Sinistra Critica: crocevia Pomigliano

Leggendo punto per punto “la proposta di accordo unilaterale” presentata da Marchionne e sottoscritta da Ugl, Fismic, Uil e Cisl, si rimane impressionati prima di tutto dall’arroganza da vecchi padroni del vapore che trasuda ad ogni riga. Una vicenda, quella di Pomigliano, destinata a cambiare, in un modo o nell’altro, la storia delle relazioni industriali nel nostro paese. Una svolta che riporta immediatamente alla memoria i “35 giorni della Fiat” conclusasi con la marcia dei 40.000, ma le differenze sono nella sostanza. Una vicenda paradigmatica, primitiva e moderna insieme, come gli effetti della crisi economica che attraversa le economie di tutto il pianeta.Partiamo dai contenuti: la Fiat si impegna a non chiudere lo stabilimento di Pomigliano, “riportando” in Italia la produzione della nuova Panda, destinata allo stabilimento di Tychy (Polonia). In cambio di cosa? Il testo sembra parafrasare, ribaltandolo, il “Vogliamo tutto” di sessantottina memoria. Cinque pagine che proviamo a riassumere punto per punto: Rotazione di 18 turni settimanali, ovvero fino al sabato notte (o domenica notte), con la domenica dedicata alle sole attività di manutenzione che ruotano su 21 turni. Disponibilità obbligatoria di 120 ore di straordinario annuali (erano 40) senza accordo sindacale (preavviso unilaterale di 4 giorni) a turno intero (8 ore aggiuntive) a retribuzione ordinaria in deroga al contratto nazionale dei metalmeccanici. Possibilità di cambiamento di mansione prima dell’avvio della nuova produzione… e successivamente. La mobilità interna sulla linea sarà gestita quotidianamente. Tre pause di 10 minuti sostituiscono le due di 20 minuti attualmente in vigore. Le pause per i pasti sono collocate a fine o inizio turno, tempo utilizzabile per lo straordinario a retribuzione ordinaria. Dunque, cancellazione delle pause per i pasti.“Le perdite della produzione non effettuata per causa di forza maggiore o a seguito di interruzione delle forniture potranno essere recuperate collettivamente, a regime ordinario” durante le pause pranzo, o nei giorni di riposo individuale. Contro l’assenteismo “viene individuata quale modalità efficace la non copertura retributiva a carico dell’azienda dei periodi di malattia correlati al periodo dell’evento”. Si tratta dei primi 3 giorni di malattia, i successivi sono a carico del sistema sanitario nazionale. In caso di assenze relative alle operazioni elettorali, l’azienda può chiudere lo stabilimento, e retribuire i lavoratori con istituti retributivi quali le ferie. 2 anni di Cigs straordinaria (largamente a carico dello stato) per la ristrutturazione dello stabilimento. Sono abolite le voci di salario integrativo: paghe di posto, indennità disagio linea, premio mansione e premi speciali.Infine l’incredibile clausola di responsabilità (punto 13): in caso di comportamenti contrastanti l’accordo  “anche a livello di singoli componenti, libera l’Azienda dagli obblighi derivanti dalla eventuale intesa nonché da quelli derivanti dal CCNL Metalmeccanici” a partire dal riconoscimento dei contributi sindacali e dei permessi retribuiti. Flessibilità, mobilità, aumento dell’intensità del lavoro, riduzione del salario, deroghe al contratto nazionale di lavoro e alla stessa possibilità di utilizzare i diritti sindacali stabiliti dallo Statuto dei lavoratori e dalla stessa Costituzione italiana. “L’innovatore” Marchionne ha deciso di battere sul tempo Tremonti, il quale proprio in questi giorni ha annunciato di voler modificare l’articolo 41 della costituzione che vincola la libera iniziativa privata all’utilità sociale e al rispetto della dignità umana. Detto e fatto. La proposta di accordo unilaterale prova a far passare l’idea che l’unica soluzione alla crisi e alla disoccupazione sia accettare la logica aziendale, le sua “libertà totale”, come unica razionalità possibile: lavori se rinunci al salario sottraendo occupazione ad altri lavoratori; sopravvivi se rinunci ai diritti e alla democrazia. L’azienda e la massimizzazione del profitto divengono un moderno Leviatano a cui sacrificare tutto. Il modello che Fiat prova a imporre è quello che, tra gli altri, Beverly J. Silver descrive come “Lean and Mean” (snello e miserabile) cercando contemporaneamente di applicare il World Class Manufacturing, la famosa qualità totale del modello Toyota ad alta intensità di lavoro, e salari miserabili per