E se si parlasse di cose serie?

Giovanna Rezzoagli

Desideravo iniziare questo mio scritto utilizzando nel titolo il verbo “discutere”, poi ho subito riflettuto che il significato suggestivo di tale verbo richiama posizioni di contrapposizione tra due o più parti. Decisamente, non è il caso. Se c’è un qualcosa di cui, io credo, si può fare tranquillamente a meno, ebbene questo “qualcosa” sono proprio le discussioni. Ne ascoltiamo, ne leggiamo, ne viviamo troppe. Il verbo “parlare” richiama il dialogo, posizioni più distese anche nell’argomentare circa temi impegnativi e, perché no, anche scomodi. Proviamo allora a parlare di cose serie. Ohibò, cosa si intende per “cose serie”? Il vocabolo latino “res” era utilizzato per trasmettere vari significati: dal generico “cosa materiale”, al concreto “sostanza, situazione”, all’astratto “interesse, vantaggio”, sino al significato forse più alto di “governo, stato”. Oggi usiamo il vocabolo “cosa” soprattutto per indicare un qualcosa di materiale, il concetto di “res publica” sembra del tutto scomparso, già formulando questa semplice osservazione si aprono riflessioni molto inquietanti sul nostro presente. Sul vocabolo “serio”, ahimè casca l’asino, nel senso che è estremamente difficile definirlo nel contesto sociale in cui viviamo. Soprattutto perché  nell’accezione comune del termine indica il contrario di “divertente, scherzoso,ludico”. Non per nulla in latino si traduce con “severus” se riferito a persona, con “gravis” se riferito a cosa seria ed importante. Pertanto, come possiamo intersecare il senso di “cosa seria” nel nostro presente? Ahimè, in modo piuttosto soggettivo. Perché abbiamo perso il valore di “cosa di tutti”, siamo diventati molto materialisti ed egoisti. Siamo diventati troppo personalistici. Oggi si tende a svalutare e persino svillaneggiare tutto, tutto ciò che vi è, meglio vi dovrebbe essere, nella vita di ciascuno di noi. In Italia si parla di tutto, col risultato che tante volte non si comunica un bel niente. Da mesi si parla di escort, e se ne parla talmente tanto che perbacco ti viene persino il dubbio di aver sbagliato “mestiere”. Da mesi si parla di Avetrana, argomento serissimo ci mancherebbe, se non fosse che una povera ragazza ad Avetrana è morta e noi tutti non dovremmo essere intrigati dall’ultima rivelazione sul caso. Da una settimana , specialmente in Liguria, si conciona sulle esternazioni di Cassano, con buona pace dei cassa-integrati della Fincantieri, che non guadagnano certo milioni di euro all’anno e non devono chiedere scusa a nessuno  se non sono famosi. Da giorni si discute se a Sanremo si debba o meno cantare “Bella ciao”, questione fondamentale. E se si parlasse di cose serie? Quelle gravi, quelle “severe”, quelle scomode, tipo il lavoro che non c’è, tipo il futuro di chi ora è piccolo, tipo “che futuro ci stiamo costruendo”? Semplicissimo. In pochi comprerebbero giornali e seguirebbero la Tv. Perché? Perché sono argomenti noiosi, non intriganti, “pallosi” per usare un termine joungs’slang che comprendono tutti perfettamente. Povera Italia, che si pasce di pruriginose notiziole, forse perché ha paura di pensare alle “cose serie”. Proprio come l’alcolista che beve per non sentire i dolori dell’anima. Italia drogata dal nulla. Figlia di gente orgogliosa e madre…di chi?