Pasquale Natella e Gino Noia: un ricordo e poi la prolusione

Anna Maria Noia

“Lo stemma inseguito. I Sanseverino al governo dello Stato dai Normanni agli Spagnoli, e ritorno.”Questo il tema dell’ultimo appuntamento con il ciclo di incontri promossi, a Salerno, dal 7 marzo al 16 maggio scorso, da parte del Gruppo Archeologico Salernitano; il tutto nell’ambito della kermesse denominata “I mercoledì archeologici”. Il 16 maggio, per l’appunto in conclusione della benemerita iniziativa sull’argomento – per quest’anno – “Salerno tra i Normanni e Gregorio VII”, si è tenuta una prolusione da parte dello storico salernitano Pasquale Natella, che – nel corso del suo interessante intervento – ha inteso ricordare l’amico e “collega” (storico locale sanseverinese) Gino Noia, scomparso pochi mesi fa. L’intenso momento è avvenuto presso l’istituto “Vicinanza”, sempre a Salerno, alla presenza di un pubblico attento e commosso che gremiva l’aula magna dove si sono avvicendati gli incontri. Gli iscritti al sodalizio sono numerosi, l’associazione è da anni (dal ’91) presente e attiva con proficue iniziative sul territorio salernitano. Nella città ippocratica, infatti, dal 2001 il Gruppo gestisce il settore ipogeo del complesso monumentale di S. Pietro a Corte. Nel 2013 proseguiranno le lectio dei “mercoledì archeologici”, anche se con tematiche diverse. L’iniziativa, difatti, ha riscosso un cospicuo successo. Presenti all’incontro con Natella, Eduardo Caliano, assessore di Mercato S. Severino in rappresentanza del sindaco Giovanni Romano, e Gilda Napoli, componente sanseverinese dell’associazione. Tra gli intervenuti, storici e/o amici del compianto Noia, di cui ricordiamo il docente Massimo Del Regno e l’architetto Paolo Peduto. Ma entriamo nel vivo del discorso: innanzitutto, a “coronare” la lezione del noto studioso Natella, vi erano tante diapositive; poi dobbiamo dire che ha introdotto la prolusione la sanseverinese Gilda Napoli. Che ha affermato: “Questa è una delle tante occasioni culturali insieme al Gruppo Archeologico da parte di Pasquale Natella, storico ad ampio raggio.” “I suoi studi, infatti – ha proseguito – concernono tutta la provincia di Salerno.” “In particolare – sono parole di Gilda Napoli – vogliamo ricordare la antica amicizia del nostro interlocutore con Gino Noia.” Nel prendere la parola, Natella ha iniziato col dire che “Noia è stato un colto conoscitore dell’area sanseverinese e perisanseverinese.” Poi Pasquale Natella ha ricordato che lo scomparso ha prodotto numerose pubblicazioni, tra articoli, saggi, libri. Tra questi, anche alcuni con lo stesso Natella, Pasquale Trotta e Gaetano Izzo. Dunque è iniziato un vero e proprio amarcord, a partire – ha detto lo storico salernitano – dagli anni ’60, in gruppo con l’altro storico Giuseppe Rescigno e con Arnaldo Petrone.

Era un circolo di studiosi del territorio, all’interno del quale “Noia – sono parole di Natella – scendeva sempre nei particolari, anche ma non soltanto per la formazione universitaria come architetto, e dava molta attenzione ai luoghi e a coloro che vi abitano.” Dopo l’amarcord sull’amico Gino Noia, Natella ha dissertato dell’argomento del convegno, ossia sul blasone o stemma dei Normanni che conquistarono S. Severino – prima – e dopo Salerno. Ciò, intrecciando un ideale “dialogo” con il defunto amico di una vita. Con l’ausilio del video, Natella si è soffermato dapprima sulla differenza tra “Principato Citra” o “Citeriore”, quindi sul “Principato Ultra”, quest’ultimo – come dice il nome – “al di là delle montagne”. Da qui, tutta una serie di date e dati storici, con le vicissitudini e le questioni (interne ed esterne) della famiglia Sanseverino. Dai “castra” del periodo romano, cioè dei veri e propri “quartieri di difesa”, il colto ed erudito intellettuale ha mostrato di essere anche piano e discorsivo nel suo intervento. Il Nostro ha parlato del nome “Troisio” (o “Torgisio”), variante di un onomastico francese, forse derivante dalla città di Troyes. Poi, tutta una dissertazione appunto sui segni dello stemma della famiglia Sanseverino: uno scudo con campo bianco e una “semplice” fascia rossa vermiglia orizzontale al centro; secondo il parere di Pasquale Natella, questa fascia sarebbe il sangue sul petto di un soldato appartenente al nobile casato, fuoriuscito durante una battaglia. A proposito dello stemma, dichiara lo studioso: “Quanto più uno stemma è semplice e scevro di particolari, tanto più antico è.” Questo in quanto non ci sono altri titoli che ricordano conquiste e possedimenti da parte di chi ostenta il blasone meno particolareggiato. Natella parla della “verginità stemmaria genealogica”, e spiega: “I disegni sullo stesso stemma rappresentano i possedimenti della famiglia.”Una piccola “polemica”, una “provocazione”, è stata attuata dallo studioso nei confronti della storia cosiddetta “grande”, quella dei manuali, che non comprende invece la “piccola storia”, altrettanto fondamentale per il corso degli eventi. Eduardo Caliano, subentrato allo storico, ha portato i saluti istituzionali del sindaco Romano, ma dichiarando di essere presente all’evento nella “doppia veste” di cittadino della cittadina in cui Noia viveva e in qualità di assessore comunale. Anche Caliano ha avuto il modo e l’opportunità di conoscere Noia, e ha parlato di “un uomo imponente sia fisicamente che culturalmente.” In particolare, ha narrato un aneddoto, secondo cui Gino Noia avrebbe più volte affermato che “non era professore”: infatti a S. Severino tutti lo denominavano così, ma egli era e rimaneva umile, amico di tutti. Infine, la parola ai responsabili del Gruppo Archeologico, con Felice Pastore, che ha voluto (anch’egli) commemorare Noia, con cui egli discuteva, preferibilmente sui Longobardi, in tanti “incontri culturali informali”. Proprio a chiosa dell’happening, Pastore ha annunciato che nel numero di luglio della celebre rivista nazionale “Medioevo” ci sarà un articolo firmato da lui, da Patella e dalla professoressa Lambert, altra habituè dell’associazione di archeologi.