La seconda apparizione dell’Angelo di Fatima

don Marcello Stanzione

 Nella sua seconda apparizione a Lucia, Giacinta e Francesco, l’Angelo del Portogallo insegnò ai ragazzi come dovevano adorare Dio, con santa riverenza e come fare  l’intercessione per i peccatori. I tre pastorelli si  dimostrarono  alunni docili nella preghiera, perché molto decisi nella crescita in santità, senza avere un contatto immediato con l’Angelo per un grande periodo di tempo. In relazione alla vita spirituale potremmo dire che tutte le anime in cerca di santità devono passare prima per il deserto dell’oscurità e della aridità, prima di poter arrivare all’oasi delle grazie divine. I propositi che si fanno al mattino e non durano fino alla sera non possono essere materia di formazione dei santi. I tre pastorelli dimostrarono per la loro fedeltà di essere degni di un aiuto continuo dell’Angelo. Questo aiuto arrivò mesi dopo, nell’estate. Poiché le temperature facilmente potevano salire oltre i 30 gradi, era abitudine che i pastori portassero le loro pecore a pascolare di mattina, per ritornare nel loro spalle prima di mezzogiorno. Così i bambini potevano giocare dopo aver pranzato, per qualche tempo, vicino al pozzo, dietro la casa di Lucia. “All’improvviso vedemmo l’Angelo proprio al nostro fianco”. Come sarebbe differente il nostro comportamento se continuamente potessimo vedere l’Angelo custode al nostro fianco! E questa conoscenza dovrebbe portare la nostra vita a una conversione. Camminare alla presenza di Dio come ci insegna il fondatore dei redentoristi sant’Alfonso Maria de Liguori, è il fondamento della vita spirituale. Dio è presente nell’Angelo in modo speciale, perché Lui stesso dice: “Il mio nome è in lui”. La missione dell’Angelo è di portarci al luogo che Dio ci ha preparato (cf Es 23, 20). Per compiere questo lavoro, egli ci deve guidare alla presenza di Dio. L’Angelo domandò ai ragazzi: “Che cosa fate?”, non perché non lo sapesse, bensì per mostrare loro chiaramente l’abisso che esiste fra lo spirito del mondo e lo spirito della fede, e per mostrarci come lasciamo passare il tempo distrattamente, e tutta la nostra vita con cose superficiali. I giochi dei bambini di quel tempo erano un passatempo innocente, e non come i ragazzi di oggi che con i programmi della televisione o la visione di internet avvelenano le loro anime con pornografia e violenza. Oh sì l’Angelo potrebbe strapparli all’offuscamento della televisione e di internet con le sue energiche parole: “Cosa fate?”. L’Angelo non soltanto vede ciò che fanno – e cosa facciamo noi; egli vede anche la situazione orribile di tutto il mondo, dove quotidianamente muoiono migliaia di uomini. Come sono poco preparati per il giudizio! “Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa” (Mt 7, 13).  Poco tempo dopo, la Madre di Dio mostrò ai ragazzini una visione dell’inferno del quale lei dice: “Voi avete visto l’inferno, dove arrivano le anime dei poveri peccatori. Per salvarmi Dio desidera che sia realizzata la devozione al mio Cuore Immacolato. Se si fa quello che dico, molte anime saranno salvate e ci sarà la pace” (luglio del 1917). Il cuore di Giacinta era commosso e aveva una grande compassione pensando agli infiniti tormenti dell’inferno! Lucia era la sua “catechista”. Alla domanda di Giacinta: “Quella Signora dice anche che molte anime entrano nell’inferno. Che cos’è l’inferno?”. Lucia le spiegò: “È un abisso con bestie feroci e con un fuoco enorme – così me lo spiegò la mia mamma – e li arrivano quelli che peccano e non confessano i loro peccati. Rimangono sempre lì ardendo costantemente. Giacinta: “E non escono mai da lì?