In difesa dei baroni

Angelo Cennamo

In queste  ore, in parlamento, si decidono le sorti della riforma universitaria varata dal ministro Gelmini. Riformare l’università italiana è operazione che richiede grande coraggio, oltre che una buona dose di competenza. Qualità che Maria Stella Gelmini ha già dimostrato di possedere e che, ne siamo sicuri, non le verranno meno, a condizione, però, che la sua buona battaglia sia sostenuta da tutta la maggioranza di governo, a cominciare dal premier. Il ddl Gelmini parte dalla premessa che i nostri atenei sono complessivamente arretrati e poco competitivi rispetto a quelli degli altri paesi. Nessuna università italiana figura tra le prime cento al mondo : basta citare questo dato per comprendere le ragioni di un intervento che rappresenta una priorità ineludibile per la nostra classe dirigente e che pertanto non può essere più rimandato nel tempo. Le linee guida della riforma disegnano un sistema universitario più efficiente, nel quale il reclutamento dei docenti non avviene più in maniera frammentata, secondo logiche localistiche e clientelari, ma mediante un solo concorso nazionale da bandire ogni anno. Per ostacolare oltremodo i favoritismi, che negli atenei abbondano, è previsto che le commissioni esaminatrici vengano istituite con sorteggio. Non solo. Molti corsi di laurea ( oggi sono circa 5.000) verrebbero aboliti. Si tratta, perlopiù, di lauree inutili, spesso dai nomi sconcertanti, come : dottore in tecnologia del fitness, dottore in schedatura del verde urbano, dottore nel benessere degli animali ed altre che non sto a ripetere, istituite esclusivamente per piazzare in cattedra amici e parenti. La riforma introduce inoltre un innovativo sistema di foraggiamento delle facoltà che consente agli atenei più virtuosi di avere più fondi, e la possibilità, per i ricercatori, di vedersi rinnovare il contratto, previa valutazione dei risultati conseguiti. Oggi, per inciso, i ricercatori vengono assunti con contratti a tempo indeterminato e nessuno si preoccupa di sindacare sul loro operato. Tempo fa, fece molto discutere l’outing del rettore dell’università La Sapienza, Luigi Frati, il quale, in controtendenza rispetto alla silenziosa accondiscendenza di parecchi suoi omologhi, denunciò la scarsa prolificità di un’alta percentuale di giovani collaboratori, colpevoli di non aver pubblicato alcunchè. Segno che l’omertosa solidarietà di certe caste non è poi così radicata. Oggi la posizione di Frati è sostenuta da non pochi docenti che alla conservazione dei privilegi hanno preferito la competizione misurata sulla base dell’efficienza e dei risultati prodotti. Nel complesso, allora, quella del ministro Gelmini appare una buona riforma, improntata alla meritocrazia, alla trasparenza e alla semplificazione. Proprio per questo, le scene di violenza che vedono come protagonisti, in questi giorni, centinaia di studenti agguerriti, per non dire indemoniati, financo contro le istituzioni repubblicane, non trovano nessuna giustificazione se non nella difesa dei baroni, ovvero di chi li sta usando e indottrinando per difendere le proprie rendite.

 

 

