Da dove viene la violenza?

                                  Fulvio Sguerso

E si potrebbe aggiungere – considerati i sempre più frequenti “episodi” di razzismo, bullismo, sadismo documentati e diffusi in rete – tanta spensierata esibizione di violenza gratuita, di cui troppi giovani o meno giovani, anziché vergognarsi, sembrano vantarsi? Ha ancora senso appellarsi ai tanto  invocati “valori” quando gli esempi che provengono dall’alto (si fa per dire) sono quello che sono, cioè tutto meno che virtuosi? E la quotidiana dose di spazzatura e pornografia trasmessa dal video, e ora da siti web “liberi” di incitare a colpire i diversi, i negri, gli ebrei e, nella migliore tradizione nazista, i minorati fisici e mentali, non ha proprio niente a che vedere con il moltiplicarsi degli atti di vandalismo e di teppismo? Ma, si potrebbe osservare, la televisione e la rete, in un  regime di libero mercato, offrono quello che gli “utenti” chiedono, secondo la legge della domanda e dell’offerta; non sono dunque le trasmissioni oscene o violente a provocare oscenità e violenza; caso mai le rispecchiano, e potrebbe persino darsi che qualcuno ne resti tanto disgustato da farsi passare l’eventuale sfizio di mettere in atto i propri impulsi aggressivi, ovviamente ai danni di soggetti considerati “inferiori” e, soprattutto, inoffensivi. Sarà, ma se raffinati spettacoli come “Il grande fratello” o “Uomini e donne”, non sono poi commentati, analizzati, riletti alla luce critica della ragione e del (buon)gusto, quali messaggi valoriali passano direttamente dal video alle menti degli spettatori-consumatori passivi? Questa che cos’è, supponenza e saccenteria professorale o giusta preoccupazione pedagogica? Certo, i gusti non sono tutti uguali, e quello che piace a me non è detto che debba piacere a te, e de gustibus non est disputandum, e così via. E’ vero, solo che qui non si tratta tanto di scegliere, che so, tra gardenie e crisantemi, o tra Barbaresco e Brunello di Montalcino, ma tra cibi sani e cibi guasti. Già, e chi decide della bontà di un cibo non per il ventre ma per l’anima? In ogni caso, non il ventre. Fin qui non abbiamo però ancora risposto alla domanda posta dal titolo: da dove viene la violenza? Per rispondere in modo adeguato bisognerebbe anzitutto distinguere tra violenza motivata e violenza cosiddetta “gratuita”. E’ chiaro che se uso la violenza per legittima difesa, o per impedire che si compia un atto violento contro terzi, non si tratta di violenza gratuita; diverso è il caso del barbone preso a calci, o inzuppato d’acqua in pieno inverno, o addirittura bruciato vivo; oppure la caccia all’extracomunitario innocuo, tanto per divertirsi. E’ qui che si apre un vuoto; vuoto di valori, si dice, ma quando si è detto questo non si è spiegato perché, da quel vuoto, provenga il “pieno” dell’offesa alla dignità umana, in primo luogo a quella di chi compie la violenza gratuita. Che non nasce dal vuoto, ma dal disprezzo verso chi è considerato più debole, quasi fosse indegno di vivere. E il disprezzo, a sua volta, da dove nasce? Forse è qui il nocciolo del problema: se nessuno prendesse a disprezzare i suoi simili, la violenza gratuita svaporerebbe come d’incanto; perché non mancherebbero buone ragioni per apprezzare anche il più povero degli esseri umani, perché ogni uomo è un universo. E infine, prova piacere nell’oltraggio  chi non ha imparato a gustare il vero piacere, che, come ci insegnano i filosofi, è quello della virtù: la violenza gratuita, quindi, è frutto dell’ignoranza.