… nemmeno dopo tanti anni?” Lucia: “No, l’inferno non finirà mai”. Giacinta: “E nemmeno il cielo?” Lucia: “Chi entra in cielo mai lo lascerà” Giacinta: “E nemmeno chi entra all’inferno?” Lucia: “Non capisci che sono eterni, che non finiranno mai?”Quello che fece più impressione a Giacinta era il fatto che l’inferno fosse eterno. Ogni anima merita l’eternità, o di beata felicità e amore, o di dolore e odio. Questa verità quasi non sembra impressionare perché il mondo è molto occupato con il temporaneo. Per questo l’Angelo esclamò: “Che fate?”.“Che fate? Pregate, pregate molto! I cuori di Gesù e di Maria hanno piani di misericordia. Offrite continuamente preghiere e sacrifici all’Altissimo!”. L’Angelo  esortò i tre pastorelli a pregare molto. Questo è importante pedagogicamente. Pensiamo che la preghiera sia l’espressione del nostro amore verso Dio e il prossimo. Dovrebbe essere tutta la nostra gioia. Dovremmo amare tanto come più è possibile: con tutto il nostro amore, tutta la nostra anima e con tutte le nostre forze. Però quello che ognuno intende per “pregare molto”, si orienta secondo la misura dell’amore nel suo cuore. Se ognuno di noi pregasse molto, aumenterebbe anche la sua misura dell’amore, e se ognuno di noi amasse molto, aumenterebbe anche la misura della sua preghiera. Nella misura in cui vanno crescendo l’amore e la preghiera, crescono anche la pace e la gioia. Al contrario, non ci dobbiamo meravigliare se davanti alla scarsità di preghiere di molti che non pregano con il cuore, ” l’amore di molti si raffredderà” (Mt 24, 12) e la pace nel mondo sparirà.L’Angelo esorta i ragazzini a offrire continuamente preghiere e sacrifici. L’unica cosa che potevano offrire era il dare alle loro opere questa intenzione di sacrificio perpetuo. Possiamo e dobbiamo fare un buon proposito e offrire tutto in questo senso. La forma migliore di una buona intenzione continuata, senza dubbio, è la consacrazione. La consacrazione del mondo al Sacro Cuore di Gesù fu realizzata appena prima dell’apparizione del Angelo di Fatima, da papa Leone XIII, nell’anno 1900, e poco dopo il Signore pretese una devozione speciale e una consacrazione al Cuore Immacolato di Sua Madre, come nel 1959 fecero anche i vescovi italiani che le consacrarono la penisola. Tutta la perfezione già è presente di fatto, un germe, nella nostra consacrazione battesimale. La sua grande potenzialità arriva in pieno svolgimento per le diverse consacrazioni e promesse che la Chiesa propone ai fedeli. Queste elevano la nostra vita a livello di una preghiera e sacrifici perpetui. È una verità molto consolatrice che Gesù e Maria aspettano la nostra preghiera. Incendia il nostro cuore pensare che Nostro Signore accettò la sua sofferenza e morte per amore di tutti noi. Però è doloroso comprendere che la sofferenza di Nostro Signore, in un certo modo, tuttavia non è ancora completa,… e che Lui, tuttavia, ci invita per il suo amore ad aiutarlo. La sua croce è la sua gloria, e lui la vuole dividere con noi. San Paolo lo aveva compreso: “Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa. (Col. 1, 24).”Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo” (Gal 6, 14). L’Angelo della pace già aveva insegnato loro come dovevano pregare, Lucia domandò semplicemente: “Come dobbiamo offrire sacrifici?” La risposta dell’Angelo è precisa e profonda: “Tutti quelli che possono, devono offrire sacrifici per riparare i peccati per i quali Dio è offeso, e implorare la conversione dei peccatori. Così raggiungeranno la pace per la loro patria, della quale io sono l’Angelo custode, l’Angelo del Portogallo. Prima di tutto, accettino la sofferenza e sopportino con sottomissione ciò che il Signore invierà loro”.Qui riconosciamo la tripla dimensione delle nostre azioni. La prima intenzione