I due volti della vita nelle opere di Elia Tamigi

Rita Occidente Lupo

“E infine abbiamo preso dagli scacchi l’abitudine di non abbatterci se le cose sembrano andar male, il vizio di sperare sempre in un’occasione proprizia e di non smettere mai di cercare una via d’uscita.” Beniamin Franklin. Un messaggio per ogni generazione, che non subisce sbavature di tempo. E che Elia Tamigi ha fatto proprio, allegandolo alle mille creazioni, che la sua originalissima fucina ideativa, non smette di coniare per ogni occasione. Il 27 luglio, in Corso Umberto 167, a Cava de’ Tirreni, taglio del nastro della sua prima personale “…bianco, nero, oro…”. Nativa della cittadina metelliana, l’artista, che vanta alle spalle un percorso accademico lusinghiero spazia con estrema disinvoltura nella scultura, come nella pittura. Preziose le sue svariate opere artistiche, impregnate d’un messaggio universale d’amore. Attarverso le finiture dei pizzi, del gioco figurativo di maschere e ricordi,  in un album fotografico che visita acquerelli, oli, acrilici, pastelli e tutto ciò che rompe la monotonìa dell’arte. La Tamigi, con le sue bambole in fine porcellana, i pastori settecenteschi, le acconciature originali, come d’altronde i costumi e gli abiti, già balzati all’attenzione anche della critica nazionale, per la presenza in manifestazioni folcloristiche, s’appella costantemente alla mitologia. Se il Pierrot rimane prono, con la sua perenne lacrima sul viso, mentre il Pulcinella continua con  il tamburello e la maschera nera a rivitalizzare la leggenda partenepea, la lirica, ancorata al vissuto esperienziale, s’impone con la sua forza scultorea, per l’amore che sublima la stessa morte. La tragica sorte della donna delle camelie, testimonial che l’egoismo non salda mai la sua caparra al presente. “Mi preme rimarcare i due volti della vita nelle diverse opere- sottolinea la Tamigi- che si flettono verso l’allegria ed il dolore. La luminosità, giammai assente, in quanto l’oro, che l’anima, costituisce l’ancora della salvezza divina.” Un afflato fideistico permea anche le sculture più contemporanee.  La superba eleganza, che emana dalla cura delle stesse stoffe, rasenta la sobrietà giammai appesantente il figurativo, dal quale traspare un essere, orfano di orpelli sovrastruttrali.