I vari nomi dei diavoli

 don Marcello Stanzione

Nella Sacra Scrittura gli autori sacri adoperano diversi nomi per indicare il diavolo come   realtà personale: Satanas, diabolos, Beelzeboul, daimonium. Satanas deriva dalla radice ebraica stn, «avversare, accusare». In Gb 1, 6-12; 21,7; Zc 3, Is 1; Cr 21,1 è l’accusatore degli uomini, che la LXX traduce con diabolos, da diaballein, «separare, accusare, calunniare, ingannare». Il termine diabolos compare nella LXX e nel NT. L’altro termine Belzeboul (o Belzeboub) ha un’origine incerta. In 2 Re 1,2s e 6,16 compare come «dio di Ekron», il ba’ahlz’bub, «signore delle mosche». Probabilmente deriva da ba’ahl zibbul, «signore del letame, della sporcizia. Daimonion è la forma diminutiva di daimôn, che a sua volta deriva dal verbo daiomai, «dividere, suddividere», come traspare dal nome daimôn adoperato nella letteratura greca per il dio dei morti che decompone i cadaveri. Nel NT troviamo 37 volte diabolos, 36 Satanas, 63 diamonion, 7 Beelzeboul. Nel NT si leggono alcune espressioni particolari per definire l’Avversario. Paolo adopera «Il dio di questo mondo» (2 Cor 4,4; una sola volta nel NT); ôn ho Theos ē koilia, «essendo il dio il ventre» (Fil 3,19); «potenze di questo mondo» (1 Cor 2,6.8); i «cosiddetti dei sia nel cielo sia sulla terra, e difatti ci sono molti dei e molti signori» (1 Cor 8,5). Sulla stessa linea troviamo in Giovanni (Gv 12,31; 14,30; 16,11) «principe di questo mondo». «Mondo» nel NT sta per il mondo presente, che nella prospettiva di Paolo (Gal 1,4) è un mondo perverso, in via di dissoluzione (1 Cor 2,6 «né dei dominatori di questo mondo che vengono ridotti al nulla» grazie al mistero pasquale di Cristo Signore (Ef 1,21). Mentre nel pensiero antico il demonio ha un potere eticamente e religiosamente neutrale, ed è in grado di influenzare il destino; nel NT, al contrario, il demonio designa sempre la realtà lontana da Dio e a lui nemica. Gli agiografi, quando parlano di questa «efficienza», non si basano solo sull’opinione comune, ma sulla parola di Cristo stesso che «accetta la loro realtà personale e nel manifestare agli uomini il messaggio di salvezza lo pone anche in rapporto, sia pure secondario, con gli angeli buoni, che possono essere loro di aiuto, e con quelli perversi, che possono loro nuocere unicamente se si cede alle loro seduzioni. Una verifica indiretta è data dal fatto che gli agiografi scartando l’opinione dei sadducci che non ammettevano «né risurrezione, né angeli, né spiriti», si trovano invece d’accordo con i farisei. Una tale scelta implica una precisa volontà e scelta, in linea con il messaggio di Gesù che corregge l’opinione dei farisei che lo accusano di scacciare i demoni mediante il potere di Satana come pure quella dei sadducei. In essa troviamo la chiara affermazione della scelta dell’uomo come interlocutore privilegiato di Dio Padre: “Però quel Gesù, che fu fatto di poco inferiore agli angeli, lo vediamo ora coronato di gloria e di onore a causa della morte che ha sofferto, perché per la grazia di Dio egli provasse la morte a vantaggio di tutti. Ed era ben giusto che colui per il quale e del quale sono tutte le cose, volendo portare molti figli alla gloria, rendesse perfetto mediante la sofferenza il capo che li ha guidati alla salvezza. Infatti colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine; per questo non si vergogna di chiamarli fratelli (…). Poiché dunque i figli hanno in comune il sangue e la carne, anch’egli ne è divenuto partecipe, per ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che per timore della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita. Egli infatti non si prende cura degli angeli, ma della stirpe di Abramo si prende cura. Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e fedele nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo. Infatti proprio per essere stato messo alla prova ed avere sofferto personalmente, è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova” (Eb 2,9-10.14-18).