Paestum: personale dell’artista Antonio D’Acunto

Maurizio Manzo

Dal 12 agosto al 1° settembre 2010, dalle ore 18.00 alle ore 21.00 presso l’Archivio Laboratorio di Paestum di Sergio Vecchio, in Paestum presso l’azienda agricola biologica di Orlando Mandetta, Via Ponte Marmoreo n° 63 (con prenotazione 349 51 43 174) si tiene la personale del maestro vasaio Antonio D’Acunto. E dire che l’artista da ragazzo, nel rispetto della sua indole caparbia, resisteva strenuamente alle sollecitazioni paterne, fino alle ire. Oggi nel sorriso dei ricordi passati ringrazia di aver intrapreso ciò che all’inizio era solo un lavoro, da imparare … forse malvolentieri. Però sin dal primo armeggio della plastica materia ceramica nasce un connubio che ancor’oggi vive una sua evoluzione, passando da momenti estatici a quelli catartici. Sicuro che nel plasmare l’argilla Antonio D’Acunto infonde tutto quanto è il suo essere, sempre in evoluzione, sempre arditamente spinto verso l’incerto futuro, sempre alla ricerca introspettiva di ciò che può essere il divenire. Trasfondendo nelle sue opere la regressione ipnotica rivolta alla ricerca di ciò che è stato e da quale filo dell’eterno rinascere è legata la sua vita. Antonio D’Acunto nasce a Vietri sul mare, paese noto per la produzione ceramica fin dai tempi dell’antica Marcina. Il breve accenno al passato di Vietri sul mare ha un senso quando si ammirano le opere ceramiche dell’artista, di getto si pensa che Antonio D’Acunto abbia una predilezione interpretava ceramica in chiave moderna, a volte astrattista, a volte futurista, sembrerebbe così. Eppure nei suoi lavori c’è l’inconscia ricerca delle proprie radici e, con opere apparentemente astratte o moderne o futuriste, fuoriesce l’anima e l’Io dell’artista alla ricerca di risposte sul proprio essere. Nell’agone di placare, tramite l’immaginifico, la preesistenza lungo l’inestinguibile cammino della vita; con la tecnica di rappresentazione moderna la rivendicazione del passato nel ciclo rigenerativo della vita. Per la vita e nella voglia di renderla piena, completa, l’artista individua in modo estremamente intuitivo i soggetti a cui ispirarsi. Nella personale in oggetto la rappresentazione del mondo animale si lancia in un’integrazione antropomorfa dell’essere animale dando stura ad una correlazione tra l’uomo e l’animale, nel riconoscimento della simbiosi che tra le due specie è sempre esistita dalla notte dei tempi. Colpisce la scultura equestre che delinea una fusione di rappresentazione con ambivalenza all’utilità (un elmo), così come realizzati dai nostri predecessori, rinvenuti in scavi archeologici. Ma l’artista pone la sua ricerca ed opera i suoi scavi archeologici dentro di se. Guardano in carrellata le opere esposte, sembra di percorrere la rivisitazione di varie epoche trascorse fino vedere il futuro immaginifico, auspicabile, ma non certo, come ciò che è stato e che alberga dentro di noi in modo inconscio, ma  presente. L’artista nel momento della plasmatura riesce ad entrare in una sorta di ipnosi regressiva, la quale come una rappresentazione onirica fa riaffiorare, tramite il gesto creativo delle mani, ciò che è stato il divenire del nostro mondo, come un delfino che dal profondo mare riaffiora e salta per poter riprendere fiato. Antonio D’Acunto ha ancora molto cammino davanti a se e, con la caparbietà, con l’intuito, anche con l’ingenuità del suo animo schietto, ci creerà sempre opere che ci meraviglieranno, portatrici di messaggi di vita che dal profondo del nostro inconscio ci trasfonderanno segnali emozionali.