I Gesuiti e la devozione cattolica agli angeli

don Marcello Stanzione

 

Se nella storia della spiritualità cattolica i mistici hanno nettamente definito la devozione agli Angeli e, particolarmente agli Angeli custodi, se ne hanno segnato le differenti manifestazioni ed indicato le pratiche, furono principalmente i Padri della Compagnia di Gesù che l’hanno resa veramente popolare. Il loro fondatore Sant’Ignazio aveva letto Ludolfo il Certosino e, forse, gli Esercizi di Cisneros. Questi autori gli ispirarono una grande devozione agli Angeli. Nelle sue Regole, egli ordina ai suoi figli gesuiti di imitare la purezza degli Angeli e spesso, il P. Manara  ne è garante ; esprimeva il desiderio di ritrovare, nei membri della Compagnia di Gesù, la carità, lo zelo delle anime e la serenità inalterabile degli Angeli. Negli Esercizi, Sant’Ignazio attira l’attenzione dei partecipanti al  ritiro spirituale sull’importanza degli Angeli. Segnala e sottolinea il loro intervento in tutti i misteri della vita di Cristo, dove li incontra (Annunciazione, Agonia, Resurrezione … ) ; appaiono come nostri intercessori, nel primo Preludio della contemplazione dell’Amore ; descrive, da psicologo, al seguito di Origene e di Sant’Agostino, la natura ed il carattere delle loro ispirazioni (citare voce : Discernimento degli Spiriti). L’esempio di Sant’Ignazio fu una luce per il Beato Pietro Favre.  Favre è uno dei primi compagni di sant’Ignazio di Loyola. Nacque a Villaret, nella Savoia, il 6 aprile 1506 da povera famiglia, ma volle studiare e dopo alcuni anni andò in un collegio alla Sorbona di Parigi, assegnato nella stessa stanza degli studenti Ignazio e Francesco Saverio. Come Francesco fece gli esercizi spirituali e fu ordinato sacerdote il 30 maggio 1534. Il 15 agosto dello stesso anno celebrò la Messa nella cappella di Montmartre, durante la quale i primi sette compagni di sant’Ignazio pronunciarono i voti. A Roma insegnò alla sapienza Sacra Scrittura e in seguito dovette confutare le dottrine luterane, predicate dall’agostiniano Agostino Mainardi. Nel 1541, in Germania assistette ai colloqui di Worms e partecipò alla Dieta di Ratisbona, presente Carlo V. Andò poi in Spagna, dove predicò in diverse città, in Belgio, in Portogallo. Da qui fu richiamato per recarsi come teologo al Concilio di Trento, ma giunto a Roma gravemente ammalato, morì il primo agosto 1546. Fu beatificato da Pio IX nel 1872.   Ecco quanto ci riporta di lui  S.Francesco di Sales, che lesse con attenzione ed ammirazione la sua vita, in Filotea  I I,16: “Il grande Pietro Favre, primo sacerdote, primo predicatore, primo lettore di Teologia della  santa Compagnia di  Gesù   e primo compagno del b. Ignazio di Loyola  fondatore della stessa Compagnia , tornando un giorno dalla Germania dove aveva reso grandi servizi in onore di Nostro Signore sostando nella nostra Diocesi, sua patria d’origine, raccontava che attraversando molti paesi eretici aveva ricevuto infinite consolazioni nel salutare gli angeli protettori delle parrocchie e diceva di averne sperimentato sensibilmente l’assistenza. Lo avevano  protetto dalle imboscate degli eretici ed avevano reso molte anime aperte e docili nel ricevere la dottrina della salvezza. Lo esponeva con tanto calore che una donna allora giovane avendolo udito direttamente dalla sua bocca lo ripeteva agli uditori ancora con profonda commozione quattro anni fa ossia sessantanni dopo!” (  la donna di cui parla Francesco di Sales aveva udito padre Pierre Favre nel 1544. Se si considera che la Filotea è stata pubblicata nel 1608, il quattro anni fa  corrisponde al 1604, cioè sessant’anni dopo il 1544). L’iconografia che riguarda Pietro Favre sottolinea spesso la sua devozione e familiarità con gli Angeli nel suo peregrinare missionario, dalla Spagna  all’Italia e alla  Germania. Un’ immaginetta francese del secolo scorso ce lo presenta con un biondo giovanissimo  angelo dalle ali candidissime in volo sopra la sua testa che gli dà suggerimenti, un’ altra stampa ottocentesca di cui non conosciamo autore ce lo presenta accompagnato e consigliato da un angelo che somiglia, per il sanrocchino e il petaso che porta, all’arcangelo Raffaele, mentre entra in una città della Germania per predicarvi. Dal cielo angeli lo benedicono, in lontananza un angelo di una parrocchia cattolica, abbandonata dai fedeli datisi al luteranesimo,  esulta  sopra la chiesa stessa per il suo arrivo. Abbiamo visto prima, in quale intimità Favre vivesse con gli Spiriti celesti, e quanto amava salutare gli Angeli delle Province e delle Città, a sollecitare il concorso degli Angeli custodi per guadagnare le anime a Dio. Questa stessa pratica fu seguita da San Pietro Canisio. Il P. Nadal, ricordandosi dei consigli di P. Favre, augura che si invochi l’Angelo custode “confidenter ac familiariter in suavitate cordis ac luce” e che ci si abbandoni alla sua condotta “come un bambino timido, tremante e debole” si affida ad “un gigante magnanimo”. Un altro gesuita grande devoto agli Angeli custodi fu P. Pietro Coton, confessore del re Enrico IV e rinomato predicatore (+ 1626). Uno dei biografi del P. Coton, il P. Roger, ha scritto di lui : “Aveva una tale devozione verso il suo Angelo custode, che non esitava a ricorrere a lui, nelle sue difficoltà, con una fiducia piena d’amore e di venerazione ; ne raccoglieva non solo i consigli, ma anche rivelazioni sul futuro. Lo consultava per sapere la strada che doveva prendere e non smetteva di ricordare i pericoli che il suo Angelo custode gli aveva evitato e di rendergli grazie” ( De vita Patris Petri Cotoni). Possediamo una testimonianza di questa devozione sincera e profonda, nelle sue meditazioni e nelle sue preghiere, molto belle e piene di dottrina a San Michele, a San Gabriele, all’Angelo custode, agli Angeli, scritte nella lingua un po’ troppo impregnata dell’umanesimo devoto. La si trova inserita nella sua “Interiore occupazione di un’anima devota” : raccolta di preghiere, di aspirazioni e di orazioni giaculatorie, composta per alimentare la pietà di una delle sue penitenti e facilitare le sue meditazioni (1^ edizione, 1608). I suoi sermoni sugli Angeli, in generale, e gli Angeli custodi, in particolare, ci forniscono un’altra prova della devozione di P. Coton per gli Spiriti celesti. Noi non possiamo sempre vedere in quale misura questi uomini contribuirono ad inculcare la devozione agli Angeli. Sappiamo almeno che, come abbiamo precedentemente visto San Francesco di Sales prese per modello della sua devozione verso gli Angeli, il Beato Padre Favre. Gli scritti sono un altro mezzo di propaganda. Già agli inizi del XVII secolo, i Trattati ed i Manuali di pietà sugli Angeli si moltiplicano, scritti dai Padri della Compagnia. Dalla pubblicazione del “Trattato e pratica di devozione agli Angeli” di San Francesco Borgia, nel 1575, fino al 1650, io conto almeno venticinque opere di devozione sugli Angeli, senza contare l’opera fondamentale del teologo gesuita Suarez, De Angelis, che è datata del 1630. – Molti di questi Trattati furono ristampati e tradotti. Citiamo tra gli altri : F. Albertini, “Libellus de Angelo custode”, Colonia, 1613 ; G. Stengel, “De tribus Angelis principibus”, 1627 ; Jean Drexel, “Horologium auxiliaris tutelaris Angeli”, oper. Anversa, 1643, t. I, p. 290 s. ; Et. Audebert, “Belle confession de foy touchant l’invocation de l’Ange gardien”, 1624 ; Joannes Ludovicus de la Cerda, “De Excellentia Coelestium Spirituum Imprimis de Angelis Custodis ministerio”, Parigi, 1631. Le pubblicazioni sugli Angeli, alla fine del XVII e nel XVIII secolo, non sono meno numerose. Tra queste produzioni ulteriori bisogna citare : il Padre de Barry, “Devozione sugli Angeli”, Lione, 1641 (una seconda edizione apparve nel 1644 ; e due traduzioni in italiano nel 1696 e nel 1722) ; J. Crasset, “Trattato dei Santi Angeli”, 1691 ; P. Coret, “Il giornale degli Angeli”, 2 volumi, Liegi, 1718 ; Trombelli, “Trattato sgli Angeli custodi”, 1767. – Tra i sermoni sugli Angeli custodi bisogna citare quelli di P. Segneri, “Sermoni sugli Angeli custodi”, Op. ed. Venezia, 1721, t. I, 454-456, e t. II, p. 638-646. I direttori gesuiti delle Congregazioni della Santa Vergine inculcavano, ugualmente, questa devozione agli Angeli ed all’Angelo custode, a quelli che essi, specie nei collegi della Compagnia, dovevano formare alla pietà. Basta aprire i vecchi Manuali dei Congregazionisti per convincersene. Così il “Libellus sodalitis”, di Ingolstadt (1588) invita il lettore a ricordarsi la presenza dell’Angelo custode, la sera, prima di coricarsi (p. 136). Quello di Friburgo (1626) contiene l’Inno in onore degli Angeli custodiOrbis patratos optime … “ e due altre preghiere in loro onore. Nelle sue meditazioni, pubblicate, la prima volta, nel 1612, P. Luigi Dupont ne ha inserita una sugli Angeli custodi, che, da sola, vale un trattato (Meditat., Parte VI, medit. 34). Si comprende facilmente perché la Compagnia di Gesù si è impegnata così energicamente nel propagare questa devozione agli Angeli.  I maestri, i predicatori ed i direttori gesuiti vi vedevano, con ragione, un mezzo eccellente di formazione e di perfezione per le anime loro affidate. Ci auguriamo che anche i gesuiti del ventunesimo secolo si impegnino ancora a diffondere l’amore agli spiriti celesti.