Quale Futuro? Generazioni senza confronto

Giuseppe Lembo

Il confronto generazionale da sempre ha rappresentato una caratteristica di tutti i luoghi e di tutte le età.Purtroppo, soprattutto nel mondo occidentale, non è più così e/o comunque, il confronto tra una generazione e l’altra, non è una costante conseguente e scontata. Diventa sempre più una norma incontrovertibile, il non confronto, tanto da sviluppare in tal senso, studi, teorie ed analisi riferite alle “generazioni senza confronto”. Tra il mondo degli adolescenti e quello degli adulti manca il dialogo, il confronto; c’è una condizione diffusa di non comunicabilità. Si tratta di veri e propri mondi separati e sempre più impenetrabili; è soprattutto il mondo adulto che, pur volendo, non trova disponibilità alcuna da parte dei giovani a fare dei pezzi di strada insieme. Non succede. Il fatto che non succeda non provoca nessun dramma; provoca invece indifferenza. L’incompatibilità del mondo giovanile, si traduce in una condizione di un “non vedere”; e così, il dialogo giovanile sempre più incomprensibile appartiene alla sfera giovanile e basta. Non va oltre, anche se la denuncia sociale del malessere umano che di fatto non ha età, alza la voce, per richiamare l’attenzione di tutti; purtroppo, si tratta di un’attenzione apparente con caratteristiche più virtuali che reali. L’onnipotenza della TV e della comunicazione mediatica è al centro di tutto.  Tutto coinvolge; tutto plasma; tutto plagia ad immagine e somiglianza di quel virus onnipotente del potere (il dominus  indiscusso del mondo globale) che ha una grande presa sull’uomo videns del nostro tempo e coltiva con determinazione l’unico suo obiettivo che è quello di stordire la gente, soprattutto se giovane, per farla sfuggire alla noia del vuoto esistenziale. La mancanza di confronto generazionale ed il più generale “silenzio esistenziale”, provocano una situazione patologica di sofferenza diffusa, di disperazione profonda, di rabbia; suscita sentimenti ed abitudini autodistruttive, sempre più difficili da controllare. Vivere freddamente, senza calore umano ed in modo depersonalizzato, è un motivo di crescente solitudine e di “indifferenza” umana che va oltre il rapporto generazionale e riguarda l’uomo ammalato di uomo, sempre più narcisista ed annoiato. Il reale cede sempre più il posto a visioni imbevute di simbolismi immaginifici per cui assolutamente irreali che suscitano una grande sofferenza, con profonde radici soprattutto nel magma del disagio pubblico. Le generazioni senza confronto, producono una società sempre più perversa, in cui anche la madre – carnefice ed il figlio che uccide il padre, non sono più condizioni da metafora estrema; trovano, purtroppo, crescenti elementi di concretezza nella quotidianità che omogeneizza tutto al godimento del proprio apparire, del proprio successo, con assoluta indifferenza per tutto quanto appartiene al mondo. Questa è l’essenza della vita di oggi; tutto è subordinato al proprio narcisismo di uomo-mondo, del proprio egoismo, per cui si finisce con il credere che, oltre se stessi non esiste altro. La centralità dirompente ed a volte forsennatamente estrema del proprio Io è un male oscuro di cui soffre l’umanità; si estende a macchia d’olio soprattutto nel mondo del benessere dove, al primo posto, c’è l’apparire che travalica l’essere e finisce per rappresentare l’elemento più importante del proprio vivere e del proprio essere UOMO, insieme ad altri uomini, in tutto simili, l’un all’altro. Tutto questo è l’espressione di un malessere diffuso e di quella barbaria umana che è alla base della nostra storia e che fa apparire come fatto di grandezza, la grandezza dei corrotti, la ricchezza a tutti i costi, insieme al malaffare diffuso che porta a giustificare perfino il comportamento disumano della madre-carnefice e/o del figlio che uccide il padre, espressioni di una perversione sempre meno vista come condizione da metafora estrema.