A trent’anni dal sisma…

di Rita Occidente Lupo

Il dramma dei senza tetto. O, meglio, di chi ancora vive, sulla propria pelle, le ferite del sisma dell’80, dividendosi tra il freddo delle lamiere e l’assedio del caldo estivo. Così, ad Avellino, l’uccisione di Pietro Sica, 50 anni, impiegato dell’ ufficio tecnico del comune di Guardia dei Lombardi. Autore, Vito Secchiano, 64 anni, che da tempo lo vedeva acerrimo nemico. Costretto a vivere in una casupola di legno, al di là del paese, Secchiano non si raccapezzava a dover subire i danni del terremoto irpino. A trent’anni circa dal grave sisma, autore di lutti e panico, nella nostra regione, ancora in tanti a non aver potuto cancellare quei fulminei crolli del 23 novembre. Chi s’è arricchito, speculando anche sulla pelle della povera gente e chi, meno furbo, è restato al palo delle attese. Fra leggi e leggine, promesse e speranze, gli anni volati senza segnare una svolta nella precarietà abitativa. L’Avellinese, come il Salernitano, sfigurati dall’evento, scrissero una pagina storica, cruenta, per vittime e tensioni. Ancora chi non riesce a capacitarsi di come la terra, in pochi minuti, abbia potuto inginocchiare le sorti e condizionare l’esistenza di centinaia di abitanti, mutandone rapidamente censo e serenità. Di qui, la labilità psicologica, la precarietà nell’equilibrio, probabilmente a monte del feroce delitto avellinese.