10 pensieri su “In difesa dei baroni

  1. Le università, da sempre, sono state un feudo della sinistra, dove piazzare e sistemare i funzionari di partito, gli amici, i clienti, le commarelle ed i cumparielli, ecc. ecc. Da decenni, nelle Università, tranne rare eccezioni, non si fa vera ricerca, non si studia davvero, non si fa didattica, ma si lotta per mantenere importanti rendite di posizione, di prestigio e di potere. E’ ovvio che una certa sinistra, quella dei Fazio e dei Bersani, per intenderci, cavalca quindi la protesta dei clientes e degli sprovveduti. Una seria riforma dell’Università toglierebbe foraggio a una cricca imperante che da decenni governa, nonostante il Governo, questo Paese. Parlare di meritocrazia, di concorsi pubblici veri e non pilotati, di dignità della cattedra, di Studio e di diritto allo Studio, di eliminazione delle Baronie, sono cattive parole per questa Sinistra. E così, andiamo con le minilauree, con idioti messi in cattedra, professori che non hanno alcuna idea di ciò che dovrebbero insegnare agli studenti, con i fondi dilapidati per pagare inutili stipendi. Una Sinistra vera e serie, una Sinistra di Governo, dovrebbe ammettere che la Riforma è necessaria, che la Germini ha operato e opera bene, e non soffiare sul fuoco per la propria convenienza politica. Ma questo sarebbe un altro Paese, e non l’Italia. E quindi, continuamo con i professori, con la m minuscola, in Parlamento ed in Televisione, perchè a questo oggi serve unicamente l’Università: ad assicurare prestigio, potere, carriere e soldi ai clientes, lo Studio, la Ricerca, la Preparazione, l’Eccellenza, sono solo casualità, nel senso che possono anche esserci, ma non costituiscono l’obiettivo primario. E mi chiedo: ma quanti di questi studenti (?) che protestano hanno dedicato un’ora del loro tempo a leggersi veramente la riforma Germini, ad esaminarla criticamente, invece di limitarsi a ripetere slogan dettati dal politicamente corretto? Ma oggi questa è l’Italia, dove prevale unicamente la massificazione e l’assimilazione, e la ripetizione di concetti enunciati da pochi sacerdoti preoccupati che qualsiasi riforma toglierebbe loro l’enorme potere e la rendita di posizione che hanno accumulato. E fa bene Bersani a mettere in INternet il suo certificato degli esami di laura: abbiamo così scoperto che è l’ennesimo filosofo, e ben sappiamo cosa erano e cosa sono le facoltà di filosofia, sociologia, scienze politiche ed affini, nel cui ambito sono cresciuti, soprattutto politicamente, diversi leaders di questa Sinistra. Ma tant’è, la Sinistra ritiene di essere unica proprietaria, per diritto di nascita, della cultura, dell’onestà, dell’anticamorra e dell’antomafia, della solidarietà e dell’intelligenza, e questa Università ne è il defele specchio. Quindi tenetevela così, e producete tanti Bersani, tanti Fazio, tanti Santoro, tante Annunziata, tanti Saviano, tanti Veltroni, ( oops dimenticavo, lo scrittore Veltroni non è nemmeno laurato) tanti Prodi, tanti Gad Lerner, tanti Benigni, tanti Dario Fo. Voi si che siete la cultura di questo Paese. Noi, poveri meschini ignoranti, poco intelligenti, di destra e berlusconiani, camorristi e mafiosi, poco solidali, disonesti e ladri, per nascita e per definizione, Noi ce ne andremo a studiare all’estero, pagandoci gli studi come camerieri nei ristoranti, non avendo diritto al Lavoro nelle vostre Università.

  2. Non conosco il sig. Marco Ganti, ma il suo commento, da solo lo definisce e definisce anche colui a cui si ispira. Mi sembra che in democrazia ( che brutta ed inadeguata parola) le decisioni di un acomunità siano collegiali e non prese da un principe, che ritiene di essere investito dal Signore.

  3. Non conosco i dettagli della riforma Gelmini, quindi non mi esrpimo.
    Condivido alcuni dati di fatto:
    1. l’università italiana (pur con diverse eccezioni: alcuni piccoli atenei statali e diversi privati) è arretrata, monopolizzata da gerontocrazia, autoreferenziale, con programmi di studio vetusti;
    2. gran parte dei “protestanti” non sanno per cosa protestano (ma questa non è una novità).

    Se la riforma Gelmini riduce i corsi di laurea, rende possibile uno svecchiamento della classe docente, favorisce programmi di studio più aderenti ai bisogni della nostra società e dei moderni saperi, sia la benvenuta.
    Certo, nel metodo sarebbe meglio che siano i sistemi stessi a produrre la base dei contenuti su cui poi la politica legifera, ma è anche vero che se aspettiamo una spinta dal basso,…, rimaniamo altri trent’anni con le parentopoli varie, con assistenti che debbono aspettare che i propri ordinari muoiano e via discorrendo. Ma soprattutto quel che è più deprimente è che il mondo universitario (intriso di cultura autonomistica, come una bolla nell’aria) non comprende che creare connessioni con il sistema produttivo vuol dire poter fornire classi dirigenti “utili” al sistema sociale ed economico di riferimento e, al pari, il sistema produttivo, di fronte alla autorefrenzialità del mondo universitario, ne fa a meno, finendo quindi per diventare meno competitivo nel mondo.
    Ciò detto, aggiungo anche che in questo scenario di sordi, in un paese in trincea (bianchi contro neri…), con classi politiche completamente delegittimate ed autoreferenziali (a destra come a sinistra), l’istinto di chi protesta a prescindere e si chiude in difesa, ancorchè dannoso per il paese, è quantomeno comprensibile (non giustificabile però).

    La verità è che alla fine la riforma non passerà, non come legge (che può anche essere approvata), ma come sistema di regole secondarie (regolamenti, decreti attuativi,…), non verrà recepita… e l’Italia sarà sempre peggiore.

    E la colpa non è nè degli uni e nè degli altri,.. è semplicemente di tutti e della incapacità di ascoltare e di riconoscere le buone regioni altrui.

