Mercoledi’ delle ceneri

Fulvio Sguerso

“Dove ritroveremo la parola, dove risuonerà / la parola?” chiedeva a se stesso e ai suoi contemporanei  il poeta T. S. Eliot  sul finire degli anni Venti del secolo scorso, nel  poemetto Ash Wednesday, dove la parola perduta o non udita è il Verbo che, pur venuto al mondo e per il mondo, sembrava anche allora essere caduto nel vuoto, come il seme della parabola su un terreno arido. Quanto ad ascolto e accoglienza del Verbo fattosi carne per la nostra salvezza, la situazione odierna non si direbbe migliorata rispetto agli anni tra le due guerre in cui nubi sempre più minacciose si  addensavano all’orizzonte della storia, anzi, forse è addirittura peggiorata, se lo stesso Benedetto XVI, nella Messa con il rito delle Ceneri di mercoledì scorso, nella basilica di Santa Sabina all’Aventino,  ha voluto ammonire i fedeli, e non solo essi, ricordando che “Il nostro mondo ha bisogno di essere convertito da Dio, ha bisogno del suo amore, ha bisogno di un cuore nuovo”, riprendendo, quasi alla lettera , le esortazioni dei profeti Isaia,  Geremia, ed Ezechiele, e, soprattutto, di Giovanni il Battista, l’ultimo profeta venuto dalla terra che prepara la via al Profeta venuto dal cielo, il precursore e il testimone del Messia, che  predicava con un vestito di peli di cammello nel deserto  della Giudea: “Convertitevi, perché il regno di Dio è vicino!”, e battezzava i Giudei che gli  confessavano i loro  peccati, ma apostrofava con parole di fuoco  i farisei e i sadducei che si presentavano per essere battezzati senza  essersi convertiti nell’anima,  e denunciava pubblicamente la vita (privata!) peccaminosa del tetrarca Erode prima di essere gettato in prigione e poi decapitato (sorte riservata ai profeti disarmati); e non sarà certo un caso se Matteo fa cominciare la predicazione del Messia proprio con la stessa esortazione del Battista: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino”.   Anche il Papa ha sentito l’urgenza e il bisogno di esortare il mondo (solo il mondo pagano?) alla conversione e – dal momento che siamo in Quaresima – i credenti in Cristo a uno stile di vita, se non proprio ascetico, almeno sobrio e che sia testimonianza della fede nell’azione redentrice della grazia di Dio, perché, ha tenuto a precisare  Benedetto XVI, non siamo noi a convertirci ma “E’ Dio che ci converte e ci offre ancora il suo perdono, invitandoci a tornare a Lui per donarci un cuore nuovo.” E qui siamo di fronte a uno dei nodi più intricati e discussi della dottrina cristiana: se la conversione è opera della grazia di Dio, e Dio ama tutte le sue creature senza distinzione (anzi, come un buon pastore ama di più la pecorella che si è smarrita) perché questa grazia non agisce su tutti i cuori di pietra, trasformandoli, come dice Ezechiele, in cuori di carne? Perché – risponderebbe il Papa teologo – il Padre nostro, che ci ama, ci vuole sì convertire, ma non contro o a dispetto della nostra volontà, perché ci vuole salvi ma ci vuole anche liberi,  e se ci obbligasse a convertirci e a tornare a Lui perdonati, ci  priverebbe della nostra libertà. Inoltre una vera conversione non può avvenire senza un sincero pentimento, e quindi il Padre nostro che ci ama, pur soffrendo, non può perdonare chi prima non si pente. Ecco perché non tutti i cuori di pietra si trasformano in cuori di carne: ci sono dei cuori che vogliono rimanere di pietra, e il Signore li accontenta. Pensiamo al caso di Lucifero: non potrebbe, in fondo, pentirsi a un certo momento di tutto il male che ha seminato nel mondo (e forse anche fuori dal mondo, se è vero che esisteva prima che il mondo fosse)? Che cosa glielo impedisce? Nient’altro che la sua volontà – la sua ostinata , proterva e inguaribile invidia – e, di fronte a tanto e tale rifiuto, Dio non può far altro che prenderne atto. Ma sarà proprio così?  Non potrebbe il Dio Padre onnipotente compiere uno dei suoi famosi miracoli, e toccargli il cuore (ammesso che un puro spirito come Lucifero ne abbia uno)? Se non lo fa avrà le sue buone ragioni,  per noi imperscrutabili, ma in ogni caso sante, dal momento che Dio è santo per definizione. Eppure almeno in un caso  – se in altri non sappiamo – ha fatto un’eccezione: ha toccato il cuore, e anche la vista e la lingua, a Saulo prima che questi si pentisse del male che faceva perseguitando i cristiani: “Saulo frattanto, sempre fremente minaccia e strage contro i discepoli del Signore, si presentò al sommo sacerdote e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco al fine di essere autorizzato a condurre in catene a Gerusalemme uomini e donne, seguaci della dottrina di Cristo, che avesse trovati. E avvenne che, mentre era in viaggio e stava per avvicinarsi a Damasco, all’improvviso lo avvolse una luce dal cielo e cadendo a terra udì una voce che gli diceva: ‘Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?’ Rispose: ‘Chi sei, o Signore?’ E la voce: ‘Io sono Gesù, che tu perseguiti! Orsù, alzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare…..”(At 9, 1- 6). In questo caso Dio ha costretto Saulo ad obbedirgli in tutto e per tutto, quindi non è vero che Dio accetta sempre il libero volere degli uomini e che “non può” salvare chi non si pente. O sbaglio? Probabilmente, anzi, certamente, Papa Benedetto mi direbbe che sbaglio, forse perché mi fido più del mio debole intelletto che non di quello infinito di Dio. E poi perché pretendo di capire o svelare cose nascoste fin dall’origine del mondo,  mentre dovrei solo ricordarmi di essere  polvere e che tornerò alla polvere: memento homo quia pulvis es et in pulverem reverteris.

