I meteci del terzo millennio ci appartengono e sono parte di noi

Giuseppe Lembo
La storia, come ci ha insegnato Gianbattista Vico, è fatta di corsi e ricorsi.
La ciclicità della storia vale sempre ed ovunque; vale soprattutto nelle disuguaglianze che si presentano con le caratteristiche di sempre.
Da una parte il mondo dei privilegi e dei privilegiati e dall’altra, il mondo della povertà sempre uguale a se stessa. Il legame di una continuità senza interruzione alcuna è data proprio e soprattutto dall’immigrazione, con un popolo degli ultimi della Terra sempre identico a se stesso e sempre più vittima di un mondo che non lo vuole, perché non vuole essere disturbato nella normalità della propria vita. Da qui il rifiuto, l’impegno a respingere chi, per necessità, abbandona tutto del suo mondo intimo -familiare e si mette in cammino nella miracolosa, ma sempre più vana ricerca di un mondo nuovo e di quella solidarietà che gli può finalmente consentire di recuperare per sé un diritto che non si può rifiutare a nessuno, che è, prima di tutto, il diritto alla vita e con il diritto alla vita, il diritto alla libertà.Purtroppo la storia si ripete monotonamente e sempre più come espressione e forza di diritti negati. Le caratteristiche di sempre sono attuali anche oggi. Da una parte c’è il mondo dorato dei privilegi intoccabili che, tra l’altro, si trasmettono da una generazione all’altra; dall’altra c’è il mondo degli ultimi, a cui viene negato tutto, facendo pesare, fino all’estremo, la loro inopportuna e fastidiosa presenza sulla Terra.

Sono questi i meticci di sempre.
Ad Atene, nel V secolo a.C., in 15.000 a cui non veniva riconosciuta né la cittadinanza, né i diritti essenziali propri dell’uomo, erano costretti a lavorare da schiavi, in silenzio ed in assoluta sudditanza, per garantire la vita ed i privilegi di quei 40.000 cittadini che in modo assolutamente parassitario si dedicavano al governo della polis, senza essere neppure sfiorati dal dubbio che dovevano essere almeno un po’ più umani con quanti li garantivano nei privilegi del proprio vivere, lavorando da schiavi per cittadini senza nome e senza volto e soprattutto senza scrupoli che, pretendevano di vivere solo attraverso lo sfruttamento del lavoro servile degli altri.

Il nostro Paese che ha conosciuto da lungo tempo il disumano fenomeno dell’emigrazione, oggi, è diventato, tra l’altro, anche Terra di immigrazione, clandestina e non.

Ma la storia umana delle tante lacrime e sangue versati dalla nostra gente in cammino per le vie di un mondo, non sempre amico e solidale, è una storia umana che non ha insegnato niente al nostro Paese ed alla sua gente sempre più indifferente alle tragedie umane degli altri.

L’Italia oltre a subire lo stillicidio di un’espulsione senza fine per tanti suoi figli, è diventata meta di movimenti migratori da parte di un vero e proprio esercito di diseredati della Terra costretti per necessità di sopravvivenza, a sradicarsi dai propri luoghi di provenienza ormai inospitali ed assolutamente incapaci di garantire a tutti il pane della vita.

In modo del tutto identico ai nostri migranti, venendo da NOI, non hanno trovato quella solidarietà umana della giusta accoglienza, ma solo paure e chiusura per persone viste unicamente come braccia da sfruttare e non da amare, da aiutare nelle difficoltà quotidiane di una sopravvivenza egoisticamente negata da altri uomini, tutti attenti alla sola materialità dei beni ed al proprio successo, come unico ed utile percorso del proprio vivere umano sulla Terra.

In questo clima di crescente indifferenza umana, con forme nuove ed assolutamente rinnovate di schiavismo, cresce l’esercito dei senzadiritti; cresce il popolo degli ultimi e di quei meteci che, come ad Atene nel V secolo a.C., devono lavorare per gli altri e con la schiena piegata in silenziosa sudditanza, garantire con lo sfruttamento di sempre, i privilegi di un disumano parassitismo che, fino a quando ci sarà l’uomo ad abitare la Terra, purtroppo, non tramonterà mai.

