La strada e la casa nel Parco

 Aldo Bianchini

Con una certa fatica e malvolentieri mi accingo a scrivere queste poche righe di commento al comunicato del 27.01.2010 inviato dal Codacons di Sala Consilina ed a firma del suo responsabile dott. De Luca che continuo a ritenere “un puro” nonostante mi abbia definito, in un suo recente scritto, un “articolista”, ovviamente anonimo perché non cita direttamente il mio nome anche se l’allusione non lascia scampo alcuno. Sono “un giornalista”, ovviamente come ce ne sono tanti in giro, e scrivo non soltanto per questo quotidiano online di cui, guarda caso, sono anche l’editore. E’ inutile ribadire, ancora una volta, che sono assolutamente libero e che conduco “inchieste giornalistiche” e non adotto il copia-incolla delle veline. In questa ottica ho deciso di pubblicare l’ennesimo comunicato del Codacons anche per far capire a tutti che la “libertà d’informazione” non può conoscere confini purché ricadenti nei limiti della correttezza e del buon gusto. Per questo pubblico il comunicato dell’articolista Roberto De Luca (ancorchè responsabile del Codacons) che vi invito a leggere con attenzione.

———–Comunicato del 27-01-10 In questo comunicato parleremo del secondo dei due processi penali nei confronti di coloro che  avrebbero commesso degli abusi edilizi nella costruzione di strutture da adibire, si presume, a ricezione turistico-alberghiera, e hanno aperto, poco distante, una strada con i bulldozer cingolati a 1100 metri sul livello del mare nel cuore del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, in piena zona 1 e zona SIC in territorio di Monte San Giacomo. Questo procedimento vede come  imputati il committente, un facoltoso gioielliere di Sala Consilina, il progettista e direttore dei lavori di Monte San Giacomo, la ditta esecutrice dei lavori, che aveva, in quel periodo, cantieri aperti anche sulla SA-RC. Ricordiamo, come antefatto, che il 16 dicembre 2009 il Giudice, dott.ssa Calabrese, aveva rinviato al 12 gennaio 2010 alle ore 12:00 l’udienza del processo sulla strada praticata da privati su suolo demaniale. A questo processo è stato dato un nuovo avvio, dopo la riassegnazione a un giudice togato su richiesta della difesa. La prima denuncia, per quello che noi consideriamo un attentato all’ecosistema locale, veniva fatta nel settembre 2006. I cantieri venivano sequestrati dopo pochi mesi e il processo aveva inizio, dopo il rinvio a giudizio degli imputati. Prima dell’intervento presso la Procura, il Comitato 18 Agosto di Monte San Giacomo e la nostra associazione avevano allertato le autorità locali sull’accaduto. Purtroppo, a seguito delle dichiarazioni rese alla stampa dal Sindaco e dal Vicesindaco di Monte San Giacomo, i quali prontamente asserivano che “i lavori sono autorizzati e in perfetta regola” e che (addirittura!) la ripresa dei lavori, avvenuta nel Settembre del 2006, altro non era che la testimonianza di assenza di qualsiasi irregolarità, definendo i denunciatari dei millantatori, le associazioni sono state costrette a rivolgersi all’Autorità Giudiziaria per dirimere la questione. Infatti, in concomitanza con la ripresa dei lavori, nel Settembre 2006, è stata presentata, insieme all’Avv. Landi, legale rappresentante del Codacons di Sala Consilina nel processo, una denuncia-querela per far cessare gli scavi, ritenuti dannosi al paesaggio e all’ecosistema locali. Seguivano così i sequestri. Iniziava, poi, stancamente il processo, dove, già dalla prima udienza, il collegio difensivo ha tentato di contrastare, senza alcun esito, la partecipazione del Comitato 18 Agosto di Monte San Giacomo, rappresentato dall’avv. Maldonato, e del CODACONS. Quindi, entrambe le associazioni prendono parte in modo attivo al processo. Nell’udienza del 12 gennaio scorso è stato ascoltato il teste della Procura, Ing. Romano, che ha sostanzialmente confermato la consulenza, evidenziando una serie di irregolarità nella procedura amministrativa. In effetti, anche chi comprende poco di diritto amministrativo sa che non si può rilasciare ad un privato un permesso a costruire su suolo demaniale con un iter concessorio ordinario. Per di più in una zona protetta. E, invece, il “miracolo” sembra sia avvenuto proprio in questo caso. Nella prossima udienza del 5 febbraio 2010, saranno sentiti gli altri testi della Procura e delle parti che si sono costituite in giudizio.  