I giovani ed il loro tempo

Ferdinando Longobardi

I nostri ragazzi hanno avuto in sorte di nascere in una società che consente loro di non morire di fame, di ricevere cure in caso di malattia, di godere di un diritto quasi illimitato di parola e di comportamento, di poter viaggiare senza vincoli, di leggere, conoscere, guardare quello che vogliono, di usufruire di una assai poco consueta libertà dall’oppressione, dallo sfruttamento e dalla violenza; addirittura, una volta maggiorenni, di poter in qualche misura intervenire nelle scelte politiche del proprio paese. Eppure, essi paiono non sapere che questi sono dei privilegi e che non sono affatto garantiti da madre natura. Si tratta, al contrario, di condizioni tanto eccezionali quanto precarie, frutto di tre millenni di sviluppo, di sacrifici, di lotte, di errori e di conquiste della nostra civiltà, la quale, per quanto criticabile, è l’unica che abbia saputo diffondere in un’area non irrilevante del globo condizioni di benessere, di libertà e di dignità umana. Essi non si rendono conto di ciò perché stanno perdendo la percezione della dimensione storica. Non sanno più, in sostanza, che non è sempre stato così, che non dappertutto è così e, soprattutto, che non è assolutamente detto che sarà sempre così. L’unico antidoto a questa pericolosa forma di ignoranza che potrebbe portarli a dissipare inconsapevolmente tutti questi risultati, è senz’altro la conoscenza del passato. Perché allora imparerebbero che tali conquiste è molto più facile perderle che mantenerle, e che il declino di una civiltà è sempre preceduto e accompagnato dallo smarrimento della consapevolezza di quanto sia importante la trasmissione dei valori che l’hanno caratterizzata e che ne hanno favorito lo sviluppo. I principali valori della nostra civiltà, sommariamente riassumibili nei concetti di libertà, progresso, pensiero razionale e scientifico, diritto e democrazia, sono stati elaborati per la prima volta nell’ambito del mondo classico; ed è un dato di fatto incontrovertibile che proprio la riscoperta e la reinterpretazione dei testi del mondo antico abbiano coinciso con quell’epoca di straordinaria ripresa e di sviluppo tecnologico, culturale, artistico ed economico che va dal termine del Medioevo all’Età Moderna per non arrestarsi più fino ai nostri giorni. Può forse sembrare paradossale il fatto che la riscoperta di una tradizione possa dar luogo a un progresso, a meno che non si abbia ben chiaro quello che ogni studioso del mondo classico dovrebbe ben sapere: che quella tradizione ha avuto a proprio fondamento appunto la ricerca equilibrata e quindi duratura del progresso, dell’avanzamento e dell’innovazione in ogni disciplina e in ogni campo dell’azione umana. Ma i greci e i romani sapevano superare il passato proprio perché non lo dimenticavano: non ripudiavano i loro maestri e appunto per questo riuscivano, talvolta, a superarli. È esattamente il contrario di quello che stiamo facendo noi.

 

 

 

 

 

 

Ferdinando Longobardi