Con un fare cinico e strumentale, il nostro Paese in piena globalizzazione, si comporta in modo disumano e spesso, anche violento nei confronti degli immigrati che di positivo, conoscono la sola ritualità della parola, mentre nei fatti sono considerati solo come inopportuni invasori e/o peggio ancora, come dei potenziali criminali.

E così l’amaro destino dei poveri del mondo si ripete; ovunque ed anche da noi, una crescente ondata di migranti è in cammino in tutte le possibili direzioni della Terra; tanto con le caratteristiche di sempre che sono quelle dei diritti negati. Un vero e proprio esercito di irregolari ricchi delle sole braccia, con crescenti prospettive di diventare delle persone illegali, si muove per le vie del mondo; sono, tra l’altro, disponibili ad essere assoldati dalla grande ed efficiente fabbrica della criminalità, una fabbrica in crescita sempre più attivamente presente e diffusa in gran parte del nostro Paese; è, questa, l’ultima spiaggia per tanti ultimi immigrati e non solo immigrati, in quotidiana lotta per la propria difficile sopravvivenza una sopravvivenza da lacrime e sangue sempre più negata.

Tutto questo non è del lontano Medioevo; tutto questo accade nel mondo oggi, in piena globalizzazione, con tutte le frontiere ormai abbattute ed una crescente circolazione umana per le anche più lontane vie del mondo.

Tutto questo non è lontano da noi,  ma è ormai parte di noi.

Verso tutto questo disastro umano che gronda lacrime e sangue, non possiamo manifestare la nostra disumana indifferenza; dobbiamo fare la nostra parte di uomini tra gli uomini e tendere la mano a chi in difficoltà bussa alla porta per chiedere aiuto.

Prima di loro, per tante vie del mondo lo hanno fatto i nostri padri emigranti per fame e proprio come loro che oggi chiedono anche a noi, parte della civiltà del benessere, il pane della vita e garanzie umane per quel diritto alla vita che non si può negare a nessuno, ma proprio a nessuno, senza fare più oltre, inopportunamente violenze e di sbattere la porta in faccia ai tanti che vengono da noi spinti dalla fame, spinti dal diritto negato alla propria esistenza nelle terre che li hanno visto nascere.

Gli immigrati, i meticci del Terzo Millennio, sono parte di quel mondo globale a cui appartengono tutti gli uomini della Terra; clandestini e non, non sono invasori e/o potenziali criminali da mandare via e/o da tenere lontani dalla società normale del nostro Paese, sbattendoli, con pretesti di comodo, in galera, per non essere disturbati.

Ma il fenomeno è in crescita; è un fenomeno inarrestabile, il frutto di una comune e nuova consapevolezza del diritto alla vita per tutti; è un diritto che non si può negare a nessuno e comporta, anche di fronte a leggi crudeli, un nuovo senso di umanità tra i popoli della Terra.

Prima di altro, il nuovo corso della storia del mondo deve aprirsi ad un nuovo umanesimo, eliminando lo schiavismo, la sotto – umanità dei meteci di sempre e quell’infame ideologia dell’odio che produce effetti devastanti anche da noi, ormai protagonisti di indifferenza e peggio ancora di odio verso gli altri; tanto per effetto di un’educazione alla disumanità come ci dice don Luigi Ciotti, nel suo libro “La speranza non è in vendita”, un libro da leggere, per cambiare, per evitare di essere sopraffatti, come sta succedendo, da quella dimensione a senso unico di tipo economico che, disumanamente inquina giorno dopo giorno, il modello sociale del nostro Paese e di tutte le società del benessere che, con assoluta indifferenza tolgono all’altro e producono, povertà e diversità umane, come un fatto assolutamente normale.

Io credo che sia anormale e disumano; per questo, con orgoglioso impegno sono al fianco dei tanti che soffrono e che in silenzio e/o ribellandosi,  pensano a combattere la loro battaglia per la libertà e prima di tutto per la libertà dal bisogno, un diritto che da noi, è garantito dalla Costituzione, purtroppo sempre più violata e sempre più messa da parte ad un punto tale da diventare una Costituzione vuota, una sola Costituzione di carta, essendo sempre più priva di quei valori fondanti di umanità che ispirarono i nostri ormai traditi ed abbandonati padri costituenti.