Una nuova idea di Stato

Angelo Cennamo

La crisi economica che ha investito l’Europa non accenna ad esaurirsi. Paesi come la Grecia, la Spagna ed il Portogallo faticano a tenere in ordine i conti pubblici e ad adeguarli ai parametri imposti dalla UE. L’Italia non è ancora sull’orlo del precipizio, ma soffre non poco a causa dell’enorme debito pubblico ed al basso tasso di crescita. Problemi antichi che oggi, però, non ammettono più deroghe ed eccezioni. Il ministro Tremonti ha annunciato per il prossimo biennio una manovra di 27 miliardi di euro. Non saranno aumentate le tasse, ma si profilano tagli a molti comparti della spesa pubblica, a cominciare dagli sprechi della politica e della burocrazia. Insomma, si prevedono tempi di austerità e di sacrifici : non c’è una lira, pardon un euro! Angelo Panebianco, noto editorialista del Corriere della sera, ha sentenziato che il socialismo è morto, e che per il futuro dovremo abituarci a nuovi standard di vita. La diagnosi è spietata ma è difficile dargli torto. Per sessant’anni gli Stati europei si sono crogiolati con politiche sociali scrupolose ed attente a qualunque bisogno della collettività. Nella collassata Grecia l’importo delle pensioni di anzianità è pari al 97% dell’ultima retribuzione. In Italia circa il 67%. In Germania intorno al 50%. Ad alcune latitudini, guarda caso quelle più meridionali, il socialismo si accompagna al vizio della scaltrezza, erroneamente rappresentato dalle nostre parti come la dote riservata da madre natura agli uomini più intelligenti e conoscitori della vita. Gli scaltri, a Napoli e dintorni, sono “Chilli bbuon”, ovvero quelle persone che non si fanno abbindolare dal prossimo. Per questo sono meritevoli di rispetto e di ammirazione : le donne se ne innamorano e gli amici li eleggono a leaders. Ma si dà il caso che “Chilli bbuon”, in Regioni come la Campania, la Calabria e la Sicilia, siano davvero tanti. Ed allora la competizione tra i furbi si trasforma in una olimpiade della trasgressione e della truffa alle istituzioni, da quelle locali fino ad arrivare allo Stato. Falsi invalidi, falsi terremotati, consulenti a scrocco, maestri di sostegno che avrebbero loro stessi bisogno di un tutor, organizzatori di corsi di formazione, beneficiari di fondi europei per progetti improbabili o di dubbia realizzazione. Sessant’anni di furbizia mescolata al socialismo hanno portato l’Italia ad un passo dalla bancarotta. Questo mondo ora sta per finire, siamo all’ultimo giro. Occorre quindi costruire una nuova forma di Stato, con un’architettura più snella e più sobria, e nuovi modelli di convivenza e di sviluppo. E’ il momento del liberalismo. Già. Ma quello vero, non il liberalismo annunciato nelle campagne elettorali dal nostro premier per sconfiggere la sinistra comunista delle toghe rosse e degli intellettuali radical chic che non hanno mai lavorato. Meno politica, meno Enti, meno burocrazia, ed anche meno assistenza a chi non la merita. In compenso, più società civile e più libero mercato. Nel sud, in particolare, la politica si è trasformata in un vero e proprio deceleratore di sviluppo, una zavorra pesantissima che, in alcuni casi, produce più danni perfino della criminalità organizzata. La nuova idea di welfare state impone che lo Stato e la sua gigantesca macchina amministrativa si facciano più piccoli, e soprattutto meno invasivi. Si riscopra il diritto privato e si accantoni, una volta tanto, quello pubblico. Lo Stato moderno dovrà necessariamente occuparsi di poche cose, solo di quelle che sfuggono alla competenza ed alla capacità dei singoli individui, e adoperarsi per le sole fasce deboli, alle quali non va chiesto un solo euro di tasse. A proposito di tasse, non sarebbero più basse ed eque se i nostri contributi previdenziali potessimo destinarli liberamente ad una impresa assicurativa?  

