Un grave pericolo per la democrazia del nostro Paese

Giuseppe Lembo

Il nostro Paese, ormai in una condizione di coma irreversibile, ha bisogno di tutto, tranne che degli incendiari. Mettere a ferro e a fuoco Roma, in una triste giornata di dicembre 2010, è stato un atto grave, assolutamente irresponsabile ed ingiustificabile. Grazie alle forze dell’ordine, intelligenti, ma non sempre riconosciute come tali, vigili servitori dello Stato, si è evitato il peggio. Per puro miracolo non c’è scappato il morto; era quello che tanti provocatori volevano; era quello che si cercava per alimentare quel pericoloso clima di tensione che da Roma si sarebbe poi dovuto diffondere a macchia d’olio ad altre città italiane. Ma, soprattutto, tra chi ha il compito di difendere il Paese ed i suoi cittadini, un prezzo è stato pagato e non da poco conto. La follia umana, di giovani senza futuro ed impegnati ad attuare il tanto peggio, tanto meglio, ha provocato feriti, tra le forze dell’ordine e danni enormi a luoghi che meritano un sacro, civile rispetto; il clima di una città ferita da una folle guerriglia urbana, ha fermato il tempo su Roma, per l’intera giornata di martedì 14 dicembre 2010. Altre e nuove situazioni, di aggressioni e di violenza, ormai dimenticate dai più, sono apparse necessariamente sotto il cielo di Roma, creando un forte clima di tensione e di allarme sociale per tutte le possibili conseguenze per la normale vita della città e del Paese. A chi giova mettere a ferro e fuoco Roma? A chi giova il clima di tensione che ci riporterebbe indietro negli anni bui del terrorismo? A Roma il 14 dicembre 2010, non è prevalso il diritto di chi voleva essere ascoltato per difendere la propria salute, il proprio futuro, i propri principi di etica condivisa, dal silenzio delle istituzioni. Non è prevalso questo; non è stato per niente questo. Si è trattato di altro, con l’obiettivo manifesto di creare il caos, il disordine, l’allarme sociale. Non è così che si difendono i diritti e la democrazia. La violenza, qualsiasi forma di violenza, è contro la legalità, contro i principi della convivenza pacifica e necessaria al futuro del nostro Paese, per evitarne percorsi pericolosi, assolutamente non condivisi e dannosi alla vita dell’insieme sociale. La rabbia, la violenza dei black bloc o dagli anarchici, non possono trovare condivisione né umana, né sociale; il loro sfascismo, la loro volontà di vandalizzazione contro tutto quanto rappresenta il capitalismo e la sua simbologia, è un modo violento assolutamente ingiustificato ed illegittimo. Il centro storico di Roma, il cuore politico ed istituzionale della Capitale d’Italia, in un giorno particolarmente difficile e triste per la vita democratica del nostro Paese, ha vissuto il ritorno di una stagione di violenza che si pensava ormai cancellata e per sempre. Un nuovo terrorismo, un nuovo clima di violenza sfascista non giova a nessuno e tanto meno a chi “sfascia”, pensando poi al cambiamento delle cose.Così, non si fa altro che uccidere la speranza; così, non si fa altro che, porre una pietra tombale sul proprio futuro, diventando per chi ne ha diritto (soprattutto nel mondo giovanile), un diritto assolutamente negato. Occorre responsabilmente, non farsi coinvolgere dai protagonisti violenti dal tanto peggio, tanto meglio. Occorre saper riflettere e trovare insieme, soluzioni condivise ed utili al bene comune, a quel bene comune, frutto dei diritti e dei doveri di ciascuno, il solo a poter dare a tutti le garanzie di un mondo nuovo in cui ciascuno, nessuno escluso, può pensare al futuro, come futuro possibile. Personalmente, pur essendo di età adulta, ma fortemente vicino agli anni ed agli animi del mondo giovanile che, a ragione, grida al proprio futuro, non riesco a condividerne alcuni loro atteggiamenti, quali lo sfascio fine a se stesso e soprattutto il senso diffuso del disimpegno a pensare alle cose possibili che possono dipendere solo dal proprio impegno; l’indifferenza e l’immobilismo, la protesta, frutto di una contaminazione scriteriata senza se e senza ma e la rassegnazione al familismo come stile di vita dal quale, si pensa di non poterne uscire, perché trattasi di destini ormai segnati, produce solo ed in tutto profondi guasti umani e sociali. Il diritto allo studio, il diritto al lavoro, il diritto a conservare sempre la propria dignità di uomini, sono diritti fondamentali ed inalienabili della persona e pertanto, come tali, assolutamente legittimi.

Quello che non va giustificato è l’atteggiamento sfascista, spesso fatto proprio, con il complice compiacimento delle generazioni adulte che, comunque, si esaltano ed esaltano tutte le azioni che vengono dal mondo giovanile senza distinzione alcuna, anche se trattasi di azioni negative ed indifferenti anzi pericolose per il futuro che verrà. Come tali, per me non sono né tollerabili, né giustificabili. Non sono assolutamente giustificabili quei due milioni di giovani italiani che non studiano e non cercano lavoro, compiacendosi di vivere alle spalle delle generazioni adulte da cui si fanno mantenere e verso cui manifestano, come riconoscimento, la lotta ed il proprio odio di generazione, a loro dire, tradita. C’è molto da riflettere sul rapporto generazionale. Gli adulti possono avere anche dei torti nell’accelerazione degli attuali processi consumistici e mediatici spesso ingannevoli. Ma il conto generazionale, oggi non è più di questo o quel paese; è sempre più un problema di conto globale che riguarda i cambiamenti epocali e non solo quelli, di tutto il mondo. Anche le attese umane sono oggi diversamente distribuite. È finalmente in crisi la situazione dei privilegi umani di questa o quella parte del mondo. Si fa, invece, sempre più strada, la stagione dei diritti garantiti per tutti, di tutti del mondo, compresi quelli i quali, un tempo non lontano ed in molte parti ancora oggi, erano i dimenticati della Terra, gli ultimi, gli esclusi da tutto, compreso anche lo stesso diritto alla vita. Cari giovani italiani, vi sono affettuosamente e lealmente vicino; non ho alcun interesse di parte o privilegi particolari da garantirmi per manifestarvi ipocritamente una forma di solidarietà di sola facciata. Non è nel mio DNA di libero pensatore e soprattutto di uomo libero, apparire per quello che non penso e non sono. Ho una forte umanità dentro che mi fa essere sensibile ai problemi umani sia particolari che in generale globali. Il mondo giovanile del mio Paese io lo vedo come una parte importante di quella società-mondo verso cui andare per poi essere tutti insieme, attivi protagonisti di quella Terra-Stato, la terra promessa che segna il cammino degli uomini del mondo; oggi più che mai c’è bisogno di un insieme sociale fortemente solidale e capace di capire a fondo non solo le proprie ragioni, ma anche le ragioni degli altri che, purtroppo, spesso sono in contrasto con gli egoismi del mondo dei privilegiati; tanti, per fame, muoiono in una condizione di profonda indifferenza umana che, purtroppo, uccide. L’Italia, è ammalata; con l’Italia ammalata, c’è anche una gran parte di quella società del benessere del mondo, ostinatamente ferma a garantirsi i privilegi conseguenti alle proprie condizioni di privilegio; ma l’umanità in cammino non si ferma; non conosce ostacoli. Avendo superato la propria condizione di stanzialità, come società-mondo, cerca di fare propri tutti i diritti da sempre negati e prima tra tutti, il diritto alla vita, un diritto ancora negato a tanti che muoiono per fame. Nel rivendicare i tuoi legittimi diritti, caro amico giovane del mio Paese, tieni bene in conto i cambiamenti epocali in atto ed il diritto alla vita di tanti costretti a morire nel mondo per fame. Il vostro futuro non è un futuro di privilegi. Voi con le nuove generazioni della Terra-Stato, vivrete un insieme sociale nuovo e completamente diverso. Godrete di minori privilegi delle cose, ma certamente sarete più ricchi di umanità solidale. Cominciate a pensare a questo percorso d’insieme; cominciate a ridurre la vostra rabbia per quel rivendicazionismo che non vi porta da nessuna parte. Come uomini nuovi di nuove generazioni, organizzate i vostri stili di vita finalizzati più agli uomini che alle cose; così facendo, vi sentirete rinati dentro ed attivamente pronti a combattere per altri obiettivi che sono assolutamente nuovi e diversi rispetto alla vostra odierna cieca rabbia di mettere a ferro e fuoco Roma e l’Italia, magari facendo pagare il conto a chi vedete come i vostri peggiori nemici per quel vostro futuro negato, la cui prima causa non è tanto quella del loro egoismo generazionale, quanto il sommovimento umano di quella umanità in cammino che, più di voi, rivendica il diritto alla vita, il primo diritto della famiglia umana, se non vuole apparire disumana e barbara.