Fenomenologia di un moralizzatore

Angelo Cennamo  

Quando pm Antonio Di Pietro duellava con l’imputato Bettino Craxi nelle aule del Tribunale di Milano, era il 1992. Uno sconosciuto ( fino ad allora) Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio, aveva da poco denunciato il malaffare del finanziamento illecito ai partiti e dato inizio con il suo arresto all’inchiesta giudiziaria più travolgente della politica. In quegli anni, chi come il sottoscritto stava completando gli studi di giurisprudenza, provava per Di Pietro un’ammirazione sincera, qualcun altro una vera e propria venerazione. Il bel Tonino che arringava i mariuoli di tangentopoli era la perfetta incarnazione della dea giustizia, un vero modello per aspiranti magistrati ed avvocati, che sognavano di indossare la toga alla sua maniera, con lo stesso piglio, magari con un diverso eloquio. La fama di Di Pietro cresceva vertiginosamente tg dopo tg. Radio e televisioni se lo contendevano come una star hollywoodiana facendo a gara nell’inquadrarlo mentre lui, fiero ed irriverente, interrogava il ghota della prima Repubblica piegatosi all’umiliazione del processo. Fu allora che Tonino ebbe l’intuizione più geniale : prendere il posto delle sue vittime e scalare i vertici di quella politica che lui stesso aveva contribuito a ripulire. E così, dopo una fugace apparizione nei Ds, l’ex pm fondò un partito tutto suo chiamandolo come una dispensa del catechismo : “Italia dei valori”. Siamo in piena berluscopoli e Tonino, in una scombiccherata quanto perversa riedizione politica di mani pulite, si trasforma nel rivale numero uno del Cavaliere, già sodale di quel Craxi che l’ex togato aveva colpito ed affondato pochi anni prima. La scalata di Di Pietro continua e il personaggio si arricchisce di nuovi stili. La rabbia istintiva, il lessico casereccio ne fanno l’archetipo del moralista ruspante, del proletario autodidatta che con la sola forza della volontà riesce a guadagnarsi la ribalta più prestigiosa della vita pubblica. La parabola di Di Pietro porta con sè qualcosa di cinematografico, il sapore di una rivalsa nella quale tanti meridionali, soprattutto, anelano a riconoscersi.Oggi quell’immagine di ruvido fustigatore della corruzione e di tenace moralizzatore  della politica si è appannata per colpa di uno scoop televisivo, crudele e impietoso come le sue vecchie requisitorie. Con i valori immobiliari dell’Idv la magistratura ha già fatto i suoi conti, perdendoli ( dirà Tonino). Ma poco importa : Report, il programma di  Milena Gabanelli, ha insinuato il dubbio, ammiccato, lasciato intendere che pure lui, Di Pietro, il virtuoso rieducatore della casta, forse non è immune dal peccato e dal vizio consolidato di tanti suoi colleghi dell’emiciclo. I media possono condannare più dei Tribunali, lo sa bene Tonino, che l’indomani non demorde, ma accusa il colpo e paventa la fine. Avanti il prossimo.     

4 pensieri su “Fenomenologia di un moralizzatore

  1. nel tuo, tutto sommato, onesto epitaffio hai dimenticato il gran rifiuto del tonino nazionale, quando cossiga lo tirava per la giacchetta, a diventare ministro. rifiuto che reiterò al piccolo vecchio ceronato arcoreccioe a fini etc.. etc..
    mai personaggio è stato così amato e rinnegato.
    sicuramente personaggio popolare che ha scatenato tanto odio proprio perchè, anteponendo rigidi principi morali, non si è schierato con nessuno e rimanendo se stesso ha tradito tutti.
    ora però non ti pare presto per suonargli le campane a morto!

  2. Non si e’ schierato con nessuno? Ma se Veltroni dovette rivedere i suoi piani per collegarlo alla lista del Pd? E poi di alleati, Tonino, ne ha avuti tanti. SB, e’ vero, avrebbe voluto nel suo primo governo, ma allora le sue mire politiche sembravano ben altre. Qualcuno ha scritto che declino’ quell’invito perche’ convinto di essere chiamato a guidare il successivo governo.

  3. io mi riferivo proprio al suo essere rustico e fuori dagli schemi. tonino è un grillo ante-litteram. i “politici” quando lo vedono storgono sempre il naso perchè non ha bon-ton. insomma è grezzo e rude e ispido come la sua barba che appena rasata sembra già lunga.
    volevo dire che è proprio il tuo ragionamento a confermare il mio pensiero.
    insomma, caro angelo come mai fai lo schizzinoso solo con tonino, mentre ingoi, e hai igoiato, rospi enormi con altri personaggi a te più convenienti ma veramente meno presentabili?
    pare che a te dia più fastidio uno che fa i rutti e si asciughi il labbro, sporco della passata di pomodoro, con la manica della comicia di uno che va a letto con le minorenni, corrompe i giudici, si fà gli affari suoi e tutte le altre cose che è inutile ripetere.
    per me il tonino è stato deludente nell’applicazione, nella gestione della cosa pubblica, quando ha avuto responsabilità. e questo è grave perchè alla fine uno pensa che non ci sia salvezza e possibilità di fare le cose a modo e si finisce nel populismo distruttivo e anticipatore di soluzioni di imperio e fosche.

  4. A mandare a casa la prima Repubblica non è stata una nuova generazione di politici, ma un gruppo di pm ( con metodi discutibili). Uno di questi pm ha poi fondato un partito tutto suo(gestito secondo Report ed alcuni giornali in modo poco trasparente) prendendo il posto dei politici che ha processato ( Sgarbi coniò per questa procedura l’espressione : “corruzione di immagine”). Per me, è semplicemente una storia assurda. Ma in Italia, di storie assurde come questa, ne bbiamo sentite parecchie.

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