Salerno: Pierro e se fosse innocente?

Aldo Bianchini

Da cittadino, prima ancora che da giornalista, sono stato colto da un dubbio clamoroso. Assistendo allo sfascio, almeno personale, di alcuni porporati e non della Chiesa cattolica, pensando ai cardinali Crescenzio Sepe, Michele Giordano, Donato De Bonis e il cerimoniere del Papa vescovo Francesco Camaldo,  tutti più o meno legati allo IOR (la banca vaticana) e poi a “Propaganda Fide” (la società che amministra l’enorme patrimonio edilizio della chiesa), data per scontata la grande amicizia tra Sepe e l’arcivescovo Luigi Moretti (successore di Pierro a Salerno) e considerate, infine, tutte le possibili ramificazioni dell’inchiesta “Grandi Eventi” che porterebbero anche a riferimenti precisi su Massimo Ciancimino (la gola profonda della mafia e dei grandi appalti, figlio dell’ex sindaco di Palermo) mi assale un grosso dubbio e cioè che Pierro (così come tanti altri) abbia soltanto ubbidito ad esigenze superiori della Curia romana. Bisogna analizzare i fatti accaduti negli ultimi decenni per ricostruire, come in un mosaico, la storia recente. Il Papa Santo, Giovanni Paolo II, impresse alla Chiesa una svolta modernizzatrice molto veloce per contrastare il “comunismo dilagante”. Per la svolta servivano soldi, sempre più soldi; non solo per i viaggi papali in tutto il mondo ma anche, se non soprattutto, per foraggiare i movimenti anticomunisti d’oltre cortina. Si impose, quindi, un a cambiamento radicale dell’economia della Chiesa che fino a quel momento aveva accumulato per secoli patrimoni immobiliari di una vastità eccezionale e di difficile governo anche soltanto dal punto di vista della manutenzione. Cosa fare allora, bisognava vendere (non svendere) il patrimonio per fare cassa; questo l’ordine probabilmente impartito e partito in quegli anni tumultuosi. Ed il patrimonio, almeno una piccola parte di esso, è stato venduto con operazioni che a volte hanno dato adito a dei sospetti, come sempre accade tra numerose faccende di compra-vendita. Questa, ovviamente, è soltanto una ricostruzione giornalistica più o meno credibile. E’ chiaro che qualcuno in tutto questo ha ben pensato di arricchirsi a livello personale concedendo vendite a prezzi fuori-mercato e ricevendo in cambio favori e prebende. Questa è la storia umana,e sacerdoti e prelati sono innanzitutto degli uomini. Pensare, però, che tutte quelle operazioni (come nel caso della curia salernitana) di compra-vendita abbiano originato illeciti e mazzette non è corretto. Bisognerebbe utilizzare quantomeno il “condizionale” quando ci si avvicina a tale problematica, anche perché le regole interne della Chiesa sono decisamente diverse da quelle della società civile. Però è storia che proprio in quegli anni il “famigerato” IOR (la banca vaticana) venne prima coinvolto con il cardinale Paul Marcinkus nello clamoroso scandalo del Banco Ambrosiano che portò all’omicidio-suicidio di Calvi e, poi, anche a mai ben esplorati rapporti con la “banda della Magliana”. Se poi gli stessi nominativi che con Marcinkus ebbero a percorrere un tratto di strada insieme come il cardinale De Bonis che era legatissimo al cardinale Giordano (inquisito dal pm salernitano Michelangelo Russo) ed anche al vescovo Camaldo lo spazio per congetture diverse non è molto ampio. Se poi aggiungiamo altre inchieste giudiziarie, tra cui quella della pm salernitana Gabriella Nuzzi, che avevano messo a nudo alcuni conti segreti che portavano dallo IOR fino a Giulio Andreotti il gioco di mettere insieme i vari tasselli del mosaico è bello e fatto. Fortunatamente la giustizia non deve fare inchieste giornalistiche che lasciano il tempo che trovano ma che devono analizzare tutti i probabili vincoli e riferimenti anche soltanto per saperne di più. La Chiesa, oggi, traballa come mai è accaduto nei due ultimi millenni; traballa perché probabilmente molte cose potrebbero essere disvelate anche dalla mancata elezione a presidente della Polonia di Smolensk Kaczynski e dal misterioso incidente aereo in cui qualche mese fa perse la vita il suo gemello Lech. I segreti a lungo custoditi dalla Polonia liberata dal comunismo potrebbero brutalmente venire a galla subito dopo la ormai certa vittoria di Bronislaw Komorowski (liberale, progressista e riformatore). Ripeto, la mia è soltanto una ricostruzione giornalistica che può essere anche scambiata per fantapolitica a sfondo giudiziario. Su questo, però, credo stiano lavorando i magistrati di Perugia che dovranno superare non poche difficoltà. Ebbene se tutto questo dovesse, anche in minima parte, essere vero come inquadrare in questo gigantesco meccanismo planetario la piccola e fragile figura di un vescovo di provincia come quella di Gerardo Pierro. Una risposta, sempre giornalistica, è abbozzabile. Pierro ha ubbidito a quello che, subito tangentopoli, può essere stato un vero e proprio ordine romano: vendere il patrimonio immobiliare della Chiesa. Il nostro prelato ha dato, quindi, il via alla gigantesca operazione riuscendo addirittura anche a concludere un vecchio sogno del suo predecessore don Guerino Grimaldi consistente nell’edificazione del seminario diocesano di Pontecagnano intitolato addirittura a Papa Giovanni Paolo II in vita. La discesa, infine, del Papa a Pontecagnano per suggellare l’attenzione che la Curia romana aveva per l’opera eccellente di Gerardo Pierro come “grande produttore” per le esigue casse vaticane. Da qui discenderebbe la liceità in generale dell’azione di Pierro, senza nulla togliere alle inchieste giudiziarie che dovranno ancora giungere a compimento e senza rendere risibili alcune responsabilità in capo all’arcivescovo che sembrano piuttosto evidenti. Alla prossima.