7 pensieri su “Mercoledi’ delle ceneri

  1. “memento homo quia pulvis es et in pulverem reverteris”.
    Qualcuno però potrebbe anche obiettare che tale “giudizio” diventa persecutorio nei confronti di chi è allergico alla polvere….!
    Non è vero, prof. Sguerso?

  2. Nemesi cara,
    è vero che l’ignoranza abbonda e l’ignoranza tra un accusativo e un ablativo può essere poca cosa per chi da decenni non manipola più “le belle Lettere” come, sembra, faccia lei. Accusativo o ablativo? La mia memoria mi porta all’accusativo usato dal prete mentre sporcava il mio cuoio capelluto di ragazzino di cenere della sua stufa, ma lei mi invita all’ablativo. Lei resta anonima ma il prof. Fulvio Sguerso che da Filosofo di “Latinorum” ne sa, mi fa pensare che o la sua nemesi è infondata o sono in buona compagnia. Wikipedia, per inciso, mi da l’accusativo … Lei, così maestra nello stile SMS che mi dice?
    Cordiali saluti
    etimo (cor, cordis…)
    Giangastone

  3. Dottor Sguerso, lai mi lascia sempre senza parole con la sua grande cultura, espressa sempre con misura e garbata eleganza. Uno dei, mi consenta, rari e pregevoli esempi di eccelso giornalismo su questo giornale.
    Con ammirazione
    Ester

  4. La Chiesa, gentile Civetta, con il rito delle Ceneri ci ricorda i nostri limiti, le nostre impurità, i peccati che riempiono il cuore di cenere e di polvere; è quindi un richiamo all’umiltà, alla confessione e alla penitenza, e ci esorta a “convertirci” (non si è mai convertiti del tutto, finché siamo vivi), cioè a permettere che lo Spirito di Dio agisca in noi, e ci trasformi, facendo di noi degli esseri nuovi, perchè, come ha ricordato il Papa, è Dio che opera la nostra conversione, non siamo noi con le nostre deboli forze e la nostra fragilità, simboleggiata dalla polvere, che ci convertiamo. Naturalmente per chi ha la fede che, come insegna il catechismo, è anch’essa un dono di Dio (come d’altronde la vita stessa). Ora qualcuno potrebbe obiettare che, così come ci siamo data la vita, non possiamo darci da soli neanche la fede. Infatti, anche la fede si ha per grazia ricevuta. E il perdono? Per averlo bisogna almeno chiederlo (cfr.la fine del Don Giovanni di Mozart).

    In pulvere o in pulverem? In pulvere (ablativo)potrebbe andare se fosse complemento di stato in luogo, ma qui si tratta di moto a luogo: “tornerai
    alla polvere” , quindi ci vuole l’accusativo “pulverem”. Mi dispiace (ma fino a un certo punto) per la signora, o signor, “Vendetta”, ma prima di correggere gli altri……..

    Alla gentilissima Ester: la ringrazio; ma sa, non vorrei correre il rischio, librandomi troppo in alto, di precipitare in basso loco, e di annegare come Icaro nell’Egeo.
    Con stima e riconoscenza.

  5. Grazie prof. Sguerso per la chiarissima spiegazione. Il mio “latinorum” istintivo di tanti decenni fa, al fine non era sbagliato. Della cosa, le confesso, sono rimasto molto compiaciuto.
    Cordialità
    Giangastone

  6. Carissimo Dottor Fulvio Sguerso,
    Come sempre, Lei ci offre pagine molto belle che fanno riflettere intensamente.
    Con questo suo articolo mi fa ricordare un episodio di circa dieci lustri passati. Ricordo, infatti che, quando fungevo da capo cameriere in un famosissimo ristorante e albergo di Palm Beach, Florida (The Play House), veniva tutti i giorni a pranzare uno degli uomini più ricco d’America:
    Willy Donahue, primo cugino della famosissima miliardaria “Barbara Hutton”, quella che sposò il famoso play boy Porfilio Rubirosa e lo divorziò dopo quaranta giorni.
    Donahue voleva essere servito sempre da me, e ricordo che prima di pranzare mi richiedeva alcuni Martini dry, non ne sapeva fare a meno, Bevevo alcolici anche durante il pasto.Ma la cosa che mi lasciò impressionato fu quando il giorno di Ash Wednesday rifiutò qualunque bevanda alcolica e fece durare tale astinenza fino alla fine dei giorni quaresimali.
    Ho voluto raccontare tale episodio inedito per esprimere una testimonianza sulla validità e rispetto della quaresima che finanche tra gente ricchissima vi si trovano penitenti e rispettosi della quaresima.
    Un cordiale saluto, Alfredo

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