Salerno: in ricordo di Ninì Di Marino

E’ già trascorso un anno dalla scomparsa di Ninì Di Marino ma non si colma il vuoto che ha lasciato nella memoria di chi lo ha conosciuto. Ci manca il suo rigore, la passione civile, l’intransigente ancoraggio ai valori in cui credeva. Un’esistenza, la sua, immersa pienamente nelle vicende del “ secolo breve”, con gli aspri scontri, le traversie e le tragedie che lo hanno attraversato. Eppure Di Marino è rimasto per più versi giovane e moderno, aperto con la mente al nuovo e pieno di fiducia nel futuro. Attento a ciò che maturava sotto la crosta della società, lo sguardo ed il pensiero in costante movimento rivolto, con fiducia, anzitutto ai giovani  a cui andava consegnata la lezione di una storia di dure lotte e di conquiste, di un progresso di cui sentirsi fieri, da difendere ed espandere ogni giorno con tenacia. Ruvido all’apparenza, nell’esercizio di ruoli e funzioni direttive di rilievo che gli erano assegnate dal Partito,  esercitati con rara competenza, era tuttavia capace di improvvisi scatti sorprendenti, di grande umanità e dolcezza. Una figura per davvero per più versi singolare, per la sua particolare qualità di tenere sempre intrecciati insieme, con grande naturalezza, politica e cultura, merce piuttosto rara tra i dirigenti d’oggi dei Partiti. Un intellettuale fine, aduso alle letture ed agli approfondimenti, oratore brillante capace di declamare, senza il minimo errore, interi canti danteschi e di discutere, con rara competenza, dei più diversi autori, italiani e stranieri, da Shakespeare a Tolstoi, a Dostojevski, a Joice, Sartre ed a Camus, fino a Calvino, Moravia, Pasolini. E tuttavia sempre concentrato sull’immediatezza del reale, su lotte e conflitti presenti nella società italiana, nelle campagne e nelle aree urbane, attento ascoltatore delle opinioni altrui, scevro dalla supponenza che di frequente induce nell’arbitrio di ritenersi gli esclusivi detentori di una presuntiva verità. Attento al Mezzogiorno ed ai suoi problemi ed ai destini della sua città che così tanto amava, della grande provincia densa di problemi e di contraddizioni ancora oggi tutt’altro che risolte. Allievo di Palmiro Togliatti e poi di Giorgio Amendola, tenace fautore dell’unità della sinistra, era naturalmente portato, nella direzione politica e nel lavoro dentro le istituzioni, a interloquire e a confrontarsi con gli esponenti di altre formazioni, con laici e cattolici, per realizzare convergenze su questioni d’interesse comune, senza pregiudizi o spirito di parte. Gli stessi avversari, pur nella durezza del confronto, finivano per rispettarlo e riconoscergli disinteresse personale, rigore nell’analisi, competenza, qualità.  La politica vissuta come una religione ed occasione di crescita civile e di riscatto. Ripudio del distacco e dell’indifferenza dai fatti del mondo e dalle cose. L’impegno avvertito come una missione, guidato da una visione etica oggi piuttosto rara. Perciò maestro e amico caro. All’indomani della morte di Ninì Di Marino, nel suo telegramma di cordoglio alla famiglia, Giorgio Napolitano ne ricordò, con grande commozione, l’intelligente impegno politico, la coerenza delle posizioni, l’assoluta integrità morale. Ragioni forti, e più che sufficienti, a spiegare il forte legame di stima personale e di amicizia che in lunghi decenni di lotte e di comune impegno non si è mai incrinato.  Concetti di grande attualità, il modo migliore per onorare la memoria di Ninì nella sua città, dentro il suo Paese e per sentire la sua lezione tuttora viva ed attuale. 

                                                                                                                                     Piero Lucia