Il Cilento che vogliamo

Giuseppe Lembo

 Un Cilento non rassegnato, non vinto e convinto del “non c’è niente da fare”; un Cilento, del fare, del protagonismo, della partecipazione attiva, capace di agire insieme, capace di dialogo e di confronto per costruire a più mani, un mondo nuovo, un mondo cambiato, un mondo positivo per una realtà di progresso. Questo è il Cilento che vogliamo. Abbandonarsi a pensieri vagabondi per parlare della propria Terra, non è il frutto di un ozio pericoloso e senza speranza di pensare positivo per sé e per gli altri. Questi miei pensieri vagabondi fanno parte di me; mi accompagnano nel peregrinare della mente alla ricerca di idee, per trovare insieme nuove possibili vie di uscita, per cambiare questo nostro Cilento, da troppo lungo tempo, sedotto ed abbandonato. Le negatività sono purtroppo tante. Manca alla base del suo cammino un progetto, un vero progetto di vita fatto dall’incontro di saperi, conoscenze, idee condivise e sostenuto con la forza di una morale comune e di un’etica fortemente condivisa; manca del  collante cementificatore di ogni insieme umano che oltre al locale, deve saper pensare anche in termini globali e quindi universali, aprendosi al multiculturalismo ed al meticciato culturale, dove le diversità sono una risorsa, un importante elemento di arricchimento per sé e per gli altri. Pensando al mio Cilento, un territorio dove il “bel vivere” è fortemente compromesso dai comportamenti umani a volte poco rispettosi dell’uomo e della natura, mi viene da pensare ad un manifesto di intenti con le regole per garantire alla nostra gente una buona qualità della vita, per la quale serve, prima di tutto, assumere atteggiamenti virtuosi, essere rispettosi dell’altro ed improntare la propria vita e quella sociale, all’etica condivisa ed alla cultura, come fattore fondante per la crescita sia individuale che collettiva. Capisco di sognare ad occhi aperti; ma ciò nonostante, il mio dovere di uomo e di cittadino lo faccio lo stesso, convinto che nulla del pensiero umano sia inutile e che tutte le idee, prima o poi, daranno i loro frutti, nell’interesse di chi riesce a farle proprie e ad utilizzarle nell’interesse proprio e degli altri che spesso, anche a distanza di tempo, si lasciano contagiare da chi pensa positivo e semina a piene mani per costruire un mondo migliore, partendo dal proprio mondo, dai luoghi in cui si vive. Un Cilento vivibile e capace di crescere culturalmente, recuperando i saperi antichi, le conoscenze e quei processi formativi necessari a dare impulso ad un laboratorio di idee nuove e ad un cantiere-officina per trattenere sul territorio la gente, soprattutto i giovani, non più costretti ad emigrare, a fuggire da disperati dalle loro pietre parlanti. Ho sognato un Cilento nuovo capace di pensare ad un cammino di pace, a ponti di solidarietà umana, di incontro-confronto delle diversità, una ricchezza per tutti, ad un insieme multiculturale, con un meticciato culturale che rotto il silenzio, ha finalmente messe in movimento le idee e creato quel confronto per un mondo nuovo dove si può vivere in pace e nel reciproco rispetto l’uno dell’altro. Dialogando, uscendo dalla solitudine e dal familismo, bisogna pensare a cambiare, fidandosi l’uno dell’altro ed esercitando insieme il ruolo da protagonisti, di cittadini attivi . Il Cilento potrà rinascere; ne sono fortemente convinto. Ma affinché ciò accada, è necessario un profondo cambiamento antropico ed una crescita umana che, grazie all’impegno di ciascuno, diventi anche crescita d’insieme sociale e dei luoghi in cui si vive. Bisogna capire l’importanza dei valori umani, del rispetto per gli altri, della solidarietà, della libertà dei diritti e dei doveri e del proprio impegno non solo al fine di perseguire il proprio bene, ma al fine, soprattutto, del bene sociale condiviso. Queste sono le cose importanti per un’umanità nuova ed una nuova vita nel Cilento oggi fortemente ammalato di uomo ed in condizioni di diffuso disagio per la scarsa volontà di essere cittadini virtuosi, uomini solidali e popolo consapevole e responsabile che non ha niente a che fare con l’attuale e diffuso modello negativo di popolo-plebe, di popolo sottomesso e suddito, indifferente al protagonismo ed alla partecipazione sociale per l’importante ruolo di cittadino attivo, il primo vitale ed insostituibile momento della cittadinanza attiva. Le sacre tavole per un Cilento nuovo, per un’umanità cilentana rinnovata e capace di vivere in modo solidale insieme agli altri e di sviluppare l’universo sociale per svilupparsi, tavole che, prima di essere scolpite nelle pietre parlanti del territorio, devono appartenere alle libere coscienze della gente, contengono così come indicate, le regole della vita sia individuale che sociale, da cui nessuno deve derogare, sia per il buon funzionamento della società nel suo insieme che per la qualità della vita dei cittadini individualmente presi. Tali regole sono enunciate come punti di un manifesto di vita, con contenuti e valori fondanti, un vero e proprio decalogo il cui rispetto può costituire il modello per costruire, una società nuova.Utopia? Sogni? Si tratta di pensieri vagabondi e di idee in libertà, per un mondo nuovo anche nel Cilento, un mondo locale non fine, né chiuso in se stesso, ma aperto e capace di dialogo e di confronto per umanizzare ed umanizzarsi, al fine di essere protagonisti di quella società-mondo e di quella Terra-Stato verso cui tende la globalizzazione del Terzo Millennio. I punti fondanti del manifesto per un nuovo Cilento sono:

