Parole Africane: Jambo (salve)

Padre Oliviero Ferro

Quando vai in una casa africana, la prima cosa che si dice è “Hodi”(permesso, posso entrare). Dall’interno ti rispondono “Karibu”(avanti, sei il benvenuto). E allora il “jambo”(salve, ti saluto) nasce spontaneo: viene dato e viene ricevuto. E’ un rito, è un segno di rispetto verso chi ci riceve, che ci viene reso con uguale rispetto. E’ il segno che io mi sono accorto che entro in contatto con una persona e non con una cosa. E’ l’incontro di due realtà, di due mondi che incominciano a condividere alcuni momenti di vita. Naturalmente il “jambo” viene dato con il sorriso,con il cuore aperto. Fa stare bene chi lo dà e chi lo riceve. Poi, tutto può incominciare, o meglio, continuare. Abbiamo preparato il cuore all’incontro. Ora ci si può sedere uno di fronte all’altro e vivere attimi importanti, da ricordare. Il mio “jambo” rimarrà nel ricordo della persona visitata. Sarà il segno che, anche se vengo da lontano, mi sono fatto vicino a lei e questo le ha portato speranza, coraggio. Salutare è importante, me lo dicevano sempre i miei genitori. Soprattutto, salutare tutti, senza distinzioni. Quante volte le persone me lo hanno fatto notare che si sono meravigliate che, camminando tra le case del villaggio dove avevamo la parrocchia in Camerun, salutavo tutti, anche se non li conoscevo. Era bello, perché, dopo la loro sorpresa, anche loro rispondevano al saluto. Un inizio di una amicizia che avrebbe fatto nascere qualcosa di bello.