Caggiano: in ricordo di Rosario Lo Russo, altra vittima bianca

 Michele D’Alessio

Sono passate appena poche ore dal funerale,(avvenuto Giovedì 23 dicembre) e davanti alla Chiesa dove si è dato l’ultimo addio a Rosario; si prepara, già per la Messa di Natale, sembra che sia tornata la solita routine di sempre; sembra che il paese e la stampa, forse, in apparenza, abbiano dimenticato tutto, come la nebbia o la foschia di questi giorni che si dissolve al tiepido sole, ormai, forse quel nome Lo Russo, è diventato solo una cifra da “morte bianca”: tante facce che diventano una sola “anonima”. Rosario Lo Russo, aveva 58 anni, era di Caggiano, sposato con due figli, dopo aver lavorato per alcuni anni sull’ A3 nei cantieri di ammodernamento dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria con la con la ditta “Pizzarotti”, (una delle più grandi società  costruzione di infrastrutture con sede a Parma). Finito il tratto autostradale  Rosario, come è accaduto a tanti operai che hanno lavorato in questi cantieri, si trasferisce insieme al figlio, in un altro cantiere stradale per la realizzazione di una galleria, lungo il percorso Foligno-Colfiorito. E’ qui, che sono in corso grossi lavori inseriti nel progetto del nuovo tratto autostradale  Umbria-Marche. Fino a quel tragico venerdì 17 Dicembre. Sono passate poche ore dall’inizio del turno, quando si sente un botto secco improvvisamente, una trave o meglio una centina ad arco (casseformi ad arco, struttura in acciaio utilizzata per il consolidamento delle gallerie) ancora in attesa di essere completamente installata, si è sganciata dal suo alloggiamento, finendo per travolgere in pieno Rosario. Le condizioni sono apparse subito gravi, sono stati gli stessi colleghi di lavoro a chiedere l’intervento del 118, che ha inviato sul posto, un’ambulanza. Tutto questo è accaduto sotto gli occhi del figlio che era al momento in cui si è verificato l’incidente  a pochi metri. Gli operatori del 118 ,del locale pronto soccorso  territoriale, hanno tentato disperatamente di rianimarlo, ma non c’è stato nulla da fare. Secondo gli accertamenti, le cause del decesso sarebbero da attribuirsi allo schiacciamento della gabbia toracica, che avrebbe prodotto gravissime lesioni agli organi vitali. In seguito all’intervento delle forze dell’ordine, la salma è stata messa a disposizione dell’autorità giudiziaria  per l’autopsia. Dopo le decisioni dalla magistratura la salma è rientrata a Caggiano (Mercoledì 22) dove, Giovedì in mattinata,  si sono celebrati i  funerali dell’ennesima “morte bianca”.Soltanto in questo mese i morti sono stati 28 (rispetto ai 25 dell’ anno scorso). L’ultima vittima campana, un operaio, Angelo Frattasi, 57 anni, morto sabato scorso a Benevento. Sull’episodio sono in corso accertamenti. E’ caduto dal balcone mentre tentava di riparare la caldaia di un’abitazione privata., mentre solo Mercoledì  scorso, sono morti tre operai. In Italia si continua dunque a morire di lavoro, a volte anche nell’anonimato. Due righe di cronaca nera e la pratica si chiude. Per questo ne vogliamo parlare, ricordando un po’ tutte le vittime. L’ultima volta che si era parlato di sicurezza sul lavoro con inchieste, grandi titoli sui giornali e commenti politici, era stato per la Thyssen Krupp di Torino. Mesi dopo per la Umbria Oli. Davanti al grande evento sono in tanti a occuparsi delle vittime della guerra del lavoro. Più difficile, invece, farlo nella normalità dello stillicidio quotidiano che trova spazio a mala pena nei giornali locali.Persino ricostruire i numeri è un rebus. Tra le tabelle pubblicate per esempio sul sito dell’Anmil (Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi del Lavoro) e il contatore del sito dell’associazione Articolo 21 ci sono differenze rilevanti “ …i morti sui luoghi di lavoro sono 561, se si aggiungono i morti in itinere o sulle strade come gli agenti di commercio, autisti ecc. si raggiungono già 1040 vittime; rispetto all’anno scorso registriamo un aumento del 3,6% confrontando i dati allo stesso periodo del 2009”. Ma per queste morti solo una fatalità  o  il destino cinico e baro? Oppure non c’entra? Può essere  frutto di una fatalità o è il  risultato, tragico quanto prevedibile, dell’assenza di rispetto per la vita dei lavoratori? Nel nostro caso stando al ricordo dei suoi amici di classe ’52 “ Rosario Lo Russo era un operaio esperto – lo ricorda così  il suo amico  Prof. Pasquale Pucciarelli – e da anni lavorava nel settore dell’edilizia. Era un operaio esperto, sempre attento e  sicuro, non ha commesso alcuna leggerezza che possa essergli costata la vita. E’ stata solo una drammatica fatalità.  Faceva il pendolare e da tempo insieme al figlio lavorava in varie zone dell’ Umbria.  A Caggiano  tornava una o due volte al mese, era molto conosciuto e stimato da tutti. La notizia della morte ci ha colti di sorpresa, ci ha sconvolto. Essendo coetanei siamo cresciuti insieme, fin dai tempi della scuola.  Era una bravissima persona ed un grande lavoratore, tutto dedito alla famiglia. Rosario ci mancherà, ci mancherà la sua allegria, la sua compagnia, è assurdo che si possa perdere la vita in questo modo.” Le morti di queste persone, di solito, diventano “notizie bianche”. E non finiscono neanche nelle statistiche. Mentre ancora ci si interroga a livello nazionale se attribuirne le responsabilità ad eventuali mancanze da parte della classe imprenditoriale edile oppure a quella dei lavoratori troppo accomodanti con i datori pur di salvaguardare il proprio stipendio, il problema delle morti bianche è ancora un argomento attualissimo e, purtroppo, non privo di conseguenze, spesso fatali, per gli operai di tutti i cantieri italiani. Quelle sul lavoro, si chiamano morti bianche. Esattamente come quelle dei neonati in culla, che restano ancora un mistero per la scienza. Ogni morte sulla strada, per quanto inutile, una spiegazione però ce l’ha: nella migliore delle ipotesi, purtroppo rarissima, è un guasto meccanico o una buca sull’asfalto. Nella maggioranza dei casi, invece, si tratta di veri e propri crimini stradali commessi senza ragione, come la guida in stato di ebbrezza o la velocità eccessiva. Le morti nei cantieri (fissi o mobili), possono essere classificate – pensate – a volte come semplici infortuni sul lavoro, altre ancora come meri incidenti stradali. Ma non si tratta né dell’uno, né dell’altro: se ci scappa il morto, un motivo c’è, ed è inaccettabile chiamare in causa la fatalità. La realtà è che queste morti non disturbano il sonno della gente, che scorre fuggevole lo sguardo sulla lettura delle notizie di cronaca e che nemmeno si sofferma ad osservare gli operai al lavoro, che cuociono nel riverbero del sole dei mesi estivi, o congelano imbacuccati come esploratori antartici nelle notti di gennaio. Spero solo che la morte di Rosario, come le migliaia di  vittime annuali, non siano inutili, ma che risvegli il buon senso di qualcuno, che la loro “tragica fatalità”, non resti solo un segno di dolore per la famiglia, una morte improvvisa che ti cambia la vita !!

 

 

 

 

Un pensiero su “Caggiano: in ricordo di Rosario Lo Russo, altra vittima bianca

  1. Salve, sono un’insegnante dell’I.T.I.S. “B. Focaccia”. Io credo che per sensibilizzare ariguardo l’opinione pubblica, sarebbe opportuno coinvolgere i ragazzi delle scuole superiori in una campagna di prevenzione dei rischi che gli incidenti sul lavoro sempre più spesso provocano. Per esempio, che so, si potrebbero contattare i referenti del progetto realizzato lo scorso dicembre nell’ambito del Festival del Cinema di Roma,che prevedeva una rassegna dedicata agli incidenti sul lavoro.

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