Avvocato, scelta di libertà (contro la mediazione obbligatoria)

Angelo Cennamo

L’idea secondo cui gli avvocati rappresentino una casta chiusa, o peggio una lobby, non ha nessun fondamento. Nè ha senso equiparare l’avvocatura alle attività dei notai e dei magistrati, ancorate a vincoli e modelli statuali che le sottraggono ad una gestione tipicamente autarchica. Chi decide di intraprendere la professione di avvocato sa bene di incamminarsi per una strada impervia, scivolosa, e di non ricevere in cambio alcuna protezione o garanzia sindacale. Ad un avvocato sentir parlare di “lavoro precario” fa sorridere, perchè lui, nel precariato, ci sguazza da sempre, e con esemplare naturalezza. Ma è proprio la flessibilità estrema a rendere la professione dell’avvocato diversa da tante altre, e a liberarla da uno schematismo precostituito, o, se vogliamo, dal paradigma della certezza. Quella dell’avvocatura è una scelta di vita costantemente in bilico tra il coraggio e la follia, oggi più che mai. Essa si nutre di una passione sconfinata e non può prescindere dalla solitudine. La solitudine dell’avvocato varca ogni confine introspettivo, tempra il cuore e il fegato alle intemperie della vita – la propria e quella degli altri – nella ricerca perenne del giusto compromesso tra cinismo e senso del dovere. Il prezzo da pagare è altissimo, ma all’interno di ogni studio legale alberga un bene prezioso, un privilegio concesso a pochi : la libertà. Non c’è avvocato dove non c’è libertà! E chi legifera per snaturare l’avvocatura, per ridimensionare i suoi spazi vitali, la condanna inesorabilmente alla morte. L’abolizione dei minimi tariffari e del divieto di pubblicità introdotti nella precedente legislatura avevano rischiato di trasformare gli avvocati in anonimi consulenti legali, in impiegati di medie o grandi società al servizio di dirigenti che ne avrebbero limitato, se non annientato, l’autonomia e l’indipendenza, da sempre valori fondanti ed insostituibili della professione. Far passare taluni provvedimenti ( le lenzuolate)  per delle liberalizzazioni fu del tutto fuorviante. Ma non meno illusorio è il tentativo, da parte dell’attuale governo, di risolvere i problemi della giustizia civile, in particolar modo, delegandoli ad organi giurisdizionali di dubbia competenza e provenienza. E’ illogico oltre che inopportuno ritenere che l’ingente mole dei procedimenti pendenti possa essere smaltita rottamando i cardini delle istituzioni processuali, e per giunta sottraendo agli avvocati il compito e la funzione di patrocinare. La forzatura della mediazione obbligatoria, così come concepita dall’attuale governo, è uno strumento inaccettabile e poco dignitoso per la classe forense. Piuttosto che ridurre il carico dei tribunali, esso finirà per ingolfare i “nuovi Fori”, chiamati a conciliare, non si sa bene come, contenziosi che, al contrario, meriterebbero migliori approfondimenti e tecnicismi. Sarebbe un altro duro smacco ad una classe di professionisti, già vessata dagli esorbitanti costi di gestione e da una innaturale prolificità.

 

Un pensiero su “Avvocato, scelta di libertà (contro la mediazione obbligatoria)

  1. con tutta la gente che litiga, il lavoro agli avvocati non manca di sicuro. Trovarne uno che faccia davvero il tuo interese e sia ligio al dovere è dura. trovarne uno che non scenda a patti poi è durissima. Auguri a tutti gli avvocati di non perdere la bussola trada facendo.

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