Carrara: conclusa la XIV^ Biennale di scultura

Maria Pina Cirillo

 La XIV Biennale Internazionale di scultura che si  è tenuta a Carrara dal 26 giugno   al 31 ottobre è stata sicuramente uno degli eventi culturali più importanti dell’anno e si è distinta, oltre che per le scelte alternative che l’hanno contraddistinta per quanto riguarda l’idea di scultura sia dal punto di vista artistico-culturale che socio-economico, anche per le numerose polemiche che ne hanno accompagnato la gestazione, la nascita e lo svolgimento. Sapientemente alimentate, hanno sicuramente fatto crescere l’attesa: la provocazione che attendeva i visitatori davanti all’Accademia, la polemica sul monumento a Craxi al posto di quello di Mazzini, la scelta di artisti decisamente svincolati da ogni retorica celebrativa hanno infatti funzionato da volano per la manifestazione che è riuscita ad accaparrarsi le prime pagine dei giornali anche con largo anticipo rispetto alla data dell’inaugurazione. Accompagnata da un tale nutrito corteo, la manifestazione non ha però smarrito il senso primario del suo essere, un’occasione per fare e diffondere cultura, ma ha centrato un altro dei suoi obiettivi: riportare il nome della città in primo piano nelle discussioni sull’arte e sugli eventi culturali ad essa collegati.  L’organizzazione dell’intero percorso artistico è stata affidata a Fabio Cavallucci, curatore di famose manifestazioni internazionali, che ne ha seguito ogni minimo dettaglio ed ha impostato l’evento su una funzione di rottura e di strappo rispetto alla cultura ufficiale ed accademica. D’altronde lo stesso nome scelto per la manifestazione POST MONUMENT aveva chiaramente enunciato le linee guida che preferivano mettere l’accento sulla pars destruens dell’arte contemporanea in riferimento soprattutto alla cultura ufficiale e monumentale che per millenni ha regnato sull’arte della scultura, la più tradizionale e la meno rivoluzionaria delle arti, soprattutto per quando riguarda l’uso del materiale-tipo, il marmo, di cui Carrara è sicuramente la capitale mondiale.  Il risultato è stato ovviamente ciò che le premesse avevano annunciato: un evento importante ed interessante, di notevole spessore artistico e culturale, aperto alle tendenze che vanno verso un uso meno dogmatico e monumentale della scultura in generale e del marmo in particolare e ne riscoprono potenzialità finora forse poco utilizzate, rendendolo più fluido e flessibile, meno scontato e sontuoso, come nelle seducenti opere di Zaha Hadid che, utilizzandolo con rara maestria, ne scoglie la consueta solidità e, alternando linee con­cave e convesse, lo rende lieve, lo plasma in forme sensuali come fosse la più duttile delle materie. La mostra è stata, dunque, assolutamente all’altezza della sua fama, del nome della città che la ospita e di quello del suo organizzatore. E se una maggiore presenza di artisti costruens avrebbe probabilmente costituito un ulteriore arricchimento, ciò che si è visto nei vari spazi che hanno ospitato la rassegna, è stato indiscutibilmente notevole. Basti pensare a Unreal Scene di Liu Jianhua:  tre isole alla deriva costruite con migliaia di coloratissime fiches da gioco che, nel delineare una Shanghai  surreale, rimandano ai simboli del gioco e del potere economico, oppure a Collective Memory di Carlos Bunga in cui l’artista, affascinato dal trascorrere del tempo e dalla sua opera devastatrice, ha comunicato il senso di vulnerabilità e fragilità di tutto ciò che è opera dell’uomo attraverso l’utilizzo di un materiale deperibile come la sabbia, oppure alla sezione Architecture in cui le opere esposte proiettano lo spazio in una dimensione quasi atemporale. Interessante anche la dislocazione logistica della mostra che è stata spalmata su tutto il tessuto urbano con effetti forse scomodi a livello di fruizione individuale ma sicuramente allettante sia a livello espositivo che per quanto attiene la funzione sottesa all’evento: portare i visitatori in giro per la città per fruire delle bellezze di questo centro e rivalutare spazi espositivi poco considerati ma certo di indubbio fascino. L’ex segheria Adolfo Corsi, gli ex laboratori Ugo Corsi e Corsi-Nicolai, il seminterrato delle scuole Saffi, la chiesa di Santa Maria delle Lacrime si sono rivelati infatti contenitori di grande pregio, capaci di interagire con le opere esposte al loro interno e di conferirle una valenza che va oltre il valore, peraltro in molti casi decisamente alto, delle opere esposte. Ed in effetti se molte delle sculture o delle installazioni sono state pensate ed elaborate specificamente per questa Biennale, è evidente che Carrara è riuscita a catalizzare le energie creative di molti ed a riproporsi come città d’arte e di cultura. D’altra parte la scelta, totalmente stimolante, di presentare gli artisti alla città in una serie di incontri volti anche a guidare la gente verso la fruizione di un’arte alternativa e controcorrente, il coinvolgimento delle scuole di ogni ordine e grado attraverso laboratori che hanno guidato bambini e ragazzi nel mondo dell’arte contemporanea e, nello stesso tempo, hanno affiancato a momenti teorici anche momenti prassici che hanno visto, soprattutto i più piccoli, interagire con l’elemento materico dell’arte con risultati, in parecchi casi, gradevoli, sono state idee inusuali e vincenti. E’ ovvio che in una città in cui Michelangelo era di casa, che ha visto girare tra le sue strade alcuni dei più grandi artisti del mondo ed in cui enormi, meravigliose montagne di marmo bianchissimo sovrastano l’abitato quasi a ricordare che sono loro, le Apuane con il loro grande tesoro, le regine del territorio, una Biennale di scultura susciti sempre grandi aspettative, grandi risultati e ancor più grandi polemiche. Ma quando si è raggiunto un effetto importante è certamente giusto mirare ancora più in altro ma sarebbe ingeneroso negare il valore di quanto è stato fatto. E se è vero che in questi giorni, grazie a nuove richieste pervenute dall’estero, le industrie del marmo di Carrara hanno ricominciato a vivere tempi migliori, se il bianco statuario ha ritrovato il suo mercato, ciò in qualche maniera è avvenuto anche grazie ad i tanti artisti che, nel corso di questi anni, hanno combattuto contro un suo uso eccessivamente rigido, ne hanno alleviato la fissità ed il valore retorico e lo hanno utilizzato per quello che effettivamente è: uno splendido materiale per produrre intramontabili opere d’arte.