I mercanti nei Templi

Aurelio Di Matteo*

Non bastava aver cinto le antiche mura e l’area archeologica di un circuito da fare invidia a quello del Mugello, sia per bruttura sia per pericolosità; né aver previsto nel redigendo PUC un’ennesima disarticolazione del territorio, creando una lontanissima nuova Contrada residenziale e una diffusa cementificazione senza organicità finalizzata. Ci mancava anche la peregrina idea di trasferire il Museo nel cuore dell’indistinto agglomerato di Capaccio Scalo! Evidentemente chi l’ha pensata ritiene che il trasferimento di un Museo, tra l’altro archeologico e con reperti di valore unico e inestimabile, possa avvenire come un trasloco di appartamento, anche se un po’ più grande. Senza contare che la nuova struttura dovrebbe essere prima progettata e poi realizzata, con costi e tempi di certo da fare invidia a quelli del calendario biblico. Meno male che la fervida fantasia non ha rotto gli ultimi argini della normalità logica spingendosi fino all’ipotesi di spostare i Templi, magari soltanto quello più piccolo per agevolare l’opera dei “trasportatori”. E qual è la motivazione che giustificherebbe questa proposta? Ecco la nobile finalità: rilanciare il commercio di Capaccio Scalo che attualmente “soffre” la mancanza di un adeguato numero di acquirenti!  Come dire che quando arrivano i turisti nell’area archeologica (la maggioranza viene per i Templi non per il Museo) “costringiamoli” a recarsi anche al Museo, dove subito dopo (per il commercio meglio prima!) guidiamoli a visitare la gioielleria di Tizio o l’abbigliamento d’alta moda di Caio o le calzature firmate di Sempronio, e così di seguito, perché i frequentatori di Musei notoriamente sono tutti inclini ad acquisti di alto valore commerciale! A meno che non si pensi ad una trasformazione di Viale Italia in un centro commerciale etnico di souvenir. Se poi qualche sedicente esperto, con notorietà da cinta muraria, ha aggiunto la motivazione che trasferendo il Museo si potrebbero continuare gli scavi nell’area sottostante, non si capisce perché non si cominci dal liberare tutta la zona dai campi di mais, dalle casette coloniche, dai parcheggi e da quant’altro costituisce ostacolo all’emergenza dell’antica Poseidonia- Paistos. E sono aree ben più estese di quella museale!  Ai fini di uno sviluppo commerciale ed economico sarebbe stato più produttivo, razionale e concreto prevedere all’interno del Piano Urbanistico Comunale una City Archeologico-culturale, quale snodo funzionale e attrattivo, che potesse costituire un punto di saldatura del tessuto urbano, civile, economico e ricreativo tra la consolidata ed espansiva City residenziale complessa (Capaccio Scalo) e una City beach (Laura) da potenziare, articolare e riorganizzare.Paestum è Sito Unesco. Per mantenere per sempre questo ambito attributo non basta il solo riconoscimento, ma è necessario soprattutto migliorare e tutelare anche l’ambiente circostante, renderlo vivibile e accogliente e garantendo determinati servizi essenziali per la loro fruibilità e valorizzazione. Un esempio di messa in discussione del riconoscimento è dato dalle Isole Eolie per molto tempo disattente a chiudere le cave di pomice. Lo stato di abbandono in cui versa l’area circostante le mura di Paestum, lo scempio della parte interna, le superfetazioni di costruzioni brutte e degradate, l’utilizzo improprio con parcheggi improvvisati, l’esposizione ad ogni tipo di vandalismo, l’oltraggio degli inutili raduni e spettacoli musicali estivi che niente hanno a vedere con i Siti Unesco, sicuramente non sono un buon sostegno alla conservazione del riconoscimento di Patrimonio dell’Umanità. Fra le tante presenze oltraggiose, forse la meno invasiva è proprio quella delle bufale, che possono almeno ricordare l’antica offerta propiziatrice del loro latte alla dea Luna! Se proprio si vuole rilanciare lo sviluppo economico e commerciale della zona, si pensi piuttosto a promuovere il Sistema Turismo, coordinando con finalità e struttura integrate un turismo destagionalizzato cominciando dalle tre tipologie tipiche di Paestum e dintorni: turismo culturale, enogastronomico e scolastico. Per quello balneare estivo, di per sé già florido seppur in declino, non c’è bisogno di sprecare risorse per grandi eventi da fiere paesane. Basterebbe pulire la pineta, sistemare le strade, creare i servizi finalizzati agli ospiti, organizzare trasporti adeguati e funzionali, costruire una piccola passeggiata a mare: insomma fare ciò che è l’azione normale di una normale vita amministrativa. Quanto al Museo, lo si lasci nella sede propria e naturale, ampliandolo o, magari, estendendolo all’ex Cirio con tipizzazione di un settore specialistico e convegnistico.

* Componente del Comitato per la Razionalizzazione della Formazione Turistica – Ministero del Turismo