Peggio che i bambini piccoli

 Salvatore Ganci

In questi giorni abbiamo il bene di apprendere che il mondo della Scuola è alle prese con problemi di una rilevanza tale da turbare un po’ la digestione. Intanto l’improvvisa “scoperta” che c’era una “gap” di due anni (studi normali permettendo) tra la licenza di Scuola Media Inferiore e l’obbligo scolastico dei 16 anni. Già, nessuno aveva fatto caso che un allievo non propenso al Sapere era costretto ad iscriversi a tutti i costi ad una Scuola Media Superiore per perdere due anni produttivi della sua vita oppure, già che c’era, dosando sapientemente presenze e assenze strategiche e contando sull’alta percentuale numerica di Docenti con senso materno, trascinarsi stancamente verso un “diploma” che non serve ad aprire nessuna porta. Il Ministro abbassa l’età dell’obbligo a 15 anni (un anno di apprendistato lavorativo equipollente ad un anno scolastico) e le sinistre, ovviamente, danno addosso al Ministro. Anch’io mi permetto di dissentire con un Ministro che “non sa contare”, perché il gap “assolvimento dell’obbligo scolastico” lascia un anno scoperto. A quattordici anni la terza media è frequentata e l’esame di licenza concluso, per cui, Onorevole Ministro, se un ragazzo che ha una voglia sfrenata di un buon apprendistato presso un’officina meccanica, che fa? lo costringe lo stesso ad iscriversi ad una scuola superiore e a non frequentarla come avviene due piani sopra la mia testa? Ma i Ministri sono dei politici, per cui il disegno della “gradualità” vince persino sul sapere contare. L’Italia post ‘68 ha a cuore il “Sapere” a tutti i costi dei suoi giovani, fino alla costrizione e lo dimostra il Liceo Giulio Cesare di Roma dove il controllo incrociato tra SMS inviato alla famiglia, ingresso controllato con la strisciatina di una tesserina con banda magnetica e registro di classe costituisce quell’ulteriore aggravio di spesa di cui come contribuente non gioisco. E non gioirei neppure come genitore se il rapporto tra nostro figlio e i suoi “vecchi” dovesse essere assoggettato ad un controllo “Birkenau-style” che offende nostro figlio (in grado di assumersi le sue responsabilità) e noi. I genitori che hanno a cuore i figli conoscono molto bene ogni singolo momento della giornata dei propri figli pur non invadendo la loro vita con una presenza fisica. Ho sempre considerato inconcepibile che in un Ipermercato, la Direzione dovesse richiamare dei genitori per annunciare il ritrovamento di un bambino “smarrito”. Ma si sa, anche tra genitori c’è chi è ossessivo e chi “scapocchione” … Viceversa mi verrebbe più maligno il pensiero di come il Ministro potrebbe avere strumenti per controllare la presenza e l’assolvimento dei doveri da parte della docenza universitaria. Lasciamo stare la produzione scientifica che si commenta da sola (ma è colpa dei mancati finanziamenti!). Visto che i Presidi di Facoltà possono avere la vista annebbiata per alcuni docenti e la vista persecutoria per altri, perché non pensa ad ispezioni per tutti in quei templi del sapere? Fin’ora qualche rarissimo Ispettore s’è fatto vedere durante i primi nuovi esami di stato e solo per rammentare futilità d’ufficio.

2 pensieri su “Peggio che i bambini piccoli

  1. Egregio Prof. Ganci,

    ha fatto bene a parlare del “gap” ed ho molto apprezzato il Suo commento su come, da ultimo, stiamo intendendo il valore dell’istruzione in questo nostro Paese. Tuttavia, mi troverebbe in disaccordo se Lei credesse nell’abbassamento dell’età dell’obbligo scolastico come mezzo per risolvere qualche problema sociale nell’immediato. Il sistema anglo-sassone, al quale ci stiamo anche noi pian piano adattando (a cominciare – ahimé! – dall’istruzione superiore) avrà il sopravvento, credo, nel lungo periodo. Sarà un bene, sarà un male? Non sono così eperta di fatti d’oltre oceano per poterLe raccontare come vanno le cose in Stati più “avanzati” del nostro. Tuttavia, penso che dare la possibilità a tutti di raggiungere un livello culturale medio, mediante un investimento massiccio sulla formazione “vera” dei nostri giovani, sia l’unica via d’uscita da questo pantano morale nel quale ci ritroviamo. Mi creda, prof. Ganci, quando parlo in giro con alcune persone noto anche uno scarso grado di consapevolezza di quello che sta accadendo in questo nostro Paese. E Le parlo di professionisti! Lei pensa che potrebbe accadere tutto ciò con cittadini ben informati e culturalmente attrezzati per far fronte ad una consultazione elettorale (a qualsiasi livello) con senso critico? Ecco, tutte domande che forse vanno un po’ al di là delle nostre capacità di intervento, ma che faremmo bene a fare ai tanti che vorrebbero che questo stato di sonno delle coscienze durasse nel tempo. Tutta questa abulia, infine, sembra anche essere un chiaro vantaggio per le mafie, che qui, al di sotto di quel famigerato parallelo, imperano in tutti i campi per ragioni che Ella senz’altro conosce.