dell’espiazione è la riparazione delle offese a Dio. Il peccato offende realmente Dio. In questi tempi si vede come ogni peccato grave neghi Dio e divinizzi il proprio io. Chesterton scrisse: “Il dolore è il regalo di Dio per gli idealisti (quelli che pensano filosoficamente che loro stessi arriveranno a essere dei, per il fatto di stare continuamente creando il mondo nelle loro teste). Il dolore porta nuovamente verso il riconoscimento di Dio. Ogni bene inalterabile dipende dall’accettazione che Dio è Dio e noi tutti siamo le sue creature. Questo bene, alla fine, si raggiungerà nel suo giudizio dopo la morte. Il dolore dei dannati nell’inferno consiste essenzialmente nella consapevolezza della perdita di Dio per propria scelta. L’espiazione è un eccesso di amore, quando un’anima, per il suo sacrificio e accettazione della sofferenza, riconosce la maestà di Dio in modo eroico e prega per la grazia, di toccare i cuori dei peccatori ostinati. Poiché il peccato significa inimicizia con Dio, anche questa è la causa delle guerre. Adamo ed Eva non ubbidirono a Dio, che Caino uccise suo fratello Abele. Nella conversione dei peccatori, la riconciliazione con Dio è il primo passo per la riconciliazione tra fratelli. Partendo dalle parole dell’Angelo, possiamo comprendere che la preghiera da sola non è capace di portare la pace. Sacrificio ed espiazione sono altri mezzi indispensabili per attrarre la pace nella patria. Senza il sacrificio, la preghiera è solamente labiale e quindi sterile. Il dono del nostro essere, della nostra esistenza e del nostro pane quotidiano, che riceviamo da Dio, esige che ritorniamo a Dio e ci convertiamo a Lui è più intimo del nostro essere. Per il fatto di essere alleati di Dio, si consolida nell’avidità la radice di tutto il male. L’Angelo parla di due forme di sacrificio: quello che noi stessi scegliamo e le sofferenze che Dio sceglie per noi o permette. Tutto ciò che facciamo e siamo, si può e si deve offrire a Dio come sacrificio. Qui potevamo realmente svolgere qualcosa di pregevole: tutto quello che possiamo fare di importante per ottenere l’eternità in paradiso e così acquisire un tesoro in cielo. Quello che non si offre per l’onore di Dio, ma si realizza per altri motivi puramente umani si perderà per tutta l’eternità. Con la sua esortazione ai ragazzini, di offrire sacrifici di tutti i generi, l’Angelo annunciò in realtà una “buona notizia”, cioè che i sacrifici non necessariamente dovevano essere dolorosi. In cielo resteranno per tutta l’eternità tre forme di sacrifici: il sacrificio di lode (principio e fine dell’amore), il sacrificio della nostra consacrazione a Dio (compromesso e perseveranza dell’amore), e il sacrificio di gratitudine (per i doni e lo stare uniti nell’amore). L’amore comincia con questi sacrifici e arde in essi: l’amore diventa forte nel sacrificio dell’olocausto, nei sacrifici che ci costano. Anche così, non dobbiamo ignorare i sacrifici delle piccole cose, che possiamo offrire a Dio per amore. A questi piccoli sacrifici possiamo dare l’intenzione di espiazione. Giustamente a causa di questi sacrifici e penitenze, l’Angelo promise la pace per la loro patria. L’Angelo dichiarò anche che il sacrificio della nostra volontà, per il quale sopportiamo con pazienza tutte le sofferenze che Dio ci manda, è più grande di qualunque sacrificio che noi stessi possiamo scegliere. Santa Teresa del Bambino Gesù, un’altra grande innamorata degli angeli, spiegò a sua sorella che la pace consiste esattamente in questo, che vogliamo realmente ciò che Dio vuole.L’angelo ai pastorelli insegnò a dire questa semplice preghiera: “O Gesù, io voglio ciò che tu vuoi da me!”