F.to: il responsabile della sede Dott. Roberto De Luca.———————-                            Qualche commento è d’obbligo. Il diavolo fa le pentole ma quasi mai i coperchi. Il responsabile del Codacons non sa o non ricorda che proprio i componenti del Comitato 18 Agosto, incontrati dinnanzi al Tribunale di Sala Consilina dopo l’udienza del 9 ottobre 2009, ebbero modo di consegnarmi alcune foto della “famosa porcilaia” e la fotocopia di una denuncia-querela depositata il 3.7.2009 in Procura e diretta a conoscere le eventuali responsabilità del sindaco e del vice sindaco di Monte San Giacomo (Franz Nicodemo e Raffaele Accetta) che badate bene erano già stati tenuti fuori a conclusione delle complesse indagini preliminari. Con la denuncia-querela, in maniera pervicace, i ricorrenti Caporrino, Clemente, Totaro e Aluotto accusano i due amministratori della responsabilità dei reati previsti  dagli artt. 323 e 476-479 c.p. In pratica si chiede di riaprire, se ho ben capito, tutte le indagini ignorando che per la strada e la casa (alla data del 3 luglio 2009 come ad oggi) erano e sono in corso ben due processi penali incardinati a seguito proprio delle indagini preliminari che escludevano qualsivoglia responsabilità dei succitati amministratoti. Debbo desumere che esiste, dunque,  una volontà politica da parte del Comitato 18 Agosto nel voler, a tutti i costi, tirare dentro i processi gli Amministratori  di Monte San Giacomo. E se questo è, Voi amici lettori come la chiamate se non “aspra battaglia politica” (dopo la batosta elettorale) consumata all’ombra, pur lecita e legittima nella sua essenza, della comprensibile difesa dell’ambiente. Ed era questo il senso della mia inchiesta in otto puntate, capire cioè se le denunce e i processi erano il frutto di una battaglia tutta politica. Non capisco il “sostegno” del Codacons nei confronti del Comitato 18 Agosto che ha come tesoriere un noto imprenditore edile di Monte San Giacomo che è sotto processo per aver commesso un abuso edilizio a 950 m s.l.m., in zona 1 del PNCVD ( non in area contigua ), in area Z.P.S., in area sottoposta a vincolo idrogeologico e in zona rossa per l’A.B.I., imprenditore difeso dallo stesso avvocato Landi legale rappresentante del Codacons. E i processi sono tutti uguali davanti alla legge, anzi (e l’avv. Landi mi sorreggerà) se proprio vogliamo essere più precisi le famose “attenuanti generiche equivalenti o prevalenti sulle aggravanti” si offrono molto velocemente a chi ha rubato un miliardo e non a chi, invece, ha malversato cento euro. Così come non capisco perché in quel procedimento (n. 738/06 – cron. 7764) il Codacons non si è costituito parte civile. Ad oggi il procedimento penale nei confronti di Mele Luigino – Committente + 2 (  Progettista /Direttore dei Lavori, e Impresa ) relativamente ai lavori per “l’Adeguamento e ampliamento di una strada rurale su suolo demaniale” è basato sui seguenti capi di imputazione: aver eseguito dei lavori in difformità rispetto a quanto autorizzato e aver eseguito lavori non autorizzati per un tratto di strada. Per quanto ne posso capire le presunte irregolarità della procedura amministrativa  non sono oggetto del dibattimento in corso; da qui la non ragione di tirarle in ballo ad ogni piè sospinto. Mi fermo qui, ci sarebbero almeno altre dieci domande da porre al Codacons, ma non voglio finire in un tormentone come La Repubblica contro il Premier nella scorsa estate.  La mia è stata un’inchiesta giornalistica e l’etica impone di fermarmi. Un giornalista ricostruisce fatti e circostanze, non va alla ricerca delle responsabilità e neppure deve mai accanirsi contro chicchessia. La stessa cosa, anzi di più, dovrebbe fare il Codacons a
cui spetta, e ne ha tutto il diritto, di difendere l’ambiente e non certamente di scrivere preventive sentenze di condanna.