Ateismo religioso e teismo profano

Fulvio Sguerso

Nel contesto dell’attuale crisi planetaria del sistema capitalistico-finanziario, crisi non soltanto economico-politica ma anche, e soprattutto, etica, si rivelano quanto mai attuali le tesi presentate dal teologo Hugo Assmann (scomparso il 22 febbraio del 2008) nella sua opera  Teologia a partire dalla prassi di liberazione, una valutazione prospettica, del 1970. Ma qual è il significato esatto di questa teologia? Per Assmann e per gli altri teologi latinoamericani che si sono riconosciuti e si riconoscono nei documenti della Conferenza episcopale di Medellìn (1968) sul tema “La chiesa nell’attuale trasformazione dell’America Latina alla luce del Concilio”, significa che prima viene la prassi, cioè l’impegno a favore dei poveri, il servizio e l’esercizio della carità nella situazione storica e sociale determinata in cui ci si trova, e dopo la riflessione critica sulla prassi storica alla luce della fede. In altri termini: non è la prassi a dipendere dalla teologia ma la teologia a dipendere dalla prassi: prima viene la vita e solo dopo il pensiero che la pensa. Ora non occorre essere specialisti per ravvisare in questa tesi  una certa sintonia con le Tesi su Feuerbach (1845) di Marx, in particolare con la celeberrima undicesima: “I filosofi hanno finora soltanto diversamente interpretato il mondo; si tratta ora invece di trasformarlo”. Se sostituiamo filosofi con teologi è facile rendersi conto della portata rivoluzionaria della “teologia a partire dalla prassi di liberazione”. Ma non c’è qui il rischio di ridurre l’ortodossia a ortoprassia , cioè a strumento di lotta sociale e politica, sia pure con le migliori intenzioni, dimenticando che, per i cristiani, il Regno di Dio non è di questo mondo? Questo rischio era ben presente al cardinale Joseph Ratzinger, all’epoca prefetto della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, tanto che nell’Istruzione su alcuni aspetti della “teologia della liberazione” , emanata il 6 agosto del 1983, mette in guardia i teologi della liberazione dall’assunzione “non critica di elementi dell’ideologia marxista”, ideologia “incompatibile con la visione cristiana dell’uomo”. Ma “incompatibile con la visione cristiana dell’uomo” non è ancor più il sistema capitalistico che riduce l’uomo a merce e sostituisce al Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe il valore astratto e universale del dio-denaro? Qui si pone un’altra questione, e cioè: è più evangelico un ateo dichiarato che combatte a favore dei poveri e degli ultimi contro l’ingiustizia del mondo, o un sedicente cristiano che accetta e magari trae vantaggi materiali dallo statu quo di un ordine mondiale iniquo e violento? E come può un vero cristiano credere in un Dio creatore previdente e provvidente, misericordioso e santo ma al tempo stesso garante di un simile assetto criminale del mondo? Non c’è più religione in un ateismo che respinga l’idea di un Dio reggitore di tutte le cose ma impotente (se non connivente) di fronte al corso del mondo? E’ questa la tesi del marxista eretico Ernst Bloch, per il quale così il mondo come l’uomo sono ancora lontani dalla completa realizzazione della loro essenza, ed è di questa lontananza che vive e si alimenta la religione, che già per Marx  non era solo “oppio dei popoli” ma anche “protesta contro la miseria reale, sospiro della creatura oppressa, anima di un mondo senza cuore, di un mondo che è lo spirito di una condizione senza spirito…”( Introduzione alla critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico, 1844). La religione dunque, per Bloch, conserva una sua efficacia non tanto consolatoria quanto rivoluzionaria: nella religione vive pur sempre (anche se non sempre) quell’anelito alla totalità, alla pienezza di una vita finalmente riconciliata con sé stessa e con il mondo, al superamento finale della differenza ontica tra ciò che è e ciò che non è ancora ma che sentiamo nel profondo di noi stessi che deve essere. L’orizzonte di questo dover essere è tuttavia quello utopico di un paradiso terrestre verso cui tendono gli uomini e la stessa natura, la vera patria che l’umanità non ha mai smesso di sognare. E infatti l’ultima parola dell’opera maggiore di Bloch è proprio Heimat (patria): “Marx indica come sua istanza ultima ‘lo sviluppo della ricchezza della natura umana’; questa ricchezza umana, come della natura tutta, è unicamente nella tendenza-latenza in cui si trova il mondo vis-à-vis de tout. Da questo sguardo dunque risulta che l’uomo vive ancora nella preistoria anzi tutto e ogni cosa si trova ancora  a prima della creazione del mondo quale mondo giusto. La vera genesi non è all’inizio ma alla fine, ed essa inizia a cominciare solo quando la società e l’esistenza diventano radicali, cioè mettono radici. Ma la radice della storia è l’uomo che lavora, crea, trasforma e supera la realtà data. Se l’uomo si è capito e ha fondato quel che è suo senza alienazione ed estraniazione in reale democrazia, nasce allora nel mondo qualcosa che nell’infanzia riluce a tutti e dove ancora non è stato nessuno: la patria. “ (Il principio speranza, Garzanti, 1994). Questa patria che riluce nei sogni e in certe opere d’arte è anche quella di cui ci parla l’Antico e il Nuovo Testamento – l’ebreo Bloch (come d’altronde Marx) è un assiduo lettore della Bibbia – solo che non è più collocata nei cieli ma sulla terra, sia pure su una terra mai esplorata dall’uomo, e quindi la speranza agisce non come virtù teologale ma come un “affetto d’attesa” in cui il desiderare in qualche modo anticipa, anche se in forma embrionale, l’evento sperato. Non si tratta di una speranza passiva e inerte ma di un attendere e di un agire orientato al compimento di ciò che sentiamo incompiuto. Che cosa aveva promesso il serpente ad Adamo e a Eva? Eritis sicut deus, scientes bonum et malum, promessa che è costata al primo uomo e alla prima donna la cacciata dall’Eden, facendoli però uscire, come ha detto Hegel, dal parco degli animali e incamminandoli tra i pericoli del mondo e della storia verso un destino ignoto. Per l’eretico Bloch, la promessa del serpente si attua con l’umanizzazione, o meglio, con la divinizzazione dell’uomo con Dio, cioè con l’identificazione del figlio dell’uomo Gesù con il Padre celeste: “Chi ha visto me ha visto il Padre”(Gv 14,9). (Cfr. Ateismo nel cristianesimo, Milano,1970)

