Divertirsi o stordirsi?

Giovanna Rezzoagli

Il termine divertimento ha radici etimologiche latine, derivando da divèrtere, che in senso letterale significa “prendere un’altra direzione” in senso figurato “distogliere, distrarre l’animo da pensieri molesti e/o dolorosi”. Il termine stordimento deriva dal verbo stordire (dal sostantivo latino turdus e s-sottrattivo), e assume il significato figurato di “provare un senso di sbalordimento, di attonicità”, usato come verbo riflessivo stordire assume il significato di “distrarsi, cercare svago”. Apparentemente due termini diversi, ma con un significato in comune “distrarsi, distogliersi dai pensieri affannosi”. Questa premessa, se vogliamo piuttosto tecnicistica, per approcciare alcune riflessioni su ciò che oggi significa divertirsi, e sulle sue conseguenze. Come prima osservazione si può ragionevolmente evidenziare che, anche in tempi di crisi economica, i locali notturni e le discoteche durante i fine settimana lavorano a pieno ritmo. Così come i bar e i locali di ritrovo in cui ogni giorno si consuma l’ormai rituale happy hour, letteralmente “ora felice”, che vede riunirsi sempre più spesso giovani e giovanissimi per consumare in compagnia alcolici a prezzo ribassato. Il punto nodale di questi nuovi fenomeni sociali in forte espansione, è rappresentato proprio dallo sdoganamento del consumo di alcolici in compagnia. Per molti stare in gruppo assume un significato di condivisione, di libertà dalle costrizioni cui si è soggetti in altri contesti. L’assunzione di bevande alcoliche favorisce l’allentarsi delle inibizioni, creando un’effimera percezione di benessere particolarmente pericolosa per i soggetti più giovani. La stessa fenomenologia la si osserva in coloro che frequentano abitualmente i locali di ritrovo al sabato sera, con l’aggiunta dell’esposizione al rischio di iniziare ad assumere droghe e/o sostanze psicotrope. Il tutto, aggiunto ad ore ed ore di musica ad alto volume, produce veri e propri stati di stordimento. Stordimento che non è più solo una forma estrema di divertimento e di ricerca di svago, ma diventa un modo per ottundere i pensieri, per raggiungere un elevato livello di attonicità, tale da allontanare da ciò che rappresenta il quotidiano. Non più il semplice e naturale bisogno di divertimento in compagnia, ma una vera e propria esigenza di sfuggire alla realtà. Per molti desolante e depauperata di stimoli. Da un lato la sana esigenza di distrarsi, dall’altro la malsana esigenza di allontanarsi dal proprio mondo, e soprattutto dal proprio se. Cosa determina tutto ciò? Un fenomeno sociale, come è diventato negli ultimi tempi lo “sballo necessario”, non può essere spiegato in maniera univoca e superficiale, tuttavia è possibile notare come un elemento caratterizzante molti soggetti che ricercano lo sballo del sabato sera sia individuabile nella noia. Una noia di vivere generalizzata, che porta a ricercare emozioni sempre più estreme, sempre più al limite. Non solo un problema delle nuove generazioni, un problema di tutti. Chiunque di noi potrebbe incrociare un sabato notte un’auto guidata da un “giovane annoiato”, e rimetterci la pelle, magari tornando da un lavoro (quello si) ingrato e demotivante. Chiunque di noi potrebbe ritrovarsi un sabato notte in un pronto soccorso, magari in dolorosa trepidazione per un familiare che sta male, e vedere attribuita la priorità al giovane in coma etilico, che ha ricercato la propria condizione. Ci sono poi gli enormi costi sociali che derivano dagli incidenti stradali provocati da coloro che guidano in condizioni di alterata percezione sensoriale, che avvengano al sabato sera o meno. Soprattutto, ci sono le moltissime vittime innocenti di tutti gli individui che volontariamente si mettono al volante dopo aver consumato alcol o sostanze stupefacenti, trasformando se stessi in assassini e le auto in armi improprie. Omicidio colposo, così si chiama il reato contestato a chi uccide guidando in condizioni psico-fisiche alterate. Pochi anni di carcere, quando si finisce in carcere. Il nuovo Codice della Strada, attualmente all’analisi delle Camere,  prevede il test antidroga per i neopatentati. Benissimo, e gli altri? Perché nel nostro Paese si concede il rinnovo della patente a chi si è reso responsabile di incidenti sotto l’effetto di alcol e droghe? E’ talmente diffuso il problema, che un simile provvedimento rischierebbe di essere troppo impopolare? O non si vogliono danneggiare alcuni interessi? E, soprattutto, quando si metterà mano al Codice Penale, provvedendo finalmente ad inasprire le pene per chi si rende colpevole di omicidio colposo? Domande a cui, prima o poi, chi legifera dovrà pur rispondere. Resta comunque l’evidenza che tra divertirsi e stordirsi c’è di mezzo il diritto di vivere in sicurezza per noi tutti. Quando una società si prodiga in campagne pubblicitarie atte a sensibilizzare i giovani verso i rischi dell’abuso di alcol e droghe, ma nel contempo non punisce severamente e senza sconti chi volontariamente si mette nelle condizioni di nuocere al prossimo, chi tutela veramente? Chi rispetta le regole o chi le viola regolarmente?