Futuro e Libertà: asta fallimentare capannoni ex Cofima

Conferenza-stampa di Futuro e libertà per l’Italia e delle opposizioni del 16-11-2010 “partecipazione comune all’asta fallimentare per l’acquisto dei capannoni ex Cofima”. Analizzando la delibera dell’11 novembre scorso, riguardante la partecipazione all’asta fallimentare dell’ex-Cofima si osserva: La delibera porta a suo supporto una perizia redatta nel febbraio 2007, con valori riferiti alla media dei valori dei 3 anni precedenti, quando il mercato immobiliare era in piena espansione, a differenza di oggi.

1)      La perizia esprime la stima in 2 diversi valori: a) il primo parte da 4.798.411 e, attraverso una serie di soggettivi ed arbitrari parametri, perviene ad €. 8.370.366 (si consideri che è stato attribuito un coefficiente moltiplicativo del 50% perché, udite udite, avrebbe 2 comodi accessi e una pianta regolare, ma ci chiediamo se il perito è mai stato sul posto e se disponeva di una planimetria degli immobili; comunque la primo valore espresso tiene conto dell’immobile così come attualmente lo si vede; b) il secondo ipotizza una trasformazione urbanistica dell’area in zona residenziale, con la costruzione di appartamenti per mq. 14.000, che detratti costi, porterebbero un guadagno di €. 15.775.000. Porterebbero.

2)      Mi occupo professionalmente di questa materia da alcune decine di anni, come molti di voi sapranno e posso assicurarvi che nessun operatore immobiliare si sognerebbe mai di pensare, tantomeno di scrivere, che il valore di mercato di un bene è dato dalla differenza tra i ricavi di un’ipotetica operazione immobiliare ed i costi di costruzione. Quantomeno si dovrebbero detrarre le tasse sull’utile, che ne ridurrebbero sensibilmente l’ammontare (almeno il 40%), il rischio della costruzione (almeno il 10%), i costi generali e di progettazione (almeno il 15%), gli oneri finanziari (almeno il 10%). Tutti costi non considerati nella perizia presa a base della delibera.

3)      Nell’ipotizzare l’operazione immobiliare non si tiene conto dei vincoli esistenti sull’area, che è in zona D4 dell’ASI, con destinazione “piccola industria, artigianale, commerciale e terziario”, del tutto incompatibile con la destinazione residenziale ipotizzata. Il cambio di destinazione presuppone lo stralcio dell’intera area dall’ASI, il cui Ente gestore potrebbe opporvi il diniego. Né si può sperare sulla tanto decantata filiera politico-istituzionale attualmente esistente, in quanto operazioni del genere, richiedono tempi medio-lunghi nel corso dei quali tutto può cambiare ed al Consorzio potrebbero formarsi organi decisionali diversi rispetto all’attualità. Mi sembra invece che dietro l’operazione ci sia una logica speculativa tipica degli immobiliaristi, ma senza la competenza necessaria. La dice lunga un’intervista che il Sindaco ha rilasciato  al “Mattino”, nella quale avrebbe detto “credo che l’importante sarà, il prossimo 22 novembre, aggiudicarsi l’area, poi si vedrà”. Vedete, l’immobiliarista deve avere le idee chiare, deve sapere dove vuole andare altrimenti non va da nessuna parte. Potrebbe permettersi di acquistare e di tenere immobilizzati dei terreni anche per decine di anni ad una sola condizione: “che si paghi ad un prezzo vile” a valori al di sotto di quelli agricoli e non, come in questo caso, a 300 euro al mq.!!

4)      Vi sono notevoli problematiche in ordine alla regolarità urbanistica ed alla sanabilità dell’immobile che si vuol acquisire all’asta. Infatti, anche il perito del Tribunale avverte che non si è reperita la licenza edilizia originaria e che sicuramente sono abusive superfici per circa mq. 3.800 e che non vi sono autorizzazioni per i frazionamenti operati. L’ufficio comunale competente al rilascio delle sanatorie si esprime ambiguamente sulla sanabilità delle opere; si scrive infatti che “nell’ipotesi in cui l’immobile rientri nelle previsioni di sanabilità della legge e sia oggetto di trasferimento derivante da procedure esecutive, la domanda può essere presentata”. Insomma nulla si esprime in ordine all’esistenza delle condizioni di sanabilità, che in questo caso sono molteplici, bastando citare quella relativa alla sottoposizione delle determinazioni comunali al Consorzio ASI. Quindi non vi è parere sulla sanabilità. Né da parte del competente ufficio comunale né da parte dell’ente sovraordinato, Consorzio ASI. Sull’ASI vale quanto detto in precedenza in ordine alla possibilità dell’interruzione della catena di filiera politico-istituzionale.

5)      L’investimento, secondo gli stessi dirigenti del servizio finanziario comunale, pregiudica il patto di stabilità interno, rendendo necessario il ricorso alla vendita degli immobili comunali, che stanti i criteri di valutazione adottati, potrebbe tramutarsi in una svendita. Infatti a fronte dell’impellenza di reperire risorse si sarebbe indotti a fissare prezzi di vendita più bassi di quelli di mercato.

6)      L’aver, per così dire, “avvertito” del budget che si sarebbe posto il Comune,  ove fosse vera la notizia, non condivisa da tutti, che la massima spesa autorizzata sia stata pari a €. 5.000.000, espone al rischio del fallimento dell’iniziativa deliberata, perché si annuncia l’offerta, anche se il non palesarla avrebbe esposto al peggior rischio di un mandato aleatorio. Ma queste sono le circostanze in cui si dibatte la tipologia di gara, cui solitamente partecipano solo i privati, che hanno minori controlli e esigenze di pubblicità.

7)      Rispetto ad un favor relativo alla viabilità per un ipotizzato nuovo insediamento pubblico, vi è da rimarcare che l’immobile è parte del più vasto complesso dell’ex Ceramica Cava, che a seguito del fallimento di essa, fu frazionato e venduto all’asta. La parte più valida è quella fronteggiante il casello autostradale. La porzione che ci riguarda è quella retrostante e con accessi dalla via Palumbo e da via XXV Luglio. Accessi infelici, per posizione e ambiente circostante. Un mutamento di destinazione della porzione retrostante non può che coinvolgere le sorti anche della parte anteriore, costringendo il Comune ad un impegno ancora maggiore. Al riguardo è utile dare un’occhiata alla planimetria dell’area dove si può apprezzare o deprezzare la pretesa funzionalità o conclamata disfunzionalità, io dico, degli accessi e la regolarità presunta o meglio l’irregolarità evidente della pianta. Circostanze che costringeranno a perdite di volumi e superfici, in caso di abbattimento e ricostruzione superiori al 50%. 

8)      Infine non si può sottacere che l’ASI ricomprende tutta l’area ex Cofima tra quelle soggette ad esproprio al prezzo medio di €. 45 al mq., valutando, date le condizioni dei capannoni, solo l’area di sedime e quelle scoperte. Ove l’esproprio non fosse fatto per iniziative industriali tale prezzo dovrebbe raddoppiarsi. L’esproprio avrebbe un costo complessivo, a seconda del promotore, di €. 789.885 (mq. 17.553 X €. 45) o di €. 1.579.770 (mq. 17.553 X €. 90).