La Sanità dei massimi sistemi

Giuseppe Lembo

La sanità pubblica è gravemente ammalata; quasi agonizzante è al Sud e soprattutto in Campania, con una situazione debitoria da ultima spiaggia. È, purtroppo, una condizione comune sia alla sanità pubblica che privata della nostra regione. Per evitarne il default che cosa si sta facendo? Che cosa si può fare? Prima di tutto, di pensare ad una politica di assoluto rigore con tagli della spesa soprattutto nelle realtà più deboli della Campania, dove i servizi sono sempre meno e dove è sempre più difficile non solo vivere, ma anche semplicemente sopravvivere. E così chi ha sprecato, chi ha inopportunamente lucrato sul sacrosanto diritto alla salute, nell’impunità di sempre, continua a godersela, dimostrandosi indifferente a quel che succede e che, attualmente nell’indifferenza generale, per effetto dell’efficientismo dei massimi sistemi, porta al crescente annullamento della salute come diritto di tutti. Nella sanità campana, sia pubblica che privata, c’è di tutto e di più;quello che manca è la cultura della salute, basata prima ancora che sulla malattia, sulla prevenzione che potrebbe e non poco, garantire gli aspetti salutistici della società campana, evitando l’insorgere di malattie, spesso frutto di comportamenti umanamente scorretti come nel caso del diabete per eccesso di peso dovuto a scorrettezze alimentari, di malattie da contagio per poca igiene, di malattie respiratorie per ambienti poco sani, di invalidità permanenti per il poco comune valore che si dà alla vita e/o per abuso di sostanze tossiche e nocive che producono malattie da tabagismo, da dipendenza di alcool o da droghe assolutamente proibite. Purtroppo questi scenari sono sempre più indifferenti al sistema sanitario italiano; tanto, senza esclusione alcuna per le diverse realtà meridionali e campane in particolare, dove cresce una forte morbilità da disagio umano e sociale e da poco valore, soprattutto da parte del mondo giovanile, alla vita sia individuale che d’insieme. La Campania, tra i suoi tanti mali, primo dei quali il lavoro che non c’è, soffre e non poco anche nel suo sistema sanitario che è chiamato a grandi sacrifici, dovendo risparmiare un miliardo di euro all’anno (speriamo che sia solo un miliardo) per allineare la spesa e ridurre così gli sprechi degli anni passati, fatti da una finanza eccessivamente allegra con un grave ed inevitabile futuro danno per la salute dei cittadini, anche in questo caso, per effetto di un silenzio complice di cui sono stati ottimi protagonisti (si fa per dire protagonisti). Il risparmio italiano, così come programmato da Marco Trabucchi, uno degli autori del Rapporto Sanità 2012 della Fondazione Smith Kline, dovrà essere di nove miliardi di euro; la Campania dovrà risparmiare per un miliardo di euro. Tanto, attraverso tre punti: invito alla popolazione a frugalizzare il rapporto con il sistema sanitario (chi sa se è un atto funzionale, lasciarsi morire, non spendendo niente); organizzazione della sanità in micro comunità con il concorso del volontariato; utilizzazione di ospedali low cost, presi in prestito dal modello terzomondista dell’India (un modello, credo, sempre più vicino, a quello dell’Italia che sarà). Povera salute dei cittadini! Povera Italia nostra, in che mani inaffidabili è capitata! Di questo passo dove si andrà a finire? Dietro l’angolo, a questo punto, per risparmiare di più, si può anche proporre, l’uso di una dose letale, per l’eliminazione degli italiani che hanno superato la fatidica soglia delle attese di vita. Così facendo, non si risparmia solo nel sistema sanitario, ma anche nel welfare, riducendo il costo delle pensioni e come di forte attualità, anche il problema di quel mezzo milione di esodati che, se non per altri mali, è certamente a rischio di … morte per fame. Il sistema sanitario pubblico campano è, purtroppo, così com’è ridotto, sempre meno pronto a dare risposte concrete alla domanda di salute che viene dalla società civile; la