  4. Come mai si è arrivati a 5000 corsi di laurea? Che differenza sostanziale c’è tra “Scienza Naturali”, “Scienze Ambientali” e “Ingegneria Ambientale”? (ho forse dimenticato qualcosa?). Il Ministero ha pensato da sempre (Gelmini inclusa) agli studenti o ai docenti? Come mai tanti docenti? Qualcuno sa che esite(va) un corso di “Storia della Scuola e delle Istituzioni Scolastiche”? Come mai, e solo in Italia, una offerta formativa così differenziata a monte e non a valle? (cioè nei corsi complementari?). L’autore la vede dalla sua angolazione, gli studenti di oggi da un’altra: tutti, a modo loro, hanno ragione. Ma chi ha prodotto i danni del presente? Forse quello che una volta si chiamava P.C.I. e che negli anni ’70 aveva lo strano potere occulto di creare tante “cattedre” ad hoc?
    Lucia chiede un po’ di luce all’autore e ai commentatori che ne sanno più di lei…

  5. Mi piace ciò che scrive.Le analisi del problema sono molto complesse.
    Nelle Università ci sono poteri fortissimi ed intrecci esterni,che fanno si che tutto avvenga come deciso da certe lobby.Penso che sia molto difficile cambiare questo sistema.Tutto viene insabbiato.Troveranno sempre il sistema per farla franca.Le autonomie delle università italiane ,rendono difficile anche il controllo economico da parte dello Stato.A noi farebbe piacere che queste cose fossero portate a conoscenza di tutti.la gente saprebbe che fine fanno le risorse economiche pagate con le nostre tasse.

  6. Gentile Sig.ra Russo,
    lei ha, almeno in parte, colto nel segno. Per decenni l’università italiana, così come la scuola, è stata ostaggio di logiche clientelari alimentate da gruppi di potere annidati, perlopiù, nel mondo sindacale e nel vecchio pci. Il punto di svolta è stato il ’68 con le sue utopie e le sue distorsioni. Ma poi la lottizzazione è proseguita fino ai giorni d’oggi. In Italia abbiamo le peggiori scuole ed università d’europa. Il ministero dell’istruzione è, dopo l’esercito della repubblica popolare cinese, l’ente pubblico che ha più dipendenti al mondo, oltre un milione. Le proteste di questi giorni sono alimentate da chi punta a conservare il posto fisso per non essere sottoposto a giudizi di valutazione ( i ricercatori), e portate avanti da chi non sa nulla di questa riforma ( gli studenti) ma si presta alle strumentalizzazioni della casta.

    Saluti – AC

  7. Sig. Cennamo,
    Lei non crede che sia quasi ridicolo risolvere I PROBLEMI della nostra cara e amata Università iniziando dai ricercatori? Mi sembra irrisorio e fuori da ogni logica “prendersela” con la parte più debole, e già di per sé bistrattata, del nostro sistema universitario.
    A pagare saremo come al solito noi giovani – e questo lo sanno tutti – costretti dai nostri padri a una vita da professionisti precari e straccioni. Mentre i 70enni stanno ancora lì a razziare qualsiasi risorsa, noi giovani viviamo alla giornata, condannati a studiare una vita alla ricerca del nulla.
    Frattanto il Governo (questo come quello che verrà) perde tempo con queste inutili riforme, mi sa dire dove andremo a finire? Manca poco, gli scontri di Palazzo Madama sono solo l’inizio…

  8. Dopo il 68, negli “anni 70”, gli studenti protestavano per una visione del mondo diversa.
    Erano i giovani di Destra e di Sx che si confrontavano contro una classe politica corrotta e le lobby di potere che si annidavano nelle università.
    Oggi “questi scellerati” fanno da “buoi” a vecchi tromboni delle università, che hanno fatto del “baronato” il loro “RESISTERE, RESISTERE, RESISTERE” e gente fannullona(per quanto mi riguarda conosco una decina di “precari” che vanno all’università solo per timbrare i cartellini) che da anni occupano gli scranni dei Bar delle università, senza fare nessuna “pubblicazione” che possa giustificare la loro permanenza negli atenei.
    C’è almeno una facoltà, nell’Università di Salerno, con tanto di docenti , tecnici e segreteria che “curano” UNA, dico UNA sola allieva.
    Questo è uno scandalo che deve finire, con i soldi delle persone che pagano le tasse,con tanti sacrifici, non si può tenere impiedi un tale “circo”.
    Oggi questi studenti stanno protestando proprio per difendere questi loschi interessi.
    Peccato che non c’è nessuno che “scuota” i fannulloni del domani.
    in bocca al lupo

  9. Caro Lupo solitario,
    e se diventassero tutti “precari” vincolando il loro contratto alla pubblicazione di almeno un articolo su rivista internazionale, diciamo, nell’arco dei tre anni di contratto? Qualcuno mi diceva che nel modernissimo “Impero Austro Ungarico” funzionava più o meno così e pare che funzionasse … Sì, siamo stanchi di fannulloni e Salerno, ha ragione, in questo fa anche “scuola”.
    Lucia

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