Nubi ancora una volta preoccupanti sul nostro Paese

Fulvio Sguerso

Questo è il motivo conduttore, o, se si preferisce, il “basso continuo”  che caratterizza  la prolusione letta dal cardinal Bagnasco al Consiglio  della Cei, tenutosi ieri ad Ancona. Tutti gli occhi, o meglio gli obiettivi e le antenne dei media erano puntati,  et pour cause,  sul discorso ufficiale del presidente della Conferenza dei vescovi italiani, di cui  si aspettava di conoscere il “taglio” e la gravità delle ammonizioni pastorali, dopo quella esplicita del Segretario di Stato,  che ha fatto sue le parole del Presidente Napolitano, e quella pronunziata dal Papa stesso davanti a una platea di poliziotti – riservate alla condotta, e quindi alla persona stessa dell’attuale primo ministro, in relazione alle gravi (anzi “insopportabili” secondo il direttore dell’Avvenire) accuse che lo riguardano, e che non possono non turbare profondamente non solo la coscienza dei cattolici ma quella di tutti gli italiani, credenti, non credenti o agnostici che siano. Ebbene, la tonalità è stata – né poteva essere altrimenti – alta e solenne, e le ammonizioni gravi e severe ma distribuite, diciamo così, ecumenicamente sui vari attori del dramma che si sta rappresentando sui mezzi di comunicazione di massa, e soprattutto sul mezzo più diffuso e seguito non solo dal pubblico nostrano  ma del mondo intero: la televisione (per non parlare delle immagini che viaggiano su Internet). “La collettività guarda sgomenta gli attori della scena pubblica, e respira un evidente disagio morale…..Troppi oggi, seppure ciascuno a suo modo, contribuiscono al turbamento generale, a una certa confusione, a un clima di reciproca delegittimazione. E questo potrebbe lasciare nell’animo collettivo segni anche profondi, se non vere e proprie ferite…..Notizie che riferiscono di comportamenti contrari al pubblico decoro e si esibiscono squarci, veri o presunti, di stili non compatibili con la sobrietà e la correttezza, mentre qualcuno si chiede a che cosa sia dovuta l’ingente mole di strumenti di indagine.” Dunque vediamo un poco: ci sarà  mai un attore della scena pubblica che contribuisce più di altri a turbare le coscienze degli italiani (e delle italiane), oppure su questa scena sono tutti, per così dire, comprimari? E se qualcuno svettasse sugli altri, non sarebbero indirizzate soprattutto a lui le ammonizioni episcopali? Dopo tutto il cardinal Bagnasco non ha fatto nessun nome, confidando nell’evangelico “chi ha orecchi per intendere intenda”. Questo vale indubbiamente anche per “l’ingente mole di strumenti investigativi” messa in campo dalla Procura di Milano, e per i “tranelli” tesi da una istituzione contro un’altra. Come dire che  certi magistrati sono un po’ troppo zelanti quando si tratta di “incastrare” il premier (il quale, sia detto inter nos, sa benissimo incastrarsi per conto suo)? Parrebbe proprio di sì; e in tal modo è fatta salva la debita prudenza ed equanimità nei giudizi e nei richiami provenienti dalle temute e corteggiate gerarchie ecclesiastiche. E nondimeno, a chi legga attentamente e nella sua interezza la prolusione del cardinale, non sfuggirà l’accentuata preoccupazione riguardo ai modelli valoriali che tanti, anzi troppi attori presenti nella scena pubblica e anche, data appunto l’invadenza onnipervasiva dei media, privata, offrono all’immaginario di una gioventù frastornata e illusa dai  fondali di cartapesta o di plexiglas e dai lustrini di un successo senza qualità, e da quella che il sociologo Gian Paolo Ceserani già negli anni settanta del secolo scorso ha chiamato “la vita facilitata”: “Nella realtà odierna troppo spesso prevale una rappresentazione fasulla dell’esistenza, volta a perseguire un successo basato sull’artificiosità, la scalata furba, il guadagno facile, l’ostentazione e il mercimonio di sé. Se si ingannano i giovani, se si trasmettono ideali bacati, cioè guasti dal di dentro, se li si induce a rincorrere miraggi scintillanti quanto illusori, si finisce per trasmettere un senso distorcente della realtà, si oscura la dignità delle persone, si manipolano le mentalità e si depotenziano le energie del rinnovamento generazionale.” A chi alluderanno i vescovi quando parlano di “artificiosità” o di “guadagno facile” o di “ostentazione e mercimonio  di sé”? A quali giovani o giovinette di belle speranze? E chi è che dà “cattivi esempi”? Eh sì, cardinal Bagnasco: “Nubi ancora una volta preoccupanti si addensano sul nostro Paese”.

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