Cari adulti, imparate a restare bambini

Giuseppe Lembo

Purtroppo, in gran parte del mondo e soprattutto del mondo sviluppato, gli adulti hanno dimenticato la loro prima età della vita. Hanno cancellato dalla memoria il mondo dell’infanzia, di quando bambini, vivevano la loro vita innocente e pura, lontani dal mondo degli adulti che ne ha contaminato il corso. La vita dell’uomo va vissuta in tutte le sue stagioni; non c’è età che non abbia il suo interesse, la sua utilità ed il suo fascino. Dall’infanzia che rappresenta l’alba della vita alla vecchiaia che ne rappresenta il tramonto, è tutto un percorso bello da vivere e da godere. Ad ogni età sono legate le diverse esperienze; le une non cancellano le altre. Le une arricchiscono le altre, di un percorso che si completa vicendevolmente, creando, dove c’è serenità, condizioni da veri e propri piaceri dell’anima. Ma sempre più spesso, l’uomo dimentica da dove viene e dove dovrà andare. È, soprattutto, da adulto che non sa restare bambino. Di questa bellissima stagione della vita, se ne cancella ogni traccia, per cui scompare dalla memoria, senza lasciare alcun segno visibile. E così, gli adulti, un tempo bambini, dimenticano il loro passato e non sanno rapportarsi al mondo dell’infanzia, un mondo assorbente e sempre pronto a recepire le istanze degli adulti che, purtroppo, non sanno o corrispondono male alle loro attese. Dimostrano indifferenza, mista a nervosismo; mancano di serenità e manifestano la loro debolezza, la loro sofferta condizione umana fatta di stress e di preoccupazioni per i tanti problemi veri e/o inventati che affliggono la società del nostro tempo. Purtroppo le inquietudini e l’irrequietezza umana hanno cancellato dall’uomo, quella parte dell’animo che è legata alla prima età della vita, meglio conosciuta come “l’età del fanciullino”.L’uomo depresso, l’uomo stressato, l’uomo in sempre crescente conflitto con se stesso e con gli altri, si ritrova da adulto, con un grave ed incolmabile vuoto, dovuto all’assenza pressoché totale dell’anima infantile; ciascuno si compiace di autodistruggere, uccidendola giorno dopo giorno. Il danno che ne consegue è irrimediabilmente grave; scompare la parte migliore dell’essere uomo; scompare l’immagine, la gioia di vivere, la fantasia, la creatività e tutto quanto permette all’esistenza umana di vivere la propria vita con gli altri, pensando serenamente e gioiosamente alla vita di cui, cancellandone l’infanzia, se ne smarrisce il senso, quello vero, senza il quale è difficile, se non impossibile vivere. L’uomo deve smetterla di recitare il ruolo titanico di portarsi addosso tutto il peso del mondo; è un peso che deve essere equamente distribuito tra tutti gli esseri umani. Appartiene a tutti; non c’è bisogno, quindi, di caricarselo o fingere di caricarselo inopportunamente, tutto sulle proprie spalle. Bisogna che ciascuno sappia riprendersi la vita e con la vita, la propria serenità e la propria capacità di essere il più possibile prossimi, il più possibile vicini ai propri figli. Gli adulti non devono abbandonare i bambini a se stessi; vanno curati, seguiti, amati, come persone umane e non come oggetti e/o giocattoli, trattati come cose senz’anima. Va fatto capire che, in ogni momento della giornata, c’è un angelo custode adulto che li sorveglia e li protegge. Il bambino ha in sé una forte capacità di osservazione e di esplorazione; per questa sua capacità, vuole conoscere tutto del mondo. È particolarmente attento alle storie simboliche del mondo; a tutte quelle storie che in sé rappresentano ed intrecciano i destini umani, spesso sfuggenti e misteriosi. Ai bambini non sfugge il significato del loro corso, anche quando ne vengono a contatto in modo fugacemente frettoloso. L’uomo deve imparare a restare bambino ed a capire a fondo le regole di un mondo che ciascuno deve conservare dentro di sé per tutta la vita; è un errore grave cancellarlo e/o considerarlo di poco peso e di poco valore nella vita del bambino che