Il fine vita
In questi giorni è all’esame della Camera dei deputati il disegno di legge sul “Fine vita”, meglio conosciuto come “Testamento biologico”. Il progetto prevede che ciascuno, nel pieno delle proprie facoltà mentali, possa redigere una dichiarazione anticipatoria nella quale esprimere il consenso o meno a determinati trattamenti sanitari, nel caso in cui dovesse perdere coscienza. E di nominare un proprio fiduciario che si adoperi per garantire il rispetto e l’osservanza delle stesse indicazioni. La dichiarazione, dice il ddl, non è vincolante ma ha valore di orientamento, ed in caso di conflitto tra il parere del medico e quello del fiduciario, deve prevalere la decisione del primo. Il principio ispiratore del progetto di legge è in parte contenuto nell’art. 32 della costituzione, secondo cui nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario. La norma ovviamente si riferisce ad individui che possono esplicitare la loro volontà in quanto coscienti. Ma come comportarsi quando tale volontà non può essere manifestata perchè l’interessato è entrato in coma o in uno stato vegetativo? La materia, come si vede, è ostica e si presta a mille distinguo e sfumature. Di conseguenza anche l’approccio ai diversi tentativi di regolamentazione che si sono succeduti nel tempo è diventato oggetto di polemiche di carattere ideologico, e purtroppo anche di strumentalizzazioni politiche. I casi recenti di Piergiorgio Welby e di Eluana Englaro hanno fatto molto discutere, in tal senso. Ma la confusione e soprattutto l’errata comparazione tra le due vicende ha finito per svilire il tema trasformandolo in una rissa tra pro e contro, come spesso si conviene nell’Italietta delle stupide contrapposzioni, dove la figura del nostro presidente del consiglio diventa la cartina di tornasole per qualunque argomento. Cosa è la vita, quando inizia, quando finisce, e soprattutto a chi appartiene, sono interrogativi che da sempre dividono i cattolici dai cosiddetti laici. Su un punto le due categorie non sono in aperto contrasto tra di loro : la vita umana non appartiene allo Stato, ma a Dio ( per i cattolici), e a noi stessi ( per i laici). E allora, da cittadini di una democrazia liberale e laica non possiamo che convenire sul fatto che la legge in discussione alla Camera sia quantomeno pasticciata, per non dire contraddittoria rispetto alla volontà del dichiarante, il quale non potrà decidere della propria vita, ma solo orientare il parere del fiduciario, a sua volta sottoposto al giudizio del medico. Cui prodest?