. Subito i ragazzini capiscono che Gesù li ama e ha in serbo per loro il miglior piano d’amore per la felicità delle loro vite. Perciò sono così disposti e pieni di entusiasmo quando si tratta di scoprire la loro vocazione e accettarla. Questa disposizione apre loro il cuore e li illumina per dare significato alla loro vocazione, e anche il desiderio della vocazione voluta da Dio, la pace interiore. Consegnandoci alla volontà di Dio, troviamo la pace interiore e la forza di portare le croci che il Signore ci assegna nel cammino della nostra vita.L’Angelo era capace di distinguere qui due momenti importanti: innanzitutto dobbiamo accettare coscientemente le sofferenze che vengono da Dio (molte anime non sopportano questo primo passo e cadono), e in secondo luogo dobbiamo sopportare le sofferenze con pazienza, considerando che praticamente la nostra pazienza si relaziona direttamente all’accettazione cosciente e alla convinzione interiore che la sofferenza che ci tocca viene da Dio che ci ama. Quando il diavolo riesce a deprimere tanto un’anima, affinché veda tutto buio e dia la colpa agli altri delle sue sofferenze, la sua pazienza per amare svanirà come la nebbia al mattino. Gli effetti spirituali di questi insegnamenti sul significato del sacrificio si incontrano negli scritti di Lucia: “Queste parole (dell’Angelo) si impregnarono nel nostro spirito come una luce che ci permise di conoscere chi è Dio, come ci ama e vuol essere amato da noi. Riconosciamo il valore del sacrificio e come è gradito ad Dio: e come converte, tramite di esso, i peccatori. A partire da questo tempo cominciamo ad offrire al Signore tutto quello che ci costa grande sforzo, però quel tempo non cercavamo altre mortificazioni o esercizi penitenziari, bensì lo stare prostrati a terra per ore, e ripetere solo la preghiera dell’Angelo!”Le parole dell’Angelo sul sacrificio furono una luce che causò sette effetti santi nei pastorelli. L’insegnamento sul sacrificio, quando è ricevuto profondamente nell’anima con amore, aiuta innanzitutto l’uomo: a comprendere chi è Dio, perché “Dio è amore”. Se non abbiamo compreso l’affluire e la bontà dell’amore per il fatto che noi stessi ci consegniamo all’amore sacrificante, come possiamo comprendere l’amore? Tutto il mondo egoisticamente vuole ricevere amore, però non comprende cosa è l’amore, perché l’amore si può comprendere solo nella consegna di sé stessi, a partire dal sacrificio. La grazia di Dio chiama nascostamente il nostro cuore e ci rende capaci di amare Lui e di consegnarci a Lui. Secondo la misura con cui si sacrifica il nostro cuore, possiamo ricevere il Dio nella nostra anima. In secondo luogo pertanto, sperimentano e comprendono con quale amore Dio ci ama soltanto quelli che iniziano ad amare Dio con fervore, e in terzo luogo: come reciprocamente chiede di essere amato da noi. Un’anima santa, totalmente dominata dall’amore di Dio, domandò alla sua guida spirituale: “Come può Dio amarmi tanto?” Questo poteva solo rispondere che l’amore di Dio è infinito, poiché Dio è amore infinito. E nella sua sovranità sopra tutti gli altri amanti è totalmente libero nella scelta del suo amore, perché si compiace di darsi: Lui ama per dare: a quelli che ama dà quanto può, così li può amare sempre di più. “Date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio” (Lc 6, 38). Quarto: l’anima comprende che la crescita nell’amore è un pellegrinaggio spirituale che esige il piede sinistro della preghiera e anche il piede destro del sacrificio. Molte anime si sforzano di corrispondere alla richiesta della Madre di Dio che ci chiama per la preghiera, ma nonostante ciò non progrediscono. La loro conoscenza di Dio raramente è più di una luce opaca, anziché una fiamma ardente. Il motivo è che queste persone pregano, però senza aggiungere una misura corrispondente di sacrifici. È come se il loro piede destro del sacrificio fosse inchiodato al suolo, e così per tutta la loro vita si muovono in un circolo e non progrediscono nell’amore di Dio e verso il prossimo come dovrebbero. Al contrario, un’anima che inizia avanzando nel cammino della preghiera e del sacrificio, fino al cuore di Dio – anche solo a piccoli passi – rapidamente scopre il grande valore del sacrificio. E questa è la quarta luce. I tre  pastorelli, più tardi, ebbero molte volte l’occasione di vedere i frutti delle loro preghiere e sacrifici sotto forma di molte conversioni. Però la bellezza della luce, che l’Angelo comunicò per forza dello Spirito Santo, consisteva in questo, che la luce fu direttamente infusa nel loro spirito – o come dice Lucia “impregnato inestinguibilmente” – e con tanta nitidezza, che conobbero la verità, per così dire, in Dio. Quinto: conobbero come è gradito ad Dio il sacrificio e sesto che il sacrificio ottiene la conversione dei peccatori. Anche questo già lo dovevamo sapere, se pensiamo alla morte salvifica di Cristo, – “Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo” (Gv 10, 17) – tale conoscenza speculativa dovrebbe penetrare il nostro cuore, per formare le nostre convinzioni più profonde. Affinché la “verità” del nostro spirito si trasformi nel “bene” della nostra volontà, la nostra fede si manifesterà in grandi opere di amore. In settimo luogo, l’Angelo comunicò ai ragazzini quella luce amabile e quella grazia alla quale risposero con entusiasmo instancabile nell’orazione e nel sacrificio: “A partire da allora cominciammo ad offrire al Signore ciò che ci costava sforzo, … prostrati per ore a terra, ripetevamo la preghiera dell’Angelo”. Lucia descrive molti dei sacrifici che accolsero per la conversione dei peccatori. Consegnavano il loro pranzo ai ragazzini vicini di casa molto poveri. Invece del loro pranzo quotidiano mangiavano cipolle selvatiche e ghiande, che avevano raccolto loro stessi. Molte volte nel caldo afoso dell’estate, per tutto il giorno non bevevano acqua. Di propria iniziativa inventarono una dolorosa cintura penitenziale, che causava loro dolori e pene, per avere dell’altro da offrire a Dio e alla Madre di Dio per i peccatori. Bevevano il meno possibile per saziare la sete del Signore per la salvezza dei peccatori. Qui vediamo il vero eroismo di Lucia, Giacinta e Francesco, paragonandole con le nostre mortificazioni che sembrano così insignificanti. In tutte le loro imprese, l’Angelo li assistette invisibilmente e li aiutò. Quello che dice Lucia riguardo all’aiuto dell’Angelo, in un certo periodo della sua vita, è valido per tutta la nostra vita: “In quei giorni svolgevamo i nostri lavori, quasi portati da questo stesso essere soprannaturale (l’Angelo) che ci stimolava a fare ciò”. L’aiuto dell’Angelo ci viene sempre offerto, però dobbiamo mostrarci degni di esso con un santo impegno nelle cose di Dio. Allora si verificheranno le parole di Sant’Ignazio di Lodola, fondatore dei gesuiti, nella nostra vita spirituale: “Alle persone che si sforzano intensamente di purificare i loro peccati e di progredire nel servizio di Dio, nostro Signore dà del buono verso il meglio… è proprio degli spiriti buoni dare valore e forza, consolazione, lacrime, ispirazione e tranquillità, in quanto facilitati per superare gli ostacoli, affinché si progredisca nelle buone opere” (Esercizi spirituali, n. 315). Ai tempi della terza apparizione dell’Angelo del Portogallo, nell’autunno del 1916, i tre pastorelli avevano fatto grandi progressi nella vita spirituale, certamente l’Angelo in questo fu per loro un grande aiuto. Però tutte le ispirazioni e l’ausilio dell’Angelo non servono a niente se tali semi della grazia non cadono sul suolo fertile di cuori buoni e generosi. Straordinariamente ammirevoli erano la magnanimità e la perseveranza dei tre ragazzi. Prima delle apparizioni, con l’ansia di giocare e la mancanza di voglia per la preghiera, si riducevano alla recita del rosario a cinquanta brevi giaculatorie: “Dio ti salvi, Maria”, “Santa Maria”. Tuttavia, dopo le apparizioni iniziarono a recitare il rosario completo e a recitare per ore intere la preghiera: “Dio mio, io credo…”. Accadeva anche che Francesco doveva richiamare l’attenzione di Lucia e Giacinta, perché stava per imbrunire e dovevano portare le pecore a casa prima che si facesse notte. Dopo la seconda apparizione dell’Angelo, nella quale li istruisce sul grande valore della penitenza e del sacrificio, i pastorelli familiarizzavano con i misteri di questa scienza dell’amore. Essi scoprirono immediatamente che i ragazzi poveri di questo villaggio accettavano con piacere il loro pranzo, quando portavano insieme le pecore al pascolo. Imparano anche che si può vivere di ghiande e radici di fiori selvatici, che cosa è una cintura di penitenza e che cosa significa l’intercessione per i peccatori. Si trovano pieni di un amore ardente e, per questo, generoso verso Dio. Di questo i tre pastorelli ci meravigliano, principalmente se si tiene conto che le visite dell’Angelo erano scarse e di breve durata. Abbiamo una tendenza – così sembra – a considerare la vita mistica come una frequente convivenza, dolce e affidabile con Dio. È indiscutibile che la vita spirituale ha il suo principio con un una gioiosa scoperta di come Dio è buono e come ci ama, ad ognuno in modo personale. Però questa gradevole scoperta è solo la prima parte (dell’amore), a questo deve aggiungersi un amore perfetto che consiste nel fermo proposito di compiere la volontà di Dio e di glorificarlo in tutto. Questa fu la volontà, illuminata dalle tre virtù teologali, agendo in e attraverso di esse, che portò i pastorelli a una fiducia e a un’unione così intima con Dio, che permise di penetrare nelle profondità del mistero della Croce. A quel tempo allora, la Madre di Dio era già entrata profondamente nelle loro vite ed offre loro, secondo le loro capacità di ricevere, altre grazie straordinarie. Di fatto, la Santissima Vergine, quando iniziarono le sue apparizioni il 13 maggio, innanzitutto domanda: “Volete offrirvi a Dio, sopportando tutte le sofferenze che vi invierà, come espiazione per tutti i peccati con i quali è offeso e, in questo modo, per la conversione dei peccatori?”. “Sì lo vogliamo!” è la loro risposta. E al che lei replica: “Allora dovrete soffrire molto, però la grazia di Dio sarà la vostra consolazione e la vostra forza”. Indubbiamente il suo Cuore Immacolato volle essere per loro un rifugio sicuro e una fonte traboccante di grazie, fortezza e conforto. Per la Mediatrice delle grazie fu indimenticabile la forma singolare con cui era entrata la Grazia Divina nella sua vita, al momento dell’Annunciazione con l’Arcangelo Gabriele. Con certezza questa era la ragione per la quale inviò un Angelo ai pastorelli, per prepararli alla loro missione, così come Lei stessa era stata preparata. Tanto le parole di San Gabriele a Maria, come il consenso amoroso della Santissima Vergine alla volontà di Dio: “Avvenga di me secondo la tua volontà!” incontrano il loro maggiore compimento nel fatto che la Parola si incarnò e si fece un uomo nel suo grembo. Con la sua terza e ultima visita, l’Angelo del Portogallo porta loro in forma sacramentale la stessa Parola di Dio fatta carne ai tre pastorelli. Dio si fece un uomo per poterci unire con lui nel Santissimo Sacramento.