cresce. Gli adulti devono capire che il mondo infantile; il bambino deve vincere sempre, evitando così che, a farla da padrone, siano sempre e solo i grandi, visti nel ruolo di “orco” e/o di padre-padroni, nemici dei bambini. Il mondo corre in fretta. L’uomo non riesce più a fermarsi ed a riflettere sulla propria condizione di uomo, sulla propria vita, sul proprio essere in divenire. Tutto è materializzato in un eterno presente, visto come un cantiere dove i materiali e le impalcature servono a realizzare se stessi, le proprie attese di vita, la propria voglia di conquistarsi il dio successo, nell’indifferenza di quello che succede attorno e che interessa la società nel suo insieme, bambini compresi. Purtroppo l’uomo senza confini del nostro tempo, vivendo la sua confusa esistenza di tipo globale, non sa ritrovare se stesso; c’è poca attenzione per conoscere e conoscersi. Nell’eterno presente, fatto più di mondi virtuali che reali, c’è la convinzione condivisa che serve a poco incontrare l’altro, confrontarsi con l’altro, dialogare e pensare insieme nuove idee, per un mondo nuovo, dove più che chattare o dialogare a distanza, serve incontrarsi, tendersi la mano e far sentire all’altro il proprio calore di uomo. Soprattutto nel mondo giovanile le distanze umane sono sempre più abissali. La solitudine è la grande protagonista silenziosa del nostro tempo. Tanti, ma proprio tanti, allontanandosi dal mondo reale, cercano paradisi virtuali dove, attraverso le illusioni, si pensa (ma il sogno dura poco), di aver trovato il proprio mondo, la propria vita. Siamo in una situazione diffusa e pericolosa; interessa soprattutto i giovani che, sempre più presi dal virus di una vita virtuale, che vita non è. Evitiamo di autodistruggere, permettendo all’uomo di rifugiarsi in un mondo virtuale che, alla fine si rileva bugiardo e senza via d’uscita. Per questo obiettivo, riprendiamoci il dialogo con i nostri figli ricordandoci che, prima di loro, anche noi stessi, siamo stati bambini e che anche noi abbiamo vissuto l’età del fanciullino; oggi vive in loro, per cui facciamo in modo di non spezzare quel filo generazionale che unisce padre e figli. Aiutiamoli a crescere, i nostri figli; tendiamo le nostre mani piene di amore e di comprensione e poniamoli da protagonisti, al centro della scena, sul palcoscenico della vita, dove ciascuno deve sentirsi attore primario e non comparsa. I bambini potenzialmente sono tutti attori; sta a noi conservare in loro questo ruolo anche per le altre stagioni della vita. Senza ipocrisia e con l’impegno che lega una generazione all’altra, costruiamo per i nostri figli mondi di pace e di umanità solidale, nel pieno rispetto della persona umana che non vuole sudditi, ma cittadini; non vuole un popolo-plebe, ma un popolo vero con una sua forte anima di attivo protagonismo; tanto serve a dare all’uomo un futuro certo e vero ed a ridare quella dignità tradita a partire dal mondo infantile nei cui confronti, regna sovrana l’indifferenza generazione, a base del rapporto padre-figlio e, soprattutto la sconsiderata e criminale indifferenza umana protagonista di morte silenziosa per milioni di bambini che vengono al mondo con il destino segnato di morire di fame, in un olocausto senza fine che si consuma nell’indifferenza di un mondo ormai senz’anima, assolutamente incapace di ascoltare il grido di dolore per i tanti diritti negati, compresi quelli del dialogo culturale tra padre e figlio, tra i genitori non più capaci di capire i propri figli ed i figli disperati che maledicono il giorno in cui qualcuno irresponsabilmente ha deciso di farli venire al mondo, per poi abbandonarli a se stessi. Forse era meglio non farli nascere, se la loro vita da bambini non trova l’ascolto e l’interesse degli adulti, incapaci di restare bambini e così capire i loro figli, ai quali va dedicato molto del loro tempo per il gioco e per accompagnarli a diventare uomini, tra l’altro, capaci di ricordarsi sempre di essere stati un tempo bambini.