Un anno fa, la scomparsa di Vincenzo Giordano

Michele Ingenito

Eravamo all’estero quando il 13 aprile dello scorso anno morì Vincenzo Giordano. Al rientro, diverse settimane dopo, un mesto silenzio era calato sulla città. Non ne sapemmo nulla fino a quando, per caso, molti mesi dopo, venne fuori la ‘novità’. Una ‘novità’ triste, che ci lasciò perplessi. Un primo dolore per non avergli tributato l’omaggio di una presenza modesta, ma sentita ai suoi funerali. Ai funerali di un uomo buono quanto forte nel carattere e nella personalità. Leale e diretto. Deciso e chiaro quando si trattava di esporre il proprio pensiero senza preamboli o infingimenti. A prescindere dal prestigio dell’interlocutore, dalla sua rappresentatività, dalla sua importanza. Nei tempi d’oro del potere socialista post-Quaranta, il potere di Conte, per intenderci, Vincendo metteva in riga un po’ tutti nelle riunioni ristrette o allargate di partito. A cominciare dall’ex-ministro. Che anche per questo provava per lui un affetto particolare. Per il calore delle sue parole, per l’irruenza di un pensiero che voleva solo trasmettere fedeltà a un’idea e al modo migliore di interpretarla e realizzarla politicamente. Una maniera forte, fortissima, che degli uomini rivela spesso l’autenticità dei comportamenti, l’impossibilità conseguente di tradire le leggi. E, al tempo stesso, un’altra impossibilità. Quella di dovere vivere esperienze impensabili, eppure amare se non atroci. La psicologia dovrebbe divenire materia d’obbligo per certi concorsi troppo delicati per essere vinti da individui indubbiamente spinti da sentimenti sinceri di giustizia. Ma, al tempo stesso, troppo fragili per capire che una persona autenticamente perbene assai difficilmente cade nelle trappole pur sempre in agguato della vita e dei suoi ‘estorsori’. Questo ricordo è un tributo modesto, ma sentito, ad uno dei maggiori interpreti della vita politica salernitana degli anni ’80. Per chi, poi, ha militato nel partito, Vincenzo Giordano rappresenta un simbolo, un punto di riferimento, l’uomo-passione venuto dal popolo e che dal popolo non si è mai distaccato. Da sindaco o da semplice cittadino. Sempre facile, facilissimo accostarsi a lui, parlargli, convenire o meno con i reciproci pensieri. Senza riserve mentali, tanto meno risentimenti. Perché, condividesse o meno idee e progettualità, programmi e loro attuazione, Vincenzo non cambiava idea se non lo riteneva utile. Non per questo si dispiaceva di chi la pensasse diversamente. Non aveva grinte massimaliste e conseguenti forme reattive. Mi divertivano tanto, pur nella serietà assoluta degli incontri, le feroci battaglie dialettiche tra lui e Conte, ministro o meno che Carmelo fosse al momento. Vincenzo non risparmiava nessuno e le sue bacchettate facevano davvero male. Ma erano come falli all’inglese. Duri, a tratti durissimi, eppure  leali insieme.Rafforzavano invece che fare male. Avrebbe potuto varcare le soglie di Montecitorio. Credo che non l’abbia mai voluto fino in fondo. Gli bastava il Palazzo di Città. Della sua città, dei suoi concittadini. Mai un atto di superbia da potere nei confronti del prossimo. Nessuna eleganza istituzionale, certo. Ma tanta concretezza nel dire e nel fare. Uno stile che faceva volentieri a meno dell’eleganza o, più che altro, della sua apparenza. Non abbiamo avuto frequentazioni particolari con lui. Tranne quelle politiche e solo nei tempi che politicamente hanno contato. Per un servizio nato tra gli ideali e, tra gli ideali, spentosi. Eppure, in ogni incontro casuale, sprigionava un affetto forte e spontaneo. Per un rinnovamento amicale e di stima mai affievolitosi nonostante il tempo.

 

Un pensiero su “Un anno fa, la scomparsa di Vincenzo Giordano

  1. E’ stato anche un maestro di scuola elementare, di quei maestri maschi di cui la scuola primaria ne vive l’assenza in un quasi totalità di maestre femmine. Alla fine degli anni 60 venne ad insegnare a Valva – “n’coppa a muntagna” come dicono a Salerno – ed io lo ricordo con grande affetto e ammirazione il maestro Giordano.

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