Seminare per raccogliere

Giuseppe Lembo

Non basta seminare per raccogliere; occorre, prima di tutto, conoscere sementi e terreni. Tanto, ce lo ha insegnato la saggezza del mondo contadino attenta a selezionare le sementi da seminare ed a ben considerare la vocazione naturale dei terreni a cui affidare i semi che avevano la capacità di germogliare a nuova vita e dare buoni frutti, solo se possedevano in sé ottime caratteristiche genetiche e se i terreni erano naturalmente vocati a quel tipo di coltura. Per il saggio mondo contadino seminare per raccogliere significava tutto questo, ossia l’insieme di buoni semi ed un altrettanto buon terreno da seminare. Oggi che il mondo contadino non c’è più, almeno nel nostro Paese, si è messa da parte anche la saggezza del buon coltivare finalizzato al buon raccolto. Si semina con poca attenzione all’obiettivo finale che è quello del “raccogliere”; venendo meno questo obiettivo, si è del tutto indifferenti al tipo di sementi ed alle caratteristiche del terreno da seminare. Tra l’altro è venuta anche meno quella simbiosi antica che legava l’uomo dei campi alla Terra; contribuiva positivamente e non poco, a raccogliere buoni frutti. Oggi l’uomo che coltiva la Terra, non ha assolutamente i requisiti del contadino di una volta. È un uomo stressato; preso da mille preoccupazioni e problemi, è distratto nel ruolo che lo lega alla vita dei campi, dove va con un fare indifferente e frettoloso, pensando al solo fine del guadagno possibile; tra l’altro, facile ed immediato. La Terra che vuole essere amata e corteggiata, non ricevendo l’attenzione che merita, non essendoci quella simbiosi uomo-natura, cresce nella sua disaffezione verso chi la coltiva, per cui è sempre più avara nel dare raccolto e soprattutto, nel dare raccolto di qualità, una prerogativa che non è assolutamente possibile, se mancano i presupposti del rapporto simbiotico uomo-natura. Ma il discorso in se é già grave per la vita dell’uomo nel suo rapporto con la madre Terra, essendosi ormai esauriti i legami di un tempo che non è più.  L’uomo, con grave danno prima di tutto per sé, si è spogliato del mondo antico che girava intorno all’essere ed ai valori dell’essere; ha sviluppato in alternativa, l’obiettivo del solo apparire, un obiettivo mordi e fuggi, che produce effetti effimeri ed assolutamente privi dei valori che servono all’uomo per vivere bene non solo con se stesso, ma anche con gli altri, al fine di poter raggiungere insieme quell’umanità solidale che serve a sconfiggere gli egoismi del nostro tempo ed a costruire il futuro dell’uomo del mondo universalmente inteso, protagonista attivo di un insieme umano finalizzato ad una società-mondo in una Terra-Stato. Come è scomparsa la figura del contadino che sapeva amare di un grande amore la madre Terra, così anche i cambiamenti antropici hanno reso fragile il sistema umano che non sa amare più l’altro, solidarizzare con l’altro e cercare quella vicinanza universale in cui le “diversità” sono una grande ricchezza per tutti. Mentre questi sono gli obiettivi base necessari a salvare l’umanità e quindi la Terra, una non piccola parte dell’umanità ormai impazzita agisce per tutt’altri fini e ricerca non la pace, non la nonviolenza e/o l’insieme solidale, ma atti per azioni contro, con odio crescente dell’uno contro l’altro, con un senso di rivendicazione e di vendetta finalizzato a prevalere sull’altro ed a raggiungere l’obiettivo finale della distruzione dell’altro. Purtroppo l’umanità che, comunque è in cammino, avendo perso lo zoccolo duro che è la saggezza dei tanti, non ha proprio dove andare; non sa pensare ad un  futuro possibile con al centro l’uomo, l’uomo saggio, in tutto simile a quel seme che un tempo produceva buoni frutti, essendo ottime le sue caratteristiche genetiche, essendo altrettanto buono il terreno pronto a riceverlo per farlo germogliare di ricche messi utili a sfamare gli uomini della Terra.