De Sanctis primo Ministro P.I.

Aurelio Di Matteo*

Se il Risorgimento e l’Unità d’Italia sono il risultato di una felice convergenza dell’azione dell’elite scientifica e culturale e delle valutazioni e obiettivi geopolitici delle potenze europee, in particolare dell’Inghilterra, le manifestazioni per il 150° anniversario dovrebbero riguardare innanzitutto la rievocazione e l’analisi del pensiero e dell’azione dei grandi protagonisti della storia culturale e scientifica del nostro Ottocento. E tra questi non si può di certo omettere il ricordo dell’opera di Francesco De Sanctis, primo Ministro della P. I. Egli è quasi sempre ricordato, non certo dai giovani studenti e dai docenti dell’odierna generazione che ne ignorano anche l’esistenza, per la sua straordinaria Storia della Letteratura, per gli innumerevoli Saggi critici, per la sua partecipazione alle vicende del Risorgimento e per le sue peregrinazioni di esule. Poco si fa riferimento alla sua opera di eccezionale personalità politica e governativa, soprattutto nel settore della scuola e dell’educazione. Eppure tutta la sua azione concreta da politico e la sua elaborazione teoretica e critica nel campo dell’estetica e della letteratura portano il segno inequivocabile di una costante e profonda vocazione educativa.L’azione del De Sanctis, come quella dei tanti protagonisti dei primi anni dell’Italia unita, fu rivolta a privilegiare e tutelare i valori civili e sociali attraverso la trasversalità etica del momento educativo per “fare gli Italiani dopo aver fatto l’Italia”. In quest’opera comune acquistava centralità la funzione della scuola. Ma il compito non era facile, né con chiari strumenti e metodologie certe, tanto che il Villari, per chiarirne la difficoltà, poteva far ricorso al suo paradossale aforisma: “sicchè a fare gli italiani ci vogliono le scuole e a fare le scuole ci vogliono gli italiani”. De Sanctis vede nella scuola il mezzo per far acquisire una coscienza morale e civile agli Italiani. Analizzando la prospettiva desanctisiana, ampliandola e adattandola sia al profilo del nostro studente del terzo millennio sia alla presente era tecnologica possiamo sottolineare l’attualità di alcune fondamentali finalità: recuperare il patrimonio di umanità e di cultura del passato e cogliere la profondità storica della cultura per scoprire la “storicità” delle realizzazioni umane, collegando ogni realizzazione umana al proprio contesto storico-culturale per acquisire la strumentazione critica valida per gli assi diacronico e sincronico del tempo presente. La costante del pensiero pedagogico e dell’azione politico-governativa del De Sanctis è stata un continuo invito a coltivare la capacità critica. È una lezione molto attuale per la scuola di oggi che preferisce la didattica del “blobismo” e del “frammento”, l’immagine volatile e adiscorsiva del videoclip e ignora le altre forme di conoscenza fondate sull’articolazione logica e sulla padronanza degli statuti disciplinari.  E come non vedere l’attualità del De Sanctis quando denunciava il nozionismo e il dogmatismo delle formule astratte: “cansavo al possibile le formule, le definizioni, le regole troppo meccaniche e assolute; perché i giovani inclinano al dogmatismo, e se possono afferrare una regola o una definizione, credono avere in mano la scienza, e studiano e giudicano a priori, secondo certi preconcetti. Questo impedisce in loro lo sviluppo dello spirito critico, vizia l’impressione e il gusto, sostituisce alla loro spontaneità una coscienza artificiale. La scuola, quando non vi si rinnovi spesso l’aria, genera quell’insetto roditore del cervello, che dicesi pedanteria. E primo ci capita il maestro, quando non abbia la forza di ventilare la sua intelligenza e si addormenti sulle teorie, e ripeta meccanicamente se stesso”.Ma il De Sanctis non è solo in questo legame teoretico fra politica, educazione, cultura e moralità, in questa Bildung delle società civili, in questo inveramento della paideia greca fondata sul concetto tutto moderno dell’etica dell’azione e del lavoro di contro all’astrattezza della contemplazione “vuota e sterile”. La sua azione politica, per tre volte Ministro della P. I, fu quella di concepire la cultura non elitaria ma come cultura di massa: “Un paese non è colto perché ci siano molti uomini colti. Ci vuole la irradiazione della coltura in tutti gli strati del paese” . La scuola come diffusione di cultura non può che essere “un laboratorio dove tutti siano compagni nel lavoro, maestro e discepoli, e il maestro non esponga solo e dimostri, ma cerchi e osservi insieme con loro, sì che tutti siano attori”. Per realizzare l’obiettivo di un’educazione che fosse promozione culturale di massa, come primo Ministro della P. I. nel 1861 ebbe due preoccupazioni. La prima fu il tentativo di sburocratizzare il Ministero e favorire l’autonomia delle scuole. Egli comprese ed evidenziò, unitamente al Cattaneo, le criticità della legge Casati: necessità di un reale decentramento delle scuole elementari, urgenza di promuovere i processi di formazione  degli insegnanti con la creazione delle “scuole normali” per preparare i maestri, diffusione di scuole elementari obbligatorie e gratuite, promozione e istituzione di scuole tecnico-scientifiche. Si deve proprio al Ministro De Sanctis l’istituzione ad Avellino della Regia Scuola di Viticoltura con obiettivo di sollevare le condizioni dell’agricoltura e soprattutto di promuovere, attraverso l’ausilio degli studi scientifici, la produzione e la diffusione del prodotto vinicolo. La Regia Scuola Enologica di Avellino acquistò presto una funzione insostituibile e un ruolo scientifico, più che didattico, non solo per la Campania ma anche per tutte le Regioni meridionali e per talune realtà dell’Italia Centrale.  Peccato che in seguito un malinteso licealismo assegnò agli Istituti Tecnici una funzione secondaria di supporto, dimenticando quello che il De Sanctis aveva affermato nel 1861: “nella scuola italiana l’istruzione tecnica deve occupare un posto centrale”. Un monito molto attuale che la Riforma Gelmini sembra abbia colto e realizzato con chiara consapevolezza didattica e ordinamentale. L’azione del primo Ministro della Pubblica Istruzione dello Stato unitario, figlio di quell’Alta Irpinia, allora una zona interna tra le più povere, può ben essere riassunta con due finalità significative: l’istruzione come promozione e tutela dello sviluppo sociale, l’istruzione come emancipazione umana e politica del popolo e soprattutto delle masse contadine meridionali. Quanti dei politici meridionali in questi 150 anni si sono ricordati di questi insegnamenti? 

* Componente del Comitato per la razionalizzazione della formazione per il Turismo – Ministero del Turismo