Giustizia: tra Giordano a Adami/Palatucci

Aldo Bianchini

Quando si dice che la giustizia non è mai giusta perché è fatta dagli uomini. Potrebbe bastare questa enunciazione per comprendere meglio quanto oggi sto per raccontare. Una notizia di qualche settimana fa mi ha spinto nuovamente a parlare della giustizia e del suo doppiopesismo, soprattutto quando i giudici ce la mettono proprio tutta per sentenziare tutto e il contrario di tutto. Dunque vengo alla notizia. Antonio Adami e Marco Palatucci, accusati dell’omicidio di Massimiliano Esposito (fratello del pentito Carmine, meglio noto come “due botte” per significare che sparava sempre due volte), in carcere dal 30 agosto 2005 al 29 settembre 2008 (tre anni e un mese), sono stati assolti dalla Corte di Appello che ha già stabilito l’indennizzo per ingiusta detenzione determinandolo in 300mila euro per Antonio Adami. E’ ancora in corso il giudizio per la definizione dell’indennizzo a favore di Marco Palatucci sulla cui richiesta di 500mila euro il pg si è già pronunciato favorevolmente. Forse al momento in cui scrivo il caso è già risolto. Evviva, mi sono detto tra me e me, la giustizia ha vinto ed un clamoroso errore giudiziario è stato smascherato. Sinceri complimenti anche agli avvocati Francesco Guerritore e Francesco Saverio D’Ambrosio per il loro costante, professionale ed indefettibile impegno in una difesa portata avanti sul piano documentale e dibattimentale senza precedenti. Leggendo la notizia ho pensato: “Che peccato che quel povero ex sindaco di Salerno prof. Vincenzo Giordano non abbia avuto lo stesso trattamento sia in sede processuale penale che in quella della richiesta di risarcimento danni per l’ingiusta detenzione e per tutto quello che dovette subire da quel famoso 31 maggio del 1993”. Ma erano altri tempi, obietterà qualcuno. Certo che erano altri tempi, ma erano più o meno gli stessi giudici e poi Giordano mica era accusato di “omicidio” dalla stessa povera vittima come nel caso di Adami e Palatucci. In questo caso la Corte di Appello e la Procura Generale hanno davvero fatto le cose nel rispetto più alto della giustizia, non c’è dubbio alcuno. I giudici hanno freddamente e senza tentennamenti agito e operato per l’affermazione della giustizia per cui anche chi non è uno stinco di santo se per un reato viene ingiustamente incarcerato deve essere indennizzato. Altro che Vincenzo Giordano che il 31 maggio 1993 quando varcò la soglia delle patrie galere era assolutamente incensurato. “Bisogna rispettare le regole e soprattutto le procedure” dirà qualche altro. Giusto, ma quando chi deve far rispettare le regole e le procedure ci mette tutto l’impegno possibile, oltre l’umano, per andare a scovare anche i cavilli più nascosti al fine di bocciare la richiesta di indennizzo (è il caso di Giordano!!) mi sembra doveroso esprimere almeno qualche perplessità. Nel caso Giordano la Procura Generale si impegnò in un’accorata difesa dello stato e mise in atto una ricerca certosina della minima pagliuzza andando a studiare e ristudiare tutti gli atti del processo. Alla fine la richiesta di risarcimento non venne accolta. Con buona pace di tutti e con grande intima soddisfazione, credo, di tutti quei giudici che avevano lavorato anche nottetempo per cancellare quel poco che rimaneva del “sindaco della gente”. Conta poco, veramente poco, che alcuni di quei giudici erano stati anche, forse, i carnefici del sindaco nel corso del lungo iter processuale penale. Ma così è la giustizia. Peccato che Giordano non scelse all’epoca giovani e valenti avvocati almeno per rivendicare le giuste ragioni della sua richiesta di risarcimento.  Scomodo George Bernard Shaw, me lo consento anche io ogni tanto, per dire che “La giustizia è sempre giustizia, anche se è fatta sempre in ritardo e alla fine è fatta solo per errore”.