§  Riappropriazione dei saperi  eleatici, del pensiero parmenideo dell’essere, per ridurre i guasti di un apparire invadente, un vero disastro per l’umanità, dove è certamente presente il dio avere, il dio successo, l’indifferenza per l’altro e la solitudine umana.

§  Riappropriazione dei valori e della saggezza del mondo dei campi, un mondo che ci appartiene e che, in contesti rinnovati, dobbiamo saper trasferire anche al nostro futuro, come elemento fondante e forza d’insieme di un’appartenenza da non cancellare, ma affidare anche alla memoria di quelli che verranno.

§  Riappropriazione della cultura e delle risorse del territorio, beni in uso e non di proprietà esclusiva di chi lo governa; l’uomo del nostro territorio né è il custode, guardiano attento e non il padre-padrone che ne abusa come se fosse l’ultimo a doverlo vivere.

§  Rispetto dell’altro sia esso cittadino del territorio che ospite o forestiero in cerca di un mondo vitale amico, per garantirsi il diritto alla vita negatogli altrove.

§  Rispetto per le tradizioni, un passato che ci appartiene e che non va dimenticato per non cancellare la nostra identità, sempre più necessaria per affrontare il futuro in un mondo globalizzato, senza confini.

§  Rispetto delle diversità, una grande ricchezza per tutti; ad esserne portatori è l’uomo del mondo, uno di noi, anche se diverso per il colore della pelle, la lingua parlata, la religione professata, per il modello di vita vissuta e dell’appartenenza ai diritti negati in un mondo dei senza diritti e dei senzastoria.

§  Importanza del vivere insieme, per un modello di società solidale, fatta da protagonisti e non da sudditi sottomessi, per lontane tradizioni, annullati umanamente e socialmente nel ruolo di “toculacapo”.

§  Importanza del protagonismo umano, sociale e quindi politico per una presenza attiva nella società che funziona solo se alimentata dalla forza energizzante della cittadinanza attiva.

§  Importanza della cultura, della comunicazione autentica e dei processi educativi e formativi permanenti e ricorrenti per far funzionare al meglio l’impianto umano e sociale dell’intero territorio che ha bisogno di regole e di idee sempre nuove, per non inaridirsi e quindi morire.

§  Rifiuto del familismo, dell’individualismo che ci portano agli egoismi personali, all’isolamento ed alla solitudine, con grave danno per ciascun cittadino singolarmente inteso e per la società nel suo insieme.

§  Rifiuto dei padri-padroni della politica e del potere e di tutte le violenze che offendono la dignità umana e la rendono orfana del protagonismo d’insieme e del fare condiviso che nasce dalla libertà che ciascuno deve poter godere senza alcun limite e/o imposizioni violente.

§  Rifiuto della violenza. Sarebbe auspicabile riconoscere il Cilento come territorio di pace, non contaminato dalla cultura della violenza che, purtroppo, diventa sempre più un male comune, entrando a far parte delle coscienze devastate da un io universo, padrone del mondo, in lotta con il resto del mondo a cui si rifiuta il dialogo, il confronto ed il diritto a vivere in pace con gli altri della Terra.

§  Diritto alla cultura e ad essere informati.

§  Diritto alla libertà di espressione, senza condizionamenti o prevaricazioni.

§  Diritto a costruire il futuro, eliminando le situazioni di profondo malessere antropico, il familismo e/o i poteri forti che sono un grave danno per il bene comune e non fanno pensare positivo, alimentando in ciascuno, il protagonismo del pensiero, delle idee e del fare.

§  Impegno a dare il proprio contributo per crescere e far crescere gli altri.

§  Impegno a promuovere attraverso il fare, il cambiamento e lo sviluppo possibile, per un Cilento nuovo.

§  Impegno ad essere attivi protagonisti di umanità solidale nella società cilentana.

È una necessità pensare al Cilento non più chiuso in se stesso, ma come una finestra sul mondo, oggi sempre più globale ed interagente con tutto e tutti; l’isolamento, la solitudine, non portano da nessuna parte. I nemici da vincere subito, sono il diffuso senso di impotenza e l’indifferenza, una costante comune ai più. Occorre credere in se stessi; occorre avere fiducia ed insieme agli altri cooperare per il bene comune e pensare di sfidare anche l’impossibile, per costruirsi il futuro sostenibile, un’impresa possibile se c’è la forza della volontà di ciascuno di noi ad operare da protagonisti per sé e per gli altri.