Il nostro presente assoluto

Ferdinando Longobardi

 La cultura medievale è piena di testi in cui personaggi distanti nel tempo e nello spazio, come Nerone e Carlo Magno, Cesare o Alessandro, si condizionano reciprocamente, o addirittura compiono delle azioni in comune. Basta pensare alla Commedia di Dante, dove, con il sublime artificio di un viaggio all’aldilà, personaggi tra di loro separati da secoli nell’esperienza della vita terrena, si trovano uno accanto all’altro, vicino a demoni o a santi, puniti o glorificati. La situazione non è dissimile negli affreschi e non soltanto in quelli di tipo allegorico: prìncipi e politici, artisti e musici, contemporanei del pittore, vengono raffigurati accanto a celebri personaggi, sacri e mitologici, dei tempi andati. Nell’espressione religiosa l’atemporalità si unisce e si confonde con la perennità; il contesto sembra che non esista più, o meglio è disposto a inglobare qualunque oggetto, qualunque evento per dar luogo a una contemporaneità assoluta. Si può ricordare l’icona dell’Annunciazione, dove Maria, l’Angelo e Adamo ed Eva, quando ci sono, sono abbigliati alla maniera dei tempi del pittore, mentre nello spazio da loro abitato si presentano suppellettili assai improbabili duemila anni fa. Già nell’antichità, come sappiamo, incontriamo opere in cui l’esemplarità dei comportamenti, positiva o negativa, cancella l’ordine cronologico per dar vita alla memorabilità (“detti e fatti memorabili”), alla sequenzialità enciclopedica, all’accesso casuale, così da mettere in secondo piano la distanza storica degli eventi e dei personaggi fra di loro e rispetto a chi li osserva. La società liquida di oggi ci propone una soluzione simile, dando luogo a risultati che possono essere indicati, di volta in volta, a seconda delle idee e delle posizioni, drammatici, paradossali, stranianti coinvolgenti, o, se si preferisce, blob post moderni; insomma, in una sola espressione, comico-tragici. Sempre all’insegna dell’esemplarità, perché ciascun personaggio, celebre o comune, diventa rappresentante – suo malgrado – di qualcos’altro più generale e lontano da lui, perdendo immediatamente i contorni della sua singolarità.