I mali del Cilento dalla tassa sul sale e sul macinato, alla tassa sui sogni

Giuseppe Lembo

È sempre più difficile la condizione del Cilento dal punto di vista antropologico-sociale  e della sua economia, priva di impulsi vitali, tali da poterla rendere un utile strumento di crescita del territorio, di sviluppo e di cambiamento, così come richiesto dalle esigenze del futuro globale di questo nuovo secolo e del nuovo millennio. Alla base del cambiamento possibile (parola abusata, ma priva di significato concreto), ci deve essere un nuovo modello di società ed uno stare insieme solidale che ci faccia dimenticare la lunga storia di familismo amorale, una costante del Cilento e del Sud più in generale. Se non si cambia, si muore. Se non si fa presto ad intervenire, le migliori risorse umane del territorio andranno via, depauperando ulteriormente il nostro mondo locale che oggi deve utilizzare con intelligenza la propria identità e le proprie radici, per sentirsi parte viva del mondo globale. Il nostro territorio necessita di cambiamenti profondi. Necessita di nuovi leader capaci di inventarsi il futuro, utilizzando al meglio le risorse di cui dispone il territorio. Il Cilento necessita di un nuovo sistema economico-sociale e di una rete di comunicazione autentica che permetta alla gente di crescere sul piano umano, sociale e quindi dell’azione solidale d’insieme. L’informare la gente serve a questo. Credendo nella comunicazione autentica, penso che sia importante porre all’attenzione della gente il disagio del fare che nel Cilento, si sviluppa nella logica di sempre; dai più viene trascurato l’interesse comune ed il cambiamento possibile, conseguente al comportamento virtuoso di chi agisce istituzionalmente nel governo del territorio, avendo per obiettivo l’interesse comune. Altrettanto primario deve essere l’obiettivo di condivisione etica e di utilità comune delle scelte per il cambiamento. Nel mondo cilentano c’è un profondo e diffuso malessere dovuto alle rappresentanze poco solidali; così come agiscono, rappresentano un’offesa grave per le attese della gente. Il Cilento per affrontare le nuove sfide e pensare come possibile le nuove opportunità, deve saper guardare con lucidità e consapevolezza ai fatti della nostra contemporaneità. Occorrono nuove ed urgenti strategie per un processo di crescita e di cambiamento diffuso; occorre pensare a leader innovativi in grado non solo di mobilitare le risorse attorno agli obiettivi prefissati, ma di preparare anche un modello organizzativo capace di fare proprie, in modo rapido, tutte le innovazioni, con strategie aggreganti per tutti i possibili mutamenti e le nuove opportunità che bisogna saper pensare, soprattutto nei periodi di forti cambiamenti. Il Cilento ormai morente necessita di cambiamenti profondi. Sono possibili, se si governa il territorio e le sue risorse; se si sa superare la lentezza di una burocrazia mummificata, che attende di essere vivificata, umanizzata e di diventare agile, flessibile ed aggregante, per contribuire a radicare intelligentemente tra la gente e con protagonismo le strategie necessarie alla crescita, sotto la spinta della globalizzazione che, altro non è, se non l’insieme dell’umanità di tutte le realtà del pianeta Terra, grandi e piccole che siano, con l’uomo sempre meno stanziale. L’umanità in cammino si muove per cambiare le condizioni di interazione etno-antropologica;  possono migliorare le sorti del mondo, se tutti sanno guardare con più lucidità e consapevolezza ai fatti della nostra contemporaneità, partendo dal proprio territorio. A questa nuova condizione di umanità globale, di società-mondo per una Terra-Stato, deve saper guardare anche il Cilento, pensando al suo passato, tra il mitico omerico ed il pensiero parmenideo dell’essere, può costruire con fiducia il proprio futuro. Per questo percorso che potrebbe portare al cambiamento possibile e quindi allo sviluppo territoriale ed alla crescita umana, c’è da risolvere nel Cilento il grave problema del suo malessere antropico. Il Cilento è fortemente ammalato di uomo; egoisticamente non sa agire per il bene comune, essendo dentro, condizionato dal familismo. Cambiare per non morire, significa investire a piene mani per una diffusa crescita umana e quindi culturale. È così che il Cilento può cambiare; è urgente sapersi liberare dai propri egoismi ed insieme pensare positivo per costruire un futuro che ha le sue radici nell’appartenenza sl proprio passato e che ha per obiettivo primario il protagonismo, la capacità di saper essere cittadini attivi nell’interesse di tutti e la volontà di riscatto da una condizione antica che ieri come oggi ha portato e porta i cilentani ad abbandonare la propria terra, mancando le condizioni per poterci vivere come uomini liberi (liberi soprattutto dal bisogno) e protagonisti del futuro proprio e di quelli che verranno.