La dimensione iconografica di Michele Arcangelo

 don Marcello Stanzione

 Le più antiche immagini dell’arcangelo Michele riflettono sostanzialmente i caratteri che gli vengono attribuiti dalla Bibbia. Nel mosaico presbiterale di Sant’Apollinare Nuovo a Ravenna (VI secolo), unitamente a Gabriele, è rappresentato come guardiano della Chiesa: di aspetto giovanile e alato, indossa l’abito militare per eccellenza, la clamide, e con la destra sostiene il labaro con la triplice scritta HAGHIOS. Coevo al mosaico di Ravenna è un dittico che attualmente si trova al British Museum dove l’arcangelo è raffigurato con un globo crucigero e un lungo baculus, attributi che lo qualificano come messaggero divino e guida delle anime dei defunti. Normalmente i Bizantini erano soliti rappresentare Michele abbigliato con la veste imperiale, un mantello corto, di porpora, su di una tunica preziosamente lavorata, fermata con una fibbia sulla spalla o sul petto, oppure con una tunica bianca con i clavi dorati e, al di sopra, un pallio di broccato dorato, lavorato preziosamente, e, ai piedi, sandali da cerimonia. L’Arcangelo si presenta con un’espressione solenne, imberbe, quasi sempre ad ali aperte, tenendo in mano una verga o un labaro, lo stendardo militare romano, con l’iscrizione Haghios, santo, ripetuta tre volte, o un globo sormontato dalla croce. La veste bianca dell’Arcangelo deriva dall’usanza orientale di raffigurare gli angeli ordinariamente vestiti di bianco, più raramente di rosso, che era il colore della clamide purpurea o del loros della corte imperiale bizantina. In Occidente, diversamente dall’oriente, in epoca carolingia San Michele comincia ad essere vestito di una tunica bianca e ad essere affiancato da un drago. Dal XII secolo si diffonde la tendenza a raffigurarlo come combattente e viene dotato di uno scudo. Frutto della creatività dell’arte francese del XIII secolo è l’aggiunta della corazza e dell’elmo, come un cavaliere in partenza per le crociate: in particolare la piastra della corazza viene raffigurata a forma di conchiglia, che è il simbolo del pellegrinaggio. Talvolta l’Arcangelo viene rappresentato con una lancia o con una spada fiammeggiante. Talvolta porta in mano una bilancia nel ruolo di “pesatore delle anime”. L’arcangelo Michele assume, nel corso del tempo, valenze molteplici, con soluzioni iconografiche disparate in cui giocano ruoli complessi sia le fonti scritturali, sia le interpretazioni teologiche, sia le leggende e i resoconti delle apparizioni come taluni culti particolari o locali. L’Arcangelo, inoltre, è il protettore dei luoghi “aerei”, riveste una parte non secondaria nell’iconografia delle crociate e diventa, in qualche modo, il simbolo prediletto di una certa aristocrazia dominante. La spada e la bilancia nella mani dell’Arcangelo rimandano all’iconografia della giustizia, alla quale il nostro Michele è imparentato. L’immagine prevalente dell’Angelo guerriero è però quella che lo coglie in combattimento escatologico contro il principe delle tenebre, ed è questa iconografia che diverrà, negli ultimi secoli, quella dominante dell’Arcangelo ed infatti, su questa linea, si muoveranno il Cavalier d’Arpino, Guido Reni e, ancor prima, Raffaello Sanzio. Come è noto, Michelangelo non affrescò più, come era stato invece previsto in un primo tempo, la cacciata degli angeli ribelli, sulla parete interna della Cappella Sistina; la parete in questione sembra comunque legata al tema dell’Arcangelo, dato che tra gli altri lavori oggi vi compare la lotta di Michele e Lucifero per il corpo di Mosé, eseguita da Matteo da Lecce. Nel tema del Giudizio Universale il ruolo di Michele è difforme; Michelangelo lo inserisce nel gruppo degli angeli che annunciano la fine dei tempi, privo di attributi particolari e con in mano il Libro con il nome degli eletti – e pertanto più in funzione di psicagogo che di angelo apocalittico – mentre Tintoretto, nel grande Giudizio dipinto per il Coro della Chiesa veneziana della Madonna dell’Orto nel 1562-1563, non accetta l’iconografia raffaellesca e propone il modello di Michele come giustizia divina, con in mano la spada e la bilancia. L’Arcangelo a volte è raffigurato nell’atto di uccidere il drago e di mostrane la testa mozzata, oppure mentre lo calpesta dopo averlo trafitto. Ricorre spesso, specialmente nell’iconografia spagnola, la rappresentazione di Michele con il toro inginocchiato ai piedi. Con tale raffigurazione si vuole rappresentare normalmente la sottomissione della religione pagana al Cristianesimo che si andava sviluppando ed affermando in Occidente. Inoltre l’arcangelo è raffigurato più spesso a piedi, sulla terra o fra le nuvole, raramente a cavallo, come invece accade nell’iconografia di San Giorgio. Durante la Contro-Riforma cattolica, l’immagine di Michele è spesso associata alla Chiesa nella lotta contro l’eresia e lo scisma protestante. A questo riguardo è molto interessante un’incisione del 1584, che è conservata nella Biblioteca Alessandrina di Roma, ed è detta Area Ecclesia Catholicae, dove viene proposta dall’anonimo autore una totale simbiosi tra la Chiesa e San Michele: sotto la Santissima Trinità compare, su un piedistallo allegorico, una figura alata dal viso raggiante, nella mano destra regge il calice sormontato dall’ostia, mentre dallo stesso braccio pende il turibolo, e nella mano sinistra reca la spada, lo scettro del comando e le chiavi del Paradiso.