crisi è diffusa e profonda, soprattutto perché la dea abbondanza non elargisce più a piene mani, come per tanti lunghi anni passati, favorendo ruberie e sprechi. In mancanza, non si adottano soluzioni compatibili, ma decisioni tendenti sempre più spesso allo smantellamento dei servizi. Così proprio non va! Così non deve essere! I servizi pubblici individuali a tutela della salute, fanno parte dei diritti del cittadino; nessuno, ma proprio nessuno, a cuor leggero, per esigenze di cassa e di tagli necessari a contenere la spesa pubblica, può pensare di ridurli o peggio ancora di eliminarli. Non è possibile, né consentito a nessuno; quello che è consentito, perché necessario, è la razionalizzazione della spesa ed il taglio di tutti gli sprechi. Così facendo, la spesa sanitaria della Campania, può essere riallineata alla spesa sanitaria di altre regioni che, essendo virtuose e poco sprecone, ancora riescono a garantire un’ottima e funzionante rete di servizi non solo agli utenti della propria regione, ma anche ai tanti utenti fuori regioni che, per tutelare la propria salute, cercano nel sistema sanitario pubblico di altre realtà, le necessarie risposte ai mali fisici, non sempre ottimamente guaribili nei propri ambiti di vita. Il low cost del Trabucchi pensiero, con a modello la sanità dell’India, è veramente troppo. Come si può arrivare a pensare simili bestialità? L’unica certezza, da tali cervellotiche decisioni, sarebbe lo smantellamento del sistema sanitario italiano ed il conseguente annullamento del diritto alla salute, un diritto italiano voluto e fortemente garantito dalla Costituzione. Quindi smettiamola di continuare a pensare negativo facendo e facendoci male oltre i limiti consentiti; smettiamola e rimbocchiamoci le maniche; pensiamo il più positivo possibile ed attrezziamoci a garantire il diritto alla salute, anche in tempi di vacche magre. Conteniamo i danni del colabrodo Campania; con saggezza, risparmiamo dove c’è da risparmiare senza lontanamente pensare a smantellare nessuno dei tanti servizi sanitari sia territoriali che ospedalieri, necessari a tutelare la salute dei cittadini. Dicendo basta alle clientele ed agli sprechi, c’è da chiedere alla politica di fare un passo indietro, preoccupandosi     non delle inopportune clientele, ma dell’obiettivo salute per tutti, un obiettivo assolutamente possibile da raggiungere, anche riducendo la spesa farmaceutica e le prestazioni assistenziali ospedaliere. Per un nuovo progetto di salute in Campania, occorre partire da una visione d’insieme di tutto il territorio campano; occorre, per questo obiettivo, ridurre o eliminare del tutto gli interventi a macchia di leopardo, con situazioni diversificate e spesso causa di un conclamato disagio per le fasce socialmente e territorialmente deboli. Tutti per inclusione devono sentirsi parte del tutto e soggetti protagonisti di un diritto alla salute includente tutti, nessuno escluso. Purtroppo, considerando gli attuali scenari di una sanità campana gravemente e diversamente ammalata in tante sue parti, c’è da contenere gli entusiasmi sui possibili risultati da raggiungere nell’immediato. Nonostante i tanti problemi e le difficoltà non facilmente superabili, facendo appello all’ottimismo della ragione, partecipando e vigilando attivamente, bisogna tombalmente cancellare il passato e partendo proprio dal diritto alla salute, pensare come possibile un progetto di futuro per la Campania che ponga al centro l’uomo e si ponga come obiettivo il cambiamento umano, la crescita sociale e lo sviluppo territoriale. Partiamo da qui; manifestiamo tutta la nostra fiducia sul possibile nuovo anche per la Campania, una regione fortemente ammalata di uomo; se vuole, può guarire e proporsi da attiva protagonista, con percorsi nuovi, per le tante sfide del Terzo Millennio che si devono necessari
amente vincere per non morire, aprendosi alle diversità culturali, una grande risorsa utile a cambiare anche in Campania, il destino di tutti NOI.