioni del PD non dovrebbero far segnare progressi, sebbene l’intensificarsi della competizione fa presagire un prossimo futuro in cui a ottenere la nomina non sia più un capo già designato; accadde, ironia della sorte, in Puglia nel 2005 con la vittoria di Vendola nelle primissime primarie tenute a livello regionale. In definitiva il meccanismo delle primarie lascia il palcoscenico a un candidato su cui l’attenzione viene posta ben prima della competizione elettorale per cui concorre, tale che negli States l’ultimo anno del quadriennio presidenziale è quasi oscurato dalla competizione per le primarie, generando un entusiasmo politico spontaneo che sa di ossigeno pregiato per i partiti italiani incapaci di rapportarsi agli elettori e intenti a scrollarsi di dosso l’immagine di casta privilegiata residente nei palazzi dorati delle istituzioni.