In questa divinizzazione finale dell’uomo l’ateismo escatologico di Bloch diviene una “meta-religione” che eredita quella “domanda di senso” e quell ‘ “anelito alla totalità” che fa del messianismo cristiano non un’innocua mitologia ma la concreta speranza di tutti i poveri e gli umiliati che sognano un nuovo cielo e una nuova terra. E a questo messianismo e a questo “ateismo per amore di Dio” guarda la “ teologia della speranza” di Jurgen Moltmann, di Wolfhart Pannenberg e di Edward  Schillebeeckx.

10 pensieri su “Ateismo religioso e teismo profano

  1. Dottor Fulvio Sguerso mi trova concorde quando dice che la prassi dovrebbe venire prima di tutto. La chiesa di oggi come si colloca con questa posizione? Nel suo documentatissimo articolo il ragionamento non fa una grinza. Io ci vedo un richiamo alle virtù teologali andate perdute dietro fanatismi sinceramente assurdi. Con tutti i problemi che ci sono in giro ha poco senso parlare e sparlare di fede ed è meglio darsi da fare in opere di carità. Mi piace il suo articolo

  2. La Chiesa di oggi, gentile Marco, soffre anche lei per la crisi valoriale che non risparmia tanti cattolici, così in alto come in basso, e nemmeno, come purtroppo le cronache quasi ogni giorno ci rammentano, molti, troppi suoi sacerdoti. E’ evidente che qualcosa non funziona nella stessa struttura gerarchica e nell’ordinamento della Chiesa. Guardi che non sono io, misero profano, a dirlo; pensi che lo diceva già Antonio Rosmini nel 1832, nel suo scritto
    “Le cinque piaghe della santa Chiesa”, pubblicato nel 1848 e subito messo all’indice. lo dicevano i “cattolici liberali” e i “modernisti” nell’Ottocento e nel primo Novecento. Oggi lo dicono, tra gli altri (soprattutto in Francia, in Germania e in Austria) teologi cattolici come Kung e Mancuso…Quanto alle opere di carità, sarebbe ingiusto dire che non se ne cura, soprattutto a livello parrocchiale e diocesano. Certo che una maggior trasparenza per quel che riguarda la gestione non sempre chiara delle cospicue finanze vaticane non guasterebbe…
    Quanto alle virtù teologali, cioè fede, speranza e carità,non dipendono dagli uomini, nemmano dagli uomini di Chiesa, ma dallo Spirto Santo…
    Un cordiale saluto.
    Fulvio sguerso

  3. In un “confronto” precedente mi spingevo a dire che , probabilmente, condividevamo gli stessi VALORI in quanto “figli” dello stessa Cultura: Cristiana e Cattolica Romana.
    Da qualche giorno, dott. Sguerso, è intervenuto con questo suo articolo che riporta le lancette della storia della CHIESA di ROMA dietro di 40 anni.
    Come leggo, spero di non fraintenderla, lei condanna l’intervento fatto, negli anni ottanta, dall’allora cardinale Joseph Ratzinger sui temi cosiddetti della “LIBERAZIONE” e ripropone l’attualità della “prassi” che ha portato alla decadenza SPIRITUALE dell’intera “nostra” comunità.
    Mi permetto di citarle solo due episodi recenti che “ROMA” ha usato come PRASSI:
    -La visita di G.Paolo II a Managua
    -La giornata della gioventù, promossa sempre G.Paolo II, di Palermo.

    Queste due tappe per me sono fondamentali nello smentire tutti i cosiddetti “preti liberali” e propinatori di dottrine della cosiddetta “Liberazione” o meglio dire Marxista.
    A Managua,ricorda, quell’indice di ammonimento e condanna su Ernesto Cardenal chiuse un periodo di confusione ideologica nell’America Latina.
    Mentre a Palermo G.Paolo II, dopo aver “sconfitto” l’Unione Sovietica, disse che per poter pregare meglio l’uomo doveva avere lo “stomaco pieno”.
    Chiedo scusa se nella citazione sono stato così grossolano, spero di aver dato il senso di quanto disse il Santo Padre(non sono riuscito a trovare fra, i miei appunti, quel discorso).
    Non vorrei continuare con papa Leone XIII che affermò : “La SOCIALITà è più grande della CARITà”.
    Lei cita gli scandali che oggi “soffocano” la Chiesa?
    Penso che tutto questo è il frutto dell rilassamento dei costumi che ha pervaso il mondo “Cattolico” dopo il Concilio Vaticano II(Voglio ricordare la lettera di suor Lucia, la veggente di “Fatima”, che ammoniva Giovanni XXIII a non aprire il Concilio poichè avrebbe portato “confusione” nel mondo).
    Spero di non perdermi nel “considerare” i diversi punti che ha affrontato nel suo intervento e ci vorrebbe tempo e “bravura” per essere chiaro:Possono essere smontatati uno ad uno.
    Uno per tutti, si PREGA(si chiede forza e soccorso) troppo poco per affrontare le “opere” di satana(che Dio ce ne liberi).
    Lei ha citato, da dotto(sa che l’ammiro veramente), la “Patria” di Marx e Bloc, tutte e due ebrei, (non ho avuto occasione di leggerla) ma a me sembra che è il perenne attacco a Dio e l’aspirazione di sostituire il PARADISO Spirituale, escatologico, con un l’utopia di un paradiso terreno che prima o poi(?) si riuscirà a instaurare sulla terra.
    Un ultima cosa,voglio ricordare che Joseph Ratzinger insieme a tutti i teologi “progressisti” tedeschi fu anche l’ispiratore del C.Vaticano II.
    Giovanni Paolo II lo chiamò a se e lo nominò “PREFETTO DELLA FEDE”.
    Oggi abbiamo un Santo Papa Teologo………..qualcuno lo ha identificato come “pastore (cane) tedesco”…..
    Dott. Sguerso, pensa che centri qualcosa lo SPIRITO SANTO?
    in bocca al lupo

  4. @lupo solitario:

    segnalo che molti santi non avevano lo stomaco pieno, ma pregavano benissimo (sarà perché erano santi?) 🙂

  5. @lupo solitario

    Se la battuta non fosse fin troppo facile, direi che il lupo (solitario) perde il pelo ma non il vizio. Quale vizio? Mi pare di averglielo già diagnosticato, ma, evidentemente, senza frutto; quindi mi scuserà se mi ripeto. A mio modo di vedere, il suo vizio si chiama “dogmatismo”. Lei mi dirà: che male c’è, per un fervente cattolico quale io sono, essere “dogmatico”? E io le rispondo che ci sono dogmi e dogmi, alcuni dei quali irrinunciabili e indiscutibili, altri (ovviamente per un cattolico) opinabili e riconsiderabili, senza per questo venir meno alla fede cattolica, e ancor meno alla fede cristiana. Ora io non parlo per me, ma in generale (avrà capito che mi considero più cristiano che cattolico, e un cristiano più eretico che ortodosso, nella convinzione che lo Spirito di Dio tutto sia meno che dogmatico!). Per esempio, tra i dogmi opinabili (ma si tratta poi di veri dogmi?) collocherei l’obbligo del celibato per i sacerdoti e l’esclusione delle donne dal sacerdozio.
    Mi dica lei dove sono formulati, nelle Sacre Scritture, questi divieti. Quanto alla prassi che “ha portato alla decadenza spirituale della nostra comunità”, guardi che così Giovanni Paolo II come Benedetto XVI non intendevano solo quella di ispirazione marxista, ma anche e, direi, ancor più, quella del materialismo capitalista che riduce l’uomo a merce e a consumatore di merci. Ad ogni modo, senza andar troppo lontano, provi a leggere, tanto per cominciare, “Io e Dio. Una guida per i perplessi” Garzanti, 2011, del teologo cattolico Vito Mancuso, e vedrà che il mio discorso non è poi così campato in aria come forse lei crede.
    La saluto e comunque la ringrazio per l’attenzione con cui legge i miei articoli.

    Fulvio Sguerso

  6. Quando ho citato G.Paolo II e le dichiarazioni fatte a “Palermo”, volevo ricordare l’importanza data dalla CHIESA all’enorme danno che il Capitalismo selvaggio arreca alla nostra società.
    La Santa Chiesa di Roma da sempre predica la Giustizia Sociale in quanto in assenza non ci potrà essere Giustizia Divina.
    Non a caso ho citato Leone XIII.
    A lei non sarà difficile trovare e conoscere tutte le “encicliche” papali che si contrappongono tanto al “socialismo” (che non va confuso con il SOCIALE”)quanto al liberismo, che portano alla prevaricazione dell’uomo sull’uomo.
    Per quanto ai “dogmi” della Chiesa, certamente può essere rivisto il celibato dei sacerdoti(questa “norma” ci pone come eretici agli occhi dei “fratelli” Ortodossi)poichè S. Paolo consigliava e non imponeva il “celibato”.
    Altra cosa è l’esclusione delle donne dal sacerdozio.
    Le chiedo dott. Sguerso, dove c’è scritto(nelle Sacre Scritture) che le donne possono essere “investite” come sacerdoti, oppure essere “ministri/e” della comunione?
    Ricordiamoci che ad interpretare ed attualizzare il VANGELO c’è la Sacra Congregazione della Fede composta da , dotti, TEOLOGI e presieduta dal Santo Padre che alla luce della Tradizione Orale, dopo aver letto le Sacre Scritture ed illuminati dallo Spirito Santo dettano la “giusta” linea che un credente, Cristiano e Cattolico deve seguire.

    Leggo che anche lei mi consiglia di “leggere”.
    Questo suo invito è una cosa GIUSTA e BUONA, tuttavia c’è un MA(?).
    Purtroppo il mio lavoro(imprenditore) ed il tempo che mi rimane non mi permette di fare ciò che in passato ho fatto con grande interesse.
    (Oggi devo accontentarmi di leggere più recensioni dello stesso libro e solo quando riesco approfondisco la conoscenza).
    Ci sarebbero tanti libri (tomi) interessantissimi da studiare, ma questo lo lascio a chi lo fa per mestiere, lavoro, ad onesti intellettuali che dovrebbero consigliare alla buona politica la strada da percorrere.
    Per noi chi non riusce a fare di più, mi permetto di consigliare il ritorno alla “sapienza” dei nostri NONNI che si ponevano con “animo sincero”ed umiltà di spirito a trasformare in “prassi” quanto avevano appreso da bambini al “catechismo “, certi che il tempo che avevano da vivere, (solo una settantatina di giri della terra intorno al solo), era sufficiente appena ad educarsi e a vivere la fede acquisita.

    Sarebbe interessante leggere interventi di altri “titolati”, frequentatori di questo sito, sull’argomento proposto di grande attualità.
    in bocca al lupo

  7. Dottor Sguerso, i suoi commenti sono molto intelligenti. La chiesa di oggi è vittima di un materialismo che fa rabbrividire. Altrimenti c’è da chiedersi come mai Bagnasco tema tanto Beppe Grillo. Lupo, comincio a capire perchè si firma solitario. Anch’io sono curioso di sapere cosa pensano di quest’articolo altri giornalisti di Dentrosalerno. Lei chi preferisce? Io apprezzo molto la direttrice, donna di grande cultura e educazione, poi amo leggere gli emozionanti articoli di Giovanna Rezzoagli. Le due signore hanno una marcia in più, del resto sono donne.

  8. Concordo con Marco e mi unisco ai complimenti al Dr. Sguerso. Riguardo a chi scrive su questo giornale c’è da dire che, in effetti, caro Lupo, occorre riconoscere che le donne hanno una marcia in più e che qualche baciapile non ha problemi di marce: ha il motore spento (e fuso).
    Saluto con cordialità tutti coloro che scrivono di cose serie e anche chi commenta.
    Joseph

  9. Un sincero ringraziamento a Marco e a Joseph (quantum mutatus ab illo!) per il loro apprezzamento. E ora veniamo alle domande del lupo della steppa (pardon, solitario). Intanto mi congratulo per l’ammissione circa la rivedibilità della norma sul celibato ecclesistico: dunque le deliberazioni del Concilio di Trento non sono intangibili!. La questione del sacerdozio femminile è certamente più spinosa, anche perché i primi dodici apostoli erano tutti rigorosamente maschi e perché Paolo deduce addirittura dall’ordine della natura la sottomissione delle mogli ai mariti, e impone loro il velo quando si recano all’ecclesia, cioè all’assemblea del culto: “Voglio però che sappiate che di ogni uomo il capo è Cristo, e capo della donna è l’uomo, e capo di Cristo è Dio. Ogni uomo che prega o profetizza con il capo coperto , manca di riguardo al proprio capo. Ma ogni donna che che prega o profetizza senza velo sul capo, manca di riguardo al prprio capo, poiché è lo stesso che se fosse rasata” (1 Cor 11, 3-5). Dunque per Paolo anche le donne, malgrado la loro inferiorità per natura, possono profetare, e possono profetare perché lo Spirito di Dio non discrimina in base al sesso. Su questo il Magistero non ha niente da obiettare. Ma allora perché obietta sul sacerdozio femminile? Ritiene forse anch’esso che la donna sia inferiore all’uomo? E perché mai? Va bene che l’Apocalisse di Giovanni stigmatizza i delitti della famosa prostituta babilonese, ma esalta soprattutto la donna incoronata di stelle, la madre del figlio maschio perseguitata dal drago nel deserto, ma che ne trionferà con la sua progenie. Per la teologia cattolica questa donna è Maria, la nuova Eva che genera il corpo di Cristo; e quindi la Chiesa stessa come corpo di Cristo. Mi dica lei per quale recondita ragione nella Chiesa, Vergine e Madre, solo i figli maschi possono esercitare il sacerdozio, tanto più che la distinzione e divisione dei sessi, nel corpo di Cristo, secondo lo stesso Paolo non ha ragione di essere: “Non c’è più né uomo né donna: voi tutti siete uno in Cristo Gesù” (Gal 3, 28).
    Un cordiale saluto.
    Fulvio sguerso

  10. Le donne sacerdote esistono nelle religioni più illuminate. Quella cattolica è spaventosamente retrograda.

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