Il teologo gesuita Suarez e gli angeli
Francisco Suarez nacque a Granada il 5 gennaio 1548 e morì a Lisbona il 25 settembre 1617. Di nobile famiglia, fu avviato giovanissimo alla vita ecclesiastica. A soli dieci anni ebbe la tonsura e a tredici si avviò allo studio del diritto canonico, a Salamanca. Nel 1564, mosso dalle prediche di J. Ramirez, entrò tra i gesuiti e visse il noviziato tra Medina del Campo e Salamanca. In questa città studiò per due anni filosofia e per quattro teologia, sotto la guida del domenicano J. Mancio, una delle figure più celebri della scuola teologica di Salamanca, di J. De Guevara e di H. Henriquez. Dal 1570 al 1574 insegnò filosofia e, dopo un anno dio preparazione personale, iniziò a Valladolid l’insegnamento di teologia, che lo avrebbe impegnato per tutta la vita. Nel 1580 fu chiamato a Roma presso il Collegio Romano, dove insegnò accanto al Bellarmino, titolare della cattedra di controversistica. Per motivi di salute, nel 1585 si trasferì ad Alcalà dove insegnò per diversi anni. In questa città incontrò G. Vàzquez, suo emulo, che lo aveva sostituito a Roma e con cui ebbe tali difficoltà di dialogo da ritornare a Salamanca, dove rimase fino al 1597. Chiamato a Coimbra, su richiesta di Filippo II, insegnò fino al 1615. In questo periodo si recò più volte a Roma per difendere le sue tesi sulla penitenza e sulla grazia. Tenuto in grande considerazione da Paolo V, morì a Lisbona in concetto di santità. Piissimo teologo, dottore esimio, principe dei teologi moderni: queste sono le definizioni usate da alcuni pontefici per descriverne la personalità scientifica. E’ autore di una impressionante produzione teologica, sostanzialmente tratta dal suo insegnamento. L’Opera omnia presenta un complesso di 23 volumi, in folio, e rimangono non pochi scritti da vagliare per una futura edizione critica. Il contributo del Suarez è notevole. Forse non è originale nel metodo e nelle dottrine, ma lo è certamente in alcuni punti controversi del dibattito teologico dell’epoca. La sua filosofia nasce da una rielaborazione personale: formula in modo preciso dottrine epistemologiche, cosmologiche, antropologiche, metafisiche e, con acuto approfondimento , giunge a soluzioni parzialmente nuove sull’applicazione realistica all’essere della teoria atto – potenza. Pone la base dell’idea di Essere (Uno, trascendente e analogo) nella sua pienezza, da cui deriva, in totale dipendenza, ogni altro essere. Questa visione filosofica apre al discorso teologico: non si può essere un buon teologo senza validi fondamenti metafisici. In questo connubio studia i principali sistemi allora in voga: tomismo, scotismo e nominalismo, cercando una soluzione per unificarli. Una mediazione tra Tommaso e Scoto la attua con il concetto di persona, vista nella sua dimensione sostanziale e nel principio di auto possesso. E’ necessario presupposto per l’agire nella libertà creaturale. L’idea di persona è applicata alla dottrina trinitaria e cristologica. Egli possiede una vasta erudizione patristica che utilizza, in senso critico, accanto ad una profonda conoscenza della teologia che lo precede. Ha una spiccata dote di sintesi e di organizzazione del pensiero: sua è l’impostazione della mariologia, della grazia e di altri trattati. L’argomentazione delle tematiche è organizzata su tre livelli: spiega l’origine storica delle differenti opinioni; presenta le opinioni in esame e i relativi argomenti; valuta le opinioni nei singoli particolari. Si afferma così il passaggio dal semplice commentario alla esposizione autonoma. Il De angelis del gesuita Francisco Suarez edito nel 1620 rappresenta la sintesi più completa della angelologia moderna, a metà strada tra la concezione tomista e quella scotista, privilegiando tuttavia quest’ultima sui diversi punti. Sulla questione della pura spiritualità degli angeli e della loro immortalità naturale, egli segue la dottrina di Tommaso, ma ammette che ci possano essere molti diversi angeli all’interno di una medesima specie, come aveva sostenuto Scoto. Per quanto riguarda la conoscenza e la volontà angelica, egli resta fondamentalmente fedele alla posizione tomista, ma se ne distacca quando afferma il primato della libertà secondo il pensiero scotista, per cui l’angelo avrebbe potuto peccare contro l’ordine naturale anche in modo veniale e avrebbe potuto pentirsi del suo peccato, poiché non è determinato irrevocabilmente nel bene o nel male per il fatto stesso ch almeno una volta ha scelto liberamente. Da questi presupposti ricava la sua visione circa la “prova” e la “colpa” degli angeli, allontanandosi notevolmente dalla posizione di Tommaso. Egli descrive tre periodi durante i quali gli angeli hanno potuto fare le loro scelte nel bene o nel male. In un primo tempo tutti gli angeli, anche i futuri demoni, hanno compiuto azioni buone e meritorie, in forza delle quali sono avanzati nello stato di grazia e nella loro perfezione. E’ impossibile precisare la durata di questo periodo, poiché corrisponde a un istante rispetto al nostro tempo. Rafforzati dalla grazia, sono passati a un secondo periodo, caratterizzato non solo da nuove grazie attuali concesse da Dio, ma anche da una nuova rivelazione fatta a tutti gli angeli: l’incarnazione del Verbo. E’ stato loro ordinato di riconoscere il cristo fatto uomo come loro capo e loro salvatore, adorandolo come Dio. Lucifero si è opposto, presumendo che tale onore fosse riservato a lui, trascinando altri angeli nella ribellione. Il peccato quindi consiste nella disobbedienza e nell’orgogli. Dopo la prova, gli angeli cattivi sono stati precipitati nell’inferno, mentre gli angeli buoni sono entrati nella beatitudine eterna, che costituisce il terzo periodo della loro esistenza. Egli ha il merito di aver ribadito la centralità di Cristo, la sua signoria sugli angeli e il ministero di questi ultimi nei confronti dell’umanità. Egli si dilunga nella descrizione del ministero svolto dagli angeli a favore degli uomini. La loro funzione principale consiste nel custodire ogni uomo, attraverso sei tipo di azione: allontanare i pericoli esterni e interiori che minacciano il corpo e l’anima dell’uomo; stimolare a fare il bene e a evitare il male; aiutare a cacciare i demoni, attenuando le loro tentazioni; presentare a Dio le preghiere umane; pregare per gli uomini; correggere e punire gli errori, in vista della conversione umana. L’assistenza dell’angelo termina con la nostra morte, quando l’anima viene accompagnata fino al cielo oppure è consolata, se deve passare per il purgatorio. La missione degli angeli custodi è una verità comunemente accettata e proposta dalla Chiesa secondo Suarez e che non si può negare senza cadere in errore. Contestando la negazione degli angeli custodi da parte di Calvino, Suarez scrive: “Tuttavia l’asserzione cattolica, sebbene non si trovi espressa nella Scrittura e non sia definita dalla Chiesa, è talmente ricevuta dal consenso della Chiesa universale che non può essere negata senza una grande temerarietà e quasi con errore”. A maggior ragione, l’esistenza delle gerarchie celesti è una dottrina ammessa dall’umanità dei teologi e dalla Scrittura, e deve essere ritenuta verità di fede. Dopo la grandiosa visione suareziana, non si registra nei secoli successivi uno sviluppo della dottrina cattolica degli angeli, limitandosi la teologia a commentare gli scritti dei grandi teologi della scolastica e in particolare di Tommaso d’Aquino.