Vent’anni fa Tangentopoli

Angelo Cennamo

Vent’anni fa veniva arrestato a Milano Mario Chiesa, il presidente del Pio Albergo Trivulzio, con l’accusa di aver intascato una tangente di sette milioni di lire dall’imprenditore Luca Magni. Era appena cominciata tangentopoli. Chiesa era un importante esponente del partito socialista lombardo, molto vicino a Paolo Pilitteri, già sindaco di Milano. La mazzetta Chiesa l’aveva presa per favorire una piccola impresa nell’appalto delle pulizie del Pio Albergo. Nessuno, quel giorno, poteva immaginare quale significato avrebbe assunto il suo arresto, e fin dove si sarebbe spinta l’inchiesta sugli appalti milanesi. Ma quando l’azione della procura cominciò a scoperchiare il sistema dei finanziamenti illeciti dei partiti, le proporzioni di quella originale vicenda giudiziaria si rivelarono presto troppo grandi per rimanere nell’alveo del solo filone processuale. Negli uffici della procura di Milano cominciarono  a sfilare i dirigenti dei maggiori partiti italiani, dalla Dc al Psi, e gli avvisi di garanzia a fioccare come la neve. Forlani, De Lorenzo, Poggiolini, Citaristi, furono solo alcuni dei nomi più in vista del panorma politico ad essere colpiti dall’inchiesta. Ma l’immagine con la quale tangentopoli si è consegnata alla storia di questo paese è indiscutibilmente quella di Bettino Craxi. A torto o a ragione, il segretario dell’allora Psi divenne l’agnello sacrificale di un sistema malato ed autoreferenziale, fatto di abusi e di lottizzazioni, nel quale, però, nessuno poteva sentirsi senza macchia. Neppure il Pds di Achille Occhetto, che riuscì invece a sfuggire alla mannaia del pool milanese solo grazie al sacrificio personale di Primo Greganti, il sig. “G” che non volle rivelare al pm Di Pietro chi si celasse dietro il miliardo che lui stesso consegnò a Botteghe Oscure in una valigetta nera, in perfetto stile James Bond. Il resto è storia. Quale, è esercizio che preferiamo lasciare ad altri. Dei presunti abusi perpetrati dal pool di Francesco Saverio Borrelli in tema di carcerazione preventiva, e dell’uso strumentale che quelle indagini in alcuni casi assunsero sotto la lente deformata del clamore giornalistico, ne sono piene le cronache. Sappiamo pure che tangentopoli si sarebbe potuta evitare, se un decreto voluto da Giuliano Amato e da Giovanni Conso fosse stato opportunamente firmato dall’allora Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro. Avremmo conosciuto allora una storia molto diversa; per il malaffare dei partiti forse si sarebbe trovata una soluzione politica, meno pasticciata e traumatica di quella che abbiamo vissuto negli anni ’90. Ci saremmo risparmiati qualche suicidio di troppo, il triste esilio di Bettino Craxi nella savana tunisina, l’assoluzione di oltre due terzi degli imputati di quella lunga epopea, e la frantumazione del più grande partito cattolico d’Europa. Mani pulite sarebbe rimasta la candida locuzione di sempre, e Di Pietro avrebbe continuato ad indossare la toga per fare le sue requisitorie. Ma non contro l’imputato Berlusconi, che se ne sarebbe rimasto buono buono alla Fininvest con i suoi amici Mike e Felice Confalonieri, per la gioia di tanti che avrebbero volentieri barattato la sua mancata discesa in campo con il marciume della prima Repubblica.

4 pensieri su “Vent’anni fa Tangentopoli

  1. Cennamo vedi che il tuo partito di appartenenza Alleanza Nazionale all’epoca MSI- DN si muoveva a favore dei giustizialisti . c’è un noto senatore diventato capogruppo del pdl che considerava Di Pietro un Mito !!!!!!! Cennamo tu e Cirielli vi ricordate ??????????????

  2. Non ho mai militato nè votato per il Msi. Ad ogni modo, quello che dici è verissimo. Ricorderai, però, che, dopo i primi mesi di euforia generale ( gli italiani sono tendenzialmente tutti giustizialisti : le monetine a Craxi….) con la sciagurata abolizione dell’immunità parlamentare, molti dovettero ricredersi quando si resero conto che mani pulite stava trasformandosi in qualcosa di diverso da una semplice inchiesta giudiziaria.

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