La schiavitù sessuale delle donne
Nel rapporto tra i sessi uno degli aspetti aberranti è la forzatura dell’uomo a rendere sottomessa e schiava la donna. Particolarmente significativo è il silenzio della Chiesa, che in tema di sesso s’è sempre intromessa con piena autorità. Tuttora per lo più tacciono le autorità religiose. E’ noto a tutti che in Europa gli uomini, per proteggere il loro “onore” costringevano le mogli ad indossare le cinture di castità, congegni che provocavano gravi danni fisici e strazianti dolori, nonché l’umiliazione e la degradazione personale. Tutto ciò non preoccupava la Chiesa. La schiavitù tuttavia non nasce con il Cristianesimo, ma la troviamo invece nella civiltà dell’antica Grecia e nell’antica Roma. La Chiesa in epoca romana,seguendo l’insegnamento di Cristo, condanno la poliginia, rese più difficile il divorzio sia per la donna che per l’uomo, nel periodo medioevale lottò contro l’uso barbarico di ripudiare la moglie non più desiderata. Comunque la Chiesa non contrasto l’uso germanico di uccidere la moglie adultera, ne mai prese posizione contro l’uso di dare percosse alle mogli al fin di mantenere lo condizione di sudditanza delle stesse. La common law inglese, che regolava il rapporto di coniugio, permetteva all’uomo di picchiare la moglie se costei non soddisfaceva le richieste del marito, esattamente come i padroni usavano fare verso il loro schiavi. La common law fu presa a modello nel diritto della famiglia nelle colonie inglesi d’America, la donna (come gli schiavi) era una non persona tanto da non poter ricorrere in tribunale ne esservi citata, le loro eventuali proprietà entravano di diritto nel patrimonio del marito, un risarcimento che riferisse alla moglie scaturiva il risarcimento direttamente al marito. Ancora oggi in modo larvato ed in forma di tradizione si notano tracce di custodia forzata dell’uomo sulla donna, p. es. è ancora diffusa l’usanza del padre di accompagnare all’altare la figlia per poi consegnarla al prossimo marito. Sempre per la common law inglese se una donna uccideva il marito la pena che le veniva inflitta era quella di giungere alla morte tramite l’applicazione di vari tipi di violenze e torture praticate in pubblica piazza. L’unica professione (se così la si vuol definire) per la donna era fare la moglie e quindi sposarsi e rimanere sposata, anche se la situazione era penosa o addirittura insopportabile. Essere sposata per la legge significava che la moglie doveva sottostare a tutte le richieste sessuali del marito, come da contratto matrimoniale, solo alla fine del Ventesimo secolo è stato individuato il reato di stupro matrimoniale, che molte donne ancor’oggi ignorano continuando a sottostare a mariti violenti e impositori. Cosa che ci sorprende ma vera è che, ancor’oggi, le donne vengono rapite per poi essere rinchiuse negli harem, come scrive Kathleen Barry in Female Sexual Slavery, esistono racconti di testimoni oculari che parlano di vendite all’asta di schiave in regioni dell’Africa e dell’Asia, in cui donne (pesantemente drogate, talvolta con indosso ancora gli abiti portati al momento del rapimento) vengono vendute al maggior offerente. Spesso sono messe in vendita anche bambine, in una conferenza sulla schiavitù del 1991 è stata ben documentata un’asta pubblica del 1990, negli “slum” di Karaci, in cui venivano vendute bambine tra gli otto e i dieci anni, provenienti dal Bangladesh. Attualmente vengono vendute e comprate in India, Nepal, Thailandia. Molte di queste vendite vengono effettuate dai genitori medesimi. Cosa tremenda è che l’Interpol ed altre organizzazioni internazionali, che sono a conoscenza di questo commercio, non hanno fatto gran che. Si pensi che in Asia un milione di donne e bambine ogni anno vengono negoziate come merci senza interferenza degli Stati e nonostante le molteplici convezioni dell’ONU.
E’ veramente interessante e preoccuopante la tratta delle schiave che ancora oggi esiste. Stento a crederci e ne sono inorridita. Un pensiero va a quella ragazzina di Brembate può essere capitata la stessa cosa a lei?