    Per quanto concerne l’ultima parte del Suo scritto, bisognerebbe stendere un velo pietoso sull’argomento da Lei toccato, almeno per quanto riguarda il tempio locale, purtroppo situato al di sotto del parallelo citato sopra. Anche Lei, forse, conosce alcuni fatti; così, prima degli ispettori, in alcuni casi, sono giunti funzionari con altre mansioni. Ma qui è normale anche questo. E tutti dormono tranquilli in questo sonno delle coscienze collettivo. Speriamo solo che il risveglio non sia troppo duro da affrontare.

    La saluto cordialmente e La ringrazio per l’attenzione che vorrà concedere al mio commento.

  2. Gentile Commentatrice,
    temo che lei sollevi un problema di portata enorme e che richiederebbe una analisi di tipo sociologico per la quale io posso avere le mie idee ma non è detto che queste idee si configurino in una analisi corretta del problema. Una buona società può auspicare cittadini con un livello culturale dignitoso e dignitosamente fornito dalla Scuola, una società come quella pontificia di metà ‘800 auspicava invece una società ignorante, convinta che il “sapere” avrebbe guastato la semplicità del pio popolo. Io e lei concordiamo sicuramente sul fatto che la scuola dovrebbe fornire al termine dell’obbligo una formazione culturale in grado di svolgere con dignità, consapevolezza e giudizio proprio un ruolo sociale. Ma la scuola è coerente con la sua funzione? La scuola può funzionare se, per esempio, un singolo allievo “ribelle” condiziona la didattica e la sua programmazione? Può funzionare se in una terza media la seconda Lingua è ancora ferma al libro di prima perché l’unione di due classi comporta il continuo rinvio in presidenza di due o tre individui che bloccano la didattica? Se la scuola dell’obbligo venisse concepita come semplice raggiungimento dell’età cui non necessariamente deve corrispondere un rilascio di un diploma, dal mio punto di vista, la Società ha fornito la possibilità di una formazione culturale, ma la scuola non può prendersi sulle spalle i problemi, il più delle volte psicologici, per cui la presenza di un elemento di freno e disturbo non consente lo svolgimento regolare di una programmazione didattica. E qui entriamo in un circolo vizioso … Un docente tra genitori che antepongono le vacanze e la settimana bianca alla scuola e possibili azioni ispettive a suo carico inerenti “l’efficacia didattica della sua azione educativa” è una figura professionale frustrata e con la finalità di andarsene dalla scuola quanto prima. E la scuola italiana “raccontata” in qualche sfogo di qualche docente che non ce la fa più è un fallimento che non mi sentirei neppure di porre a paragone con il modello anglosassone verso cui ci dirigiamo, a suo dire.
    In Italia vale l’apparenza e non la sostanza: un pessimo neurologo che “toglie il problema a monte” con massiccio uso di Talofen, è più considerato di un ottimo artigiano, un pessimo medico incapace persino di tatto e rispetto per il paziente vale più di un operaio specializzato fresatore o tornitore, spesso la “rilevanza sociale” (specie nel terziario) è legata alla classe di stipendio. Un po’ come nella vecchia Caserma dove il “sottotenente” (che come “geometra” aveva approfittato di una “rafferma”) era sicuramente più intelligente del “sergente di complemento” con una laurea in Chimica Industriale … In sintesi il problema è un problema di una Italia dove tutti sono scontenti del posto che occupano, dove la morale è quella dell’io speriamo che me la cavo, dove, a dispetto della Costituzione, i lavori non hanno pari dignità per cui un paesotto calabro dà colpa ad un stato assente ma dove nessuno si adatterebbe ad un lavoro “umile”. Così una sera, ad una donna che mi chiedeva 5 euro per la cena dei suoi bambini, ho offerto di accompagnarla in macchina a Sestri Levante per farla assumere la sera stessa presso una casa di riposo per anziani … mi sono trovato a sottrarmi con un passo veloce (una fuga …) ai suoi improperi, … eppure non scherzavo affatto, vista la carenza di personale e la conoscenza diretta del proprietario … Riguardo il “tempio del sapere” di Salerno, lei sa bene, cara commentatrice, cosa penso di un Preside di Facoltà che ha soggiornato un po’ nelle nostre superaffollate carceri. Come avrà avuto modo di evincere, dai miei scritti, avrà compreso quanto sia convinto che sotto il 42° parallelo i casi di malasanità in cui eccellono Sicilia e Calabria fanno sorgere il dubbio maligno che tutto l’impianto di formazione del “Sapere”, a tutti i livelli, fa sorgere seri dubbi di credibilità. Mi dispiace per il disaccordo ma penso che a 14 anni, dopo una scuola media che funzioni, diploma o meno, apprendistato e lavoro produttivo siano tra i mali minori tra le possibili soluzioni di una Italia che è la migliore a beccarsi tutte le sacrosante critiche dell’Europa a cui ha voluto appartenere per finta.
    Cordiali saluti
    Salvatore Ganci

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