competere sul lato del prezzo. Oltre all’aspetto sindacale, il “ricatto” della Fiat ha poi un indubbio significato politico costituente. Pomigliano diviene sostanza e metafora delle politiche economiche che i governi dei paesi Ocse applicheranno oggi e domani  combattere la crisi con gli stessi strumenti che l’hanno generata. Lo Stato non rinuncia a spendere, ma solo per salvare la profittabilità del capitale, sia quando si tratterà di sostenere la ristrutturazione della Fiat, sia quando si tratterà di salvare le banche. Secondo questo disegno, il sindacato da strumento di conflitto e di rappresentanza deve divenire una ulteriore risorsa mobilitabile nella strategia aziendale di aumento della produttività attraverso l’azione congiunta dell’attacco al salario e dell’aumento dell’intensità del lavoro. Chi non ci sta viene considerato un ostacolo da rimuovere. È la condizione in cui oggiAggiungi un appuntamento per oggi viene posta la Fiom, e in cui domaniAggiungi un nuovo appuntamento per domani si ritroverà qualsiasi opposizione sociale, dagli insegnanti ai No Tav. Il referendum-farsa del 22 giugno sarà un’ulteriore tappa in questa direzione. Verrà chiesto ai lavoratori se accettano l’accordo o se “preferiscono” la chiusura dello stabilimento. Meraviglia della democrazia formale. Queste scelte non rappresentano né preannunciano una nuova struttura capitalistica di accumulazione, ma disegnano piuttosto una traiettoria incerta, una navigazione a vista, dentro la quale il capitale riafferma i suoi automatismi di classe. Il crescente peso della domanda estera permette agli Stati, più che in passato, di attuare politiche deflazionistiche e di compressione salariale senza pagare l’intero conto in termini di riduzione della domanda. Le divergenze tra Stati Uniti e Germania sui tempi di rientro del debito pubblico, in fondo, sono l’espressione di strategie diverse, non tanto di uscita dalla crisi, ma di collocazione del proprio capitale quando si uscirà dalla crisi medesima. L’Unione Europea a guida tedesca vuole sfruttare l’emergenza per comprimere il salario diretto e indiretto e guadagnare “competitività” sulla pelle dei lavoratori e attraendo capitali anche attraverso un fisco non ulteriormente appesantito. Il tutto viene presentato come l’unica via percorribile dentro condizioni di mercato presentate come oggettive. In questo quadro, Pomigliano rappresenta la declinazione italiana di tale strategia: un modello che non si pone l’obiettivo di rialzare la domanda e l’occupazione, delegate ad un astratto ciclo economico internazionale, ma che permetterà al capitale italiano di rilanciare la sua profittabilità e la sua aggressività internazionale. Pomigliano, come spiega il ministro Maurizio Sacconi, deve «fare scuola». «Una volta passato, questo modello – dice Giorgio Cremaschi della sinistra Cgil – le aziende faranno la fila per imitarlo e quindi per stringere a un angolo lavoratori e sindacato».È possibile accettare questo meccanismo, potenzialmente infinito, di concorrenzialità e liberismo esasperato applicato ai salari e di protezionismo asimmetrico per le grandi banche e le grandi industrie? Sono sempre più convinto che l’unica soluzione sia contrapporre alla rigidità imposta dal capitale una rigidità conflittuale del lavoro. Quando la storia accelera non presenta molte possibili alternative. OggiAggiungi un appuntamento per oggi ci sarebbe una grande necessità di una vertenza internazionale dei lavoratori Fiat intorno a una piattaforma articolata ma unitaria, capace di contrapporsi allo logica che abbiamo appena descritto. Un’utopia forse, ma esiste un’altra strada? La recente vittoria dei lavoratori cinesi dello stabilimento Honda di Foshan, i quali sono stati capaci di ottenere il 23% di aumento del salario dopo 14 giorni di scioperi selvaggi e illegali, ha innescato una spirale di aumenti salariali in tutto il paese: una piccola grande lezione. Il 17 ottobre a Bruxelles si svolgerà una manifestazione internazionale che chiede una Europa sociale capace di rompere il ricatto liberista. Riduzione dell’orario di lavoro, salario minimo europeo, salario sociale per disoccupati sono le coordinate di un nuovo possibile grande movimento globale  contro la crisi del liberismo. La posta in gioco non è semplicemente sindacale, e necessita di una risposta all’altezza delle contraddizioni in campo. Lo sciopero del 25 giugno è una prima importantissima tappa.