 

6 pensieri su “Una nuova idea di Stato

  1. potrei dirti di guardare al nord, dove welfare e sviluppo vanno di pari passo. potrei dirti dimmi una società liberale, con meno stato, dove tutti i cittadini sono felici e vivono bene. ti potrei dire che combattere il socialismo, quando non c’è socialismo, è un esercizio retorico molto comodo.
    io credo che il welfare state sia una connotazione europea che dovremmo, insieme, difendere fino alla morte. credo che nei momenti di crisi ci sia bisogno di più welfare specialmente per le persone più deboli.
    sono molto daccordo con te che bisogna essere spietati contro i fannulloni, approfittatori cioè quelli furbi. quello che chiedo è semplicemente di declinare queste categorie per quello che sono e non creare settarismo e guerre tra i poveri etichettandoli, secondo comodo,come meridionali, impiegati pubblici, extracomunitari, travet, medici – ciò è veramente sbagliato e dannoso.
    anche volendo seguirti sino ad oggi non ho visto e non vedo in giro tutta questa sapienza privata ed ancor di più non vedo esempi edificanti, specialmente nelle materie di tutti (sanità, istruzione, trasporti pubblici, welfare in generale)anzi, per quello che so, in queste materie i privati sono molto meno efficienti ed in genere offrono un servizio peggiore.
    ecco perchè la tua visione mi sembra un salto nel buio e veramente poco reale e molto teorica, anche se molto suggestive e “appetibile” in questi momenti dirigurgito lileral/liberista.

  2. Welfare è un termine che affonda le sue radici nel liberalismo anglosssone : “welfare liberalism”. Non c’è contraddizione tra welfare e liberalismo, a condizione che il welfare riguardi solo i ceti più bisognosi.
    Tu dici che non c’è socialismo. La verità è che tutta la nostra cultura politica di italiani e di europei ( continentali) è impregnata di socialismo. Lo è stato nella prima Repubblica, lo è, un pò meno, adesso. Finanche il governo Berlusconi si ispira ad un liberalismo di stampo socialista ( liberalsocialismo). Non è un caso che molti esponenti del Pdl provengano da quella cultura, sia pure più riformista di quella democristiana e di quella comunista. Stanziare decine di miliardi per salvare il Comune di Catania dalla bancarotta cos’è se non un provvedimento socialista?
    Va bene aiutare i poveri, ma stanziare fondi per difendere l’asino del salento dalla sua estiznione ha poco a che fare con il sociale.
    Cordialità AC

  3. Penso che ci sia della confusione in giro: si confonde il Socialismo con la SAOCIALITA.
    in bocca al lupo

  4. Nessuna polemica. Ho solo provato a fotografare una realtà che, per una serie di ragioni, è divenuta insostenibile. La Campania è nelle stesse condizioni della Grecia : confrontiamoci su questo.

    AC

  5. Sottoscrivo in toto. E’ per questo che il federalismo fiscale non va giù a nessuno da queste parti e che c’è un accordo trasversale per farlo saltare, creando scandali e prendendo tempo. Non si potrà fare più il gioco delle tre carte: io pago i debiti tuoi, tu paghi i debiti miei. Certo era troppo bello – prima del federalismo fiscale – creare in Campania il problema dei debiti della sanità: così si sono arricchiti quegli avvocati che hanno fatto ingenti fortune con i decreti ingiuntivi (un centinaio alla volta cadauno)… così si è arricchita la governance della Regione Campania, con il sistema del “factoring” (ovvero pizzo autorizzato)… oppure con i derivati propinati dal figlio dell’ex Governatore in tutta Italia. Ci sono persone che sulle finte invalidità hanno creato un business per esempio. Tanto poi Pantalone paga…. Ora che i cordoni della borsa si stringono pagherà il giusto per il peccatore. Io personalmente non mi preoccupo più di tanto, sono un professionista serio, non ho mai fatto intrallazzi. Ho solo lavorato il doppio dei furbi “con la cazzimma”, guadagnando la metà.

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