Vincono i Gattopardi

Angelo Cennamo

Si cambia. Anzi no. La notizia è questa : la riforma dell’art. 18, quella che la Bce ci chiede di fare – non dalla settimana scorsa ma dal 5 agosto del 2011 – per rendere più flessibile il mercato del lavoro ed incoraggiare le imprese ad assumere, è stata clamorosamente annacquata, di fatto vanificata da un accordo siglato dai maggiori partiti, in un vertice tenutosi recentemente a palazzo Chigi con il primo ministro Monti. Ricorderete come Giorgio Napolitano, in un primo momento, bloccò il tentativo da parte del premier di varare il nuovo pacchetto di norme attraverso la decretazione d’urgenza. Il capo dello Stato, venendo incontro alle preoccupazioni del suo partito, pressato dalla base più estremista e dal ruolo guida della Cgil, suggerì al professore di adottare lo schema più malleabile del disegno di legge. Lo scopo non dichiarato era quello di guadagnare tempo in vista delle elezioni amministrative, sperando che il parlamento potesse successivamente smussare gli angoli della misura, edulcorando la parte più indigesta alla sinistra. Il tentativo di Napolitano, insolitamente partecipe dei processi legislativi, prima ancora che gli stessi vengano a compimento, va detto, è perfettamente riuscito. L’accordo raggiunto dai “tre tenori”, introduce, infatti, l’applicazione del reintegro nel posto di lavoro, oltre che ai licenziati per ragioni disciplinari e discriminatorie, anche ai dipendenti allontanati dall’azienda per motivi economici, e ciò secondo lo schema che avevano inizialmente suggerito al governo i sindacati e il Pd. Per comprendere la dimensione del pastrocchio scaturito dall’estenuante trattativa, durata quasi tre mesi, è sufficiente andarsi a leggere il testo della nuova legge e provare a districarsi tra i mille bizantinismi del politichese più corretto. Oppure ascoltare le dichiarazioni rese dai leader dei partiti che appoggiano il governo, l’indomani del vertice : tutti e tre si sono detti soddisfatti dell’intesa raggiunta, tutti e tre, senza nessuna eccezione. Ora, che Casini possa esultare per il raggiungimento di una simile transazione non è difficile immaginarlo : il leader dell’Udc, pur di rimanere al centro di tutti i giochi politici e di lasciare il professore al suo posto di comando, avrebbe avallato qualunque altra soluzione. Ma il fatto che Alfano, il nuovo segretario della destra liberale italiana, nonchè erede di quel Silvio Berlusconi che dell’art. 18 ne fece una delle sue prime battaglie (perse), possa essersi trovato d’accordo su un tema come questo con il “compagno” di Susanna Camusso, ci riusulta davvero incomprensibile. La resa di Angelino Alfano è un dato scoraggiante che lascia pochi margini alle speranze del suo elettorato di riferimento, abituato a ben altre battaglie di libertà a favore delle imprese e delle politiche di sviluppo. Nè vogliamo credere ai dietrologismi prospettati da alcuni giornali circa un presunto scambio avvenuto sull’asse dei due partiti, PD e PDL, tra l’art. 18 e le nomine Rai : un baratto del genere, una volta scoperto, servirebbe solo ad assestare un altro duro colpo, l’ennesimo, alla credibilità dei politici, già gravemente compromessa in tutti i sondaggi.E pensare che fino a pochi giorni fa Mario Monti ed Elsa Fornero, per il piglio decisionista mostrato nelle discussioni con le parti sociali, erano stati paragonati dalla stampa estera addirittura a Margaret Tatcher, la lady di ferro che governò l’Inghilterra negli anni ’80, fregandosene dei dikatat dei sindacati. Cosa resta oggi di quello stravagante paragone? Due citazioni che meglio di tante altre ci aiutano a comprendere l’italian style della prima, e a quanto pare, anche della seconda Repubblica : governare l’Italia è inutile, e tirare a campare è meglio che tirare le cuoia. Come dire, i gattopardi vincono sempre

Un pensiero su “Vincono i Gattopardi

  1. @Angelo:

    non credo che le nomine RAI interessino seriamente ad alcuno: semmai, se proprio vogliamo inventarci qualcosa, parliamo del “beauty contest” e di qualche “ammorbidimento” ad personam che in uno Stato normale non sarebbe dovuto. Ma, si sa, hanno goduto di piaceri istituzionali tante imprese (FIAT in primis), figurarsi se non si fa l’ennesimo piacere al burattinaio di Alfano.

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