Sud e assistenzialismo

Giuseppe Lembo

L’assistenzialismo è un grave danno sia economico che umano. Si tratta di un sistema senza futuro che utilizza sui territori un’economia assistita che non può non essere a termine. Le risorse economiche non sono inesauribili; i nodi vengono al pettine soprattutto in tempi di crisi, quando deve prevalere la saggezza del fare sul dare improduttivo che non può produrre futuro, in quanto non prevede ricchezza. Il problema è grave al Sud, dove per esigenze politiche, di clientele di potere, sono state costruite politiche sociali assistite senza futuro. Purtroppo la politica assistita è diffusa e prevalente soprattutto al Sud, dove ancora manca un progetto di futuro possibile. Manca la capacità di utilizzare le risorse del territorio; spesso al Sud sono state inventate politiche industriali che di fatto sono state pseudo-politiche assolutamente inutili, se non addirittura dannose. Quando si agisce, come si è agito al Sud, partendo da obiettivi sbagliati, alla fine, prima o poi, arriverà la crisi e quindi il dramma del lavoro perduto per migliaia di lavoratori. Al Sud si è sbagliato troppo ed in tutte le direzioni; oggi non si può assolutamente sbagliare. Bisogna avere idee e progetti nuovi e compatibili sia con le risorse umane che territoriali. Bisogna utilizzare al meglio le risorse che al Sud appartengono al turismo, all’agricoltura, all’indotto del mondo agricolo e turistico. Occorre invertire l’attuale tendenza di una formazione spesso inutile e comunque non richiesta dal territorio. Occorrono comportamenti virtuosi sul piano politico, sul piano educativo, formativo e comunicativo. Al sud è, tra l’altro, possibile promuovere le invenzioni, la creatività; è possibile intervenire a formare quadri che sappiano promuovere una rete di sviluppo possibile, attraverso la modernizzazione dei processi. Il momento più felice per essere virtuosi, è il momento del disagio,il momento delle difficoltà. Nei momenti difficili bisogna saper dimostrare di essere virtuosi e reagire. In questi attuali momenti di crisi, non solo meridionali e nazionali, ma per molti aspetti globali, c’è da essere virtuosi; c’è da dire basta agli egoismi ed ai parassitismi, c’è da mandare a casa i responsabili politici dello sfascio Italia, soprattutto nelle terre del Sud; c’è da dire basta alla mediocrità diffusa, che riduce anche il possibile sociale in sfascio sociale i cui costi sono di tutti, ma soprattutto di tutti quelli che verranno; è un crimine imperdonabile. Bisogna evitare che si continui impunemente ad uccidere il futuro del Sud, per garantire il presente di una classe dirigente che ha fallito nel progetto di riscatto sociale, di lavoro per tutti, di sviluppo omogeneo, di recupero dell’arretratezza del Sud rispetto ad un Nord più sviluppato, più coeso e più vicino all’Europa. Tutti a casa, i tanti responsabili dello sfascio politico e del mancato sviluppo del Sud. Rinnoviamo! Diamo la responsabilità di cambiare le “cose italiane” ad una classe di governo rinnovata. Dalla politica all’economia, dagli apparati alla burocrazia, viene un grido di dolore, viene la domanda di cambiamento per non morire, per non fallire nel presente e soprattutto per evitare di negare il futuro a quelli che verranno. Non è possibile tradire l’uomo e le aspettative giuste che vengono da una società in crisi per colpa di una malapolitica e di una malasocietà  cha ha saputo assommare fallimenti a fallimenti. Purtroppo le tante scelte sbagliate sono nodi che prima o poi vengono al pettine. Ripercorrere le strade di sempre, ossia soluzioni a termine comunque fallimentari, è un danno per tutti. Bisogna evitare il consolidarsi di quell’assistenzialismo fine a se stesso. Il cambiamento serve al Sud, per non morire. La gente è ormai stanca di attese e di tradimenti; è stanca di subire in silenzio i guasti della malapolitica che hanno regalato alle regioni meridionali una condizione diffusa di malasocietà, con una scarsa credibilità dello Stato a tutela della garanzia dei diritti veri per i cittadini, declassati a cittadini di serie B, senza certezze per il presente e senza speranze per il futuro possibile dei loro figli.