Ripresa? Per i fondelli

Aurelio Di Matteo

Qui non si tratta più di antipolitica, come vogliono fare intendere per camuffare il vero problema. Una cosa è la politica altra sono i partiti! Le due cose non s’identificano per niente, da quando nel corso degli ultimi decenni i secondi hanno stravolto la funzione che a essi assegnava la Costituzione. Quando si fa riferimento alla partitocrazia e giustamente la si condanna auspicandone la fine, non si vuole minimamente mettere in discussione il ruolo dei partiti e delle rappresentanze politiche che costituiscono i fondamenti della democrazia. Si vuole, invece, sottolineare e criticamente evidenziare ciò che essi sono diventati nel nostro disastrato Paese: una lobby, una casta, una corporazione, un comitato d’affari, un’associazione articolata ma chiusa al proprio interno, una continua riproduzione per partenogenesi, un fortino eretto a difesa di spudorati privilegi e dell’esercizio di un potere autoreferenziale e intangibile. E per conseguire questo risultato la loro creatività supera quella di tutti gli artisti della nostra storia messi insieme, a cominciare dalle “convergenze parallele” per finire al “governo dei tecnici”. Di fatto sono sfida all’intelligenza la prima, involontaria ammissione d’incompetenza e di pusillanimità la seconda! Il risultato e lo scopo sono gli stessi: conservare potere e privilegi, difendendo il fortino e ammannendo frottole agli inascoltati cittadini, soprattutto ai giovani, ovviamente a quelli figli di un dio minore. Per gli altri, siano essi insulse trote o intelligenti delfini, le porte del fortino restano sempre aperte. E così, anziché una ripresa economica, si perpetua quotidianamente una presa per i fondelli. Bastò una sola notte di lavoro per innalzare e tagliare pensioni, per continuare a bloccare rivalutazione e aumenti contrattuali, per rimettere l’IMU sulla prima casa, innalzare le relative aliquote e aumentare del 60% le rendite catastali, consentire a Comuni, Province e Regioni la possibilità di inasprire le quote di competenza, aumentare le accise sulla benzina, ecc. Per togliere gli sprechi, tagliare la spesa pubblica improduttiva, eliminare gli Enti inutili, operare il dimagrimento degli apparati, ridurre gli emolumenti delle cariche politiche dei vari livelli e nelle varie istituzioni, adeguare la normativa dei vitalizi dei parlamentari a quella di tutti gli altri cittadini e privare questi ultimi di qualche privilegio, non sono bastati cinque mesi di “riflessione e di studio” e nemmeno una Commissione di eccellenti tecnici, tra i quali nientemeno che il Presidente dell’ISTAT. I loro emolumenti sono tutti integri, allo stesso modo dei privilegi. L’unico privilegio eliminato è l’interdizione ai parlamentari della business class sul territorio nazionale. Questa è una vera barzelletta degna del meglio di Zelig: anche chi non ha mai preso un aereo Alitalia sa che sui voli nazionali, che costituiscono quasi il suo totale, la business class non esiste! Ma le prese in giro sono continue e multiformi. La Commissione che avrebbe dovuto determinare la media europea degli emolumenti per adeguare quelli dei parlamentari e dei dirigenti di trenta enti italiani non c’è più. Il suo Presidente si è dimesso e le conclusioni del lavoro sono le seguenti: “I vincoli della legge, l’eterogeneità delle situazioni e le difficoltà della raccolta dati non hanno consentito di produrre i risultati attesi”.  E questi sarebbero i tecnici? Io credo che siano imbonitori di piazza! Anche perché sono gli stessi che nel primo rapporto del 5 gennaio avevano scritto: “ I dati sono sufficienti non solo per dibattere nella pubblica opinione ma anche per prendere decisioni da parte di chi queste decisioni le deve prendere”. Da incolti e da profani, con un’ora di lavoro non si poteva aggiungere al decreto, che introduceva e aumentava l’IMU e le altre tassazioni, un breve emendamento che suonasse pressapoco così: tutti gli emolumenti dei parlamentari, degli assessori e dei consiglieri comunali, provinciali e regionali, a qualsiasi titolo erogati, sono ridotti della seguente aliquota? L’entità dell’aliquota la lasciamo al buon cuore, si fa per dire, dei parlamentari! E anche per tagliare i costi della politica non sarebbe bastato un altro simile emendamento: la partecipazione ai Consigli di amministrazione di Enti derivati e di Società partecipate, delle Commissioni consiliari, ecc. è a titolo gratuito; ai componenti non spetta nessun compenso né fisso né come rimborso spese? La presa per i fondelli non si ferma qui. Anche di fronte alle ultime scandalose vicende che riguardano i rimborsi elettorali, vicende che coinvolgono in vario modo tutti i partiti, ed evidenziano come siano diventati società d’investimento, banche e casseforti per spese personali, essi non trovano di meglio che inventarsi un farsesco controllo di revisori esterni. Come non far riferimento alla Parmalat il cui bilancio era certificato nientemeno che da Grant Thornton! Non ci saremmo aspettati che fosse rispettato il risultato inequivocabile del vecchio referendum, ma almeno un adeguamento dei rimborsi alle spese effettive e alle aliquote europee sulle quali, a differenza delle retribuzioni, non c’è alcun dubbio di quantificazione. E per ultimo, ecco l’imbroglio dell’accordo sulla riforma elettorale. Non una riforma per ridare al cittadino la possibilità di scegliere la maggioranza, il premier e i parlamentari, ma un arzigogolo per salvare le proprie poltrone e avere carta bianca per tutte le possibili maggioranze, indipendentemente dalla volontà degli ignari e turlupinati elettori. Tra le tante dittature, questa della lobby partitica è la peggiore, se non altro perché propinata per democrazia. Fino a quando sarà possibile continuare a sottrarre ai cittadini e agli elettori la sovranità? E se la maggioranza dei cittadini si ponesse la domanda, che risulta sempre più retorica: a che servono oggi i partiti?