Mzee, vecchio, anziano

Padre Oliviero Ferro

Ormai la parola “vecchio” è diventato un dispregiativo, quasi che la persona fosse inutile, non serve più a niente e…quindi è da buttare via. Invece in Africa, l’anziano è qualcuno di importante, è colui che racchiude in sé tutta l’esperienza del passato. C’è una storia che ho sentito diverse volte, in cui si parlava di un gruppo di giovani che aveva deciso di eliminare tutti i vecchi. Solo uno aveva nascosto il suo vecchio padre. Sembrava che i giovani avessero vinto, si sentissero i padroni del mondo. Ma, come sempre succede, “non dire mai”, c’è sempre bisogno di chi è saggio per risolvere i problemi. E in quel villaggio, per fortuna, era rimasto quel vecchio che aiutò i giovani e insieme con loro continuarono a vivere. Di fronte ad un anziano c’è rispetto, non solo per la sua età, ma per quello che ha vissuto, per le esperienze che ha fatto. Una volta, anche in Italia, si andava a fare l’apprendista da uno che già conosceva il mestiere. I grandi pittori e scultori italiani lo sono diventati, imparando nei laboratori di chi sapeva fare bene le cose e per merito loro, hanno fatto delle bellissime cose. Ascoltare un anziano in Africa è come vedere un film del tempo passato. I suoi ricordi, i suoi consigli, i proverbi, le sagge parole che ti trasmette ti aiutano a vivere. Certo, oggi il cosiddetto progresso li sta emarginando, quasi che fossero diventati dei soprammobili, da guardare e basta. Sembra che tutto stia andando velocemente, per cui non c’è più il tempo per riflettere. Ma poi, chissà perché, c’è sempre qualcuno che decide si andare a scoprire cosa è avvenuto nel passato e si accorge che se oggi siamo così è perché altri, in silenzio, ci hanno preparato la strada, il futuro. Hanno faticato, sofferto e creduto in noi. E allora non è giusto dire che non servono più. Fanno parte della nostra vita, della eredità che abbiamo ricevuto. Nelle loro parole, c’è un po’ del nostro sangue, del nostro respiro, dei nostri sogni. Non li possiamo buttare via. Rischiamo di buttare via noi stessi. Se non ci accorgiamo del nostro passato, su che cosa costruiremo il nostro futuro? Sulle parole? O su qualcosa che ci sosterrà